Quando la sussidiarietà  era reato

Il 2 febbraio del 1956 Danilo Dolci, un utopista sbarcato in Sicilia da Trieste radunò circa mille fra contadini, pescatori e allevatori su una strada sterrata che da Partinico va al mare, una delle tante regie trazzere borboniche che si trovano in Sicilia.
La strada era abbandonata, in pessime condizioni e loro volevano rimetterla in sesto, dimostrare che i cittadini potevano prendersi cura di un bene comune e così procurarsi anche un lavoro. Lo Sciopero alla Rovescia, appunto.

Ma andò a finire male, come racconta Attilio Bolzoni nell’articolo riprodotto in allegato, con imputazioni di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi, invasione di terreni e poi la condanna a 5 giorni di reclusione.

Cinquanta anni fa, ma in fondo ancora oggi, sembrava inconcepibile che dei comuni cittadini potessero sostituirsi ai poteri pubblici per prendersi cura dei beni comuni, tanto più se quei cittadini erano contadini, pescatori, disoccupati che, con uno “sciopero alla rovescia”, cercavano al tempo stesso dignità di cittadini e lavoro.