Il contesto
Il parere reso dalla sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato qui in commento, ha rappresentato una delle prime occasioni di riflessione sulla portata da assegnare al principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, comma 4, Costituzione, all’indomani della riforma costituzionale operata dalla legge 3 ottobre 21, n. 3. La disamina del parere in questione presenta ancora oggi più di un motivo di interesse, nonostante il decorso di cinque anni dalla data del suo rilascio, attese le rilevanti affermazioni di principio in esso contenute proprio sul versante dell’estensione da riconoscere al principio di sussidiarietà orizzontale e, conseguentemente, della nuova mappa dei confini tra sfera di azione pubblica e privata in merito allo svolgimento di attività oggettivamente qualificate da un’inerenza a pubblici interessi.
Occorre in primo luogo ricordare che il parere in questione è stato reso dall’organo consultivo del governo sullo schema di un decreto ministeriale recante ” Regolamento ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 28 dicembre 21, n. 448, in materia di disciplina delle fondazioni bancarie ” . In questa sede, tuttavia, ci si limiterà a formulare qualche considerazione sulla parte dedicata espressamente al rapporto tra sussidiarietà orizzontale e natura privatistica degli enti sorti a seguito del processo di privatizzazione degli istituti di credito pubblici, stante la complessità dell’atto consultivo valutato nel suo insieme il quale tocca gran parte dei profili concernenti il regime delle fondazioni di origine bancaria. Alla luce del lungo e difficile iter che ha caratterizzato la privatizzazione degli istituti di credito di diritto pubblico – iter che ha preso le mosse dalla legge n. 218 del 199 – è con relativa sorpresa che l’interprete è stato ” costretto ” a misurarsi con un’ulteriore (e repentina) novità legislativa inserita, quasi di soppiatto, nell’articolo 11 della legge 28 dicembre 21, n. 448, recante ” Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria). Il motivo della sorpresa si fonda sulle innumerevoli perplessità che avevano accompagnato l’adeguamento delle Fondazioni di origine bancaria alle indicazioni di una riforma intervenuta appena due anni prima e, pur tra mille perplessità , destinata – forse – nelle previsioni ad avere una vita più lunga, ma che comunque aveva da subito manifestato problemi di tenuta.
Lo stupore, pertanto, non è derivato tanto dalla circostanza che il legislatore abbia avvertito il bisogno di tornare a confrontarsi con la disciplina degli enti sorti a seguito della legge n. 218/199, quanto piuttosto dal fatto che, invece di spingere nella direzione dell’attrazione definitiva e concreta di tali enti verso il diritto privato (come peraltro nelle intenzioni della riforma Ciampi, che dichiaratamente doveva assolvere il ruolo di disciplina transitoria), lo stesso legislatore si sia mosso nella logica di un ritorno al passato regime pubblicistico degli originari enti conferenti (sia pure attraverso nuove forme di manifestazione) che l’opposizione di allora non ha esitato a qualificare come un vero e proprio ” colpo di mano ” dell’allora Ministro dell’economia Tremonti.
In questo quadro normativo di riferimento, il parere in esame traccia alcune coordinate di fondo di grande interesse a proposito di alcune disposizioni contenute nel regolamento ministeriale ritenute lesive dell’autonomia privata delle fondazioni di origine bancaria. Tra esse, si staglia proprio la sussidiarietà orizzontale cui la sezione consultiva dedica il punto II.3 del considerato in diritto, elevandola a parametro di valutazione delle riforme legislative tese ad incidere in chiave limitativa sull’autonomia di figure soggettive aventi natura privata.
Il contenuto del parere
I passaggi di maggiore rilievo concernenti la sostanza del principio di sussidiarietà orizzontale, possono essere schematicamente riassunti come segue. Dopo aver tratteggiato i vari profili caratterizzanti in senso privatistico l’evoluzione sostanziale e normativa delle fondazioni di origine bancaria, l’organo consultivo del Governo, ad ulteriore conforto della vocazione appunto privatistica degli enti sorti sulle ceneri degli istituti di credito di diritto pubblico, richiama espressamente il principio di sussidiarietà orizzontale. Riportata la lettera della disposizione costituzionale, la sezione consultiva accede all’interpretazione di quella dottrina che fa del principio in questione il ” (…) il criterio propulsivo in coerenza al quale deve da ora svilupparsi, nell’ambito della società civile, il rapporto tra pubblico e privato anche nella realizzazione delle finalità di carattere collettivo ” . Da qui, due prime riflessioni generali sulla portata della sussidiarietà orizzontale: in primo luogo l’impegno dello Stato e di ogni altra autorità pubblica a proteggere e realizzare lo sviluppo della società civile nel suo muoversi dal basso, secondo poi, le implicazioni di carattere economico che scaturiscono da tale impegno valorizzante, individuate dal Consiglio di Stato nel senso di ” alleggerire ” l’impiego di risorse pubbliche tese alla realizzazione di quei progetti di utilità pubblica che nascono all’interno della società civile. Ciò consente una rilettura del profilo costituzionale attinente al riconoscimento dell’autonomia privata (art. 41 Costituzione), nel senso della sua rilevanza ” (…) anche quando persegue utilità generali, cosìda far assumere una posizione prioritaria al privato rispetto al pubblico anche in settori sinora riservati alla competenza esclusiva degli apparati amministrativi ” , cui si aggiunge una proiezione dinamica dell’articolo 18 Costituzione sulla libertà di associazione che trascende i confini della mera liceità degli interessi perseguiti dalle realtà associative per assurgere a strumento di implementazione del raggiungimento dell’interesse collettivo.
Poste queste premesse, il Consiglio di Stato ricorda come l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale non sia in rapporto di necessaria conflittualità con la previsione legislativa di limiti e regole all’esercizio dell’attività sussidiaria promanante da esponenti – singoli e/o associati – della società civile. In questa prospettiva, la previsione di regole nel quadro di quella particolare branca di confine dell’esperienza giuridica che è stata definita con l’etichetta ” diritto privato speciale ” , non è incompatibile con il riconoscimento e l’attuazione della sussidiarietà orizzontale; il problema, semmai è un altro, vale a dire la determinazione del limite entro il quale il legislatore deve muoversi per non intaccare il nucleo più significativo dell’autonomia privata, quello che contribuisce a connotare l’azione civica come sussidiaria. L’attenzione particolare dedicata dal Consiglio di Stato a tale ultimo profilo nasce dalla specificità della normativa secondaria sottoposta al suo vaglio, siccome attuativa dell’articolo 11, comma 14, della legge 28 dicembre 21, n. 448, che stabiliva una serie di correttivi evidentemente pubblicistici al regime ed all’attività di soggetti – le fondazioni di origine bancarie, appunto – formalmente aventi natura privatistica. Ebbene, al riguardo, la parte del parere dedicata alla sussidiarietà orizzontale, significativamente si chiude affermando come ” (…) la specialità del regime delle fondazioni può essere salvaguardata considerando direttamente la nuova valenza e le nuove potenzialità della loro autonomia privata, piuttosto che ricorrendo alla introduzione, non sempre necessaria, di strumenti pubblicistici in un settore regolato dal diritto privato ” .
Aspetti critici del parere
Il parere del Consiglio di Stato in commento, dunque, presenta diversi profili di interesse nell’ottica dell’esatta perimetrazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Non tutti, ad ogni modo, condivisibili, anche alla luce degli ulteriori sviluppi, dottrinali e giurisprudenziali, che hanno arricchito il panorama delle riflessioni ruotanti intorno all’articolo 118, comma 4, della Costituzione. Se, infatti, non si può che condividere la forte affermazione di principio contenuta nel parere secondo cui il nuovo modo di atteggiarsi del rapporto pubblico-privato passa per una attenta considerazione delle risorse della società civile in punto di salvaguardia e perseguimento dell’interesse generale, meno condivisibile appare l’altra affermazione per cui ove il privato genericamente inteso si attivi in tal senso, la sfera pubblica sia comunque legittimata a destinare meno risorse al raggiungimento del medesimo interesse. Va detto, a tale proposito, che quest’ultima conclusione è strettamente collegata alla specificità della vicenda delle fondazioni di origine bancaria, ” proprietarie ” di un patrimonio di notevole entità e legislativamente indirizzate a svolgere la loro attività in settori, come quello dell’assistenza e della ricerca, tradizionalmente di spettanza di figure soggettive pubbliche. Tuttavia, l’intervento del privato in tali settori, come in tutti quelli nei quali ha modo di esplicarsi la sussidiarietà orizzontale, non esclude l’intervento della parte pubblica, anzi, in un certo senso lo contempla come sempre possibile ed auspicabile, trattandosi, in definitiva, di un intervento sussidiario, appunto, e non sostitutivo.
Inoltre, ancora più a monte, viene da chiedersi se quello delle fondazioni di origine bancaria possa realmente considerarsi come fattispecie paradigmatica di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale. In altri termini, dal momento che l’articolo 118, comma 4, Costituzione, individua l’in sé della sussidiarietà declinata in senso orizzontale nell’attività dello Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni tesa a favorire ” (…) l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale (…) ” , qualche dubbio sorge a proposito della pertinenza applicativa del suddetto principio a soggetti come gli ex enti conferenti. Questi ultimi, invero, lungi dal costituire espressione di un’iniziativa autonoma e spontanea di privati a beneficio dell’interesse generale, hanno rappresentato (almeno fintanto che hanno detenuto i pacchetti azionari di maggioranza delle banche da cui erano sorti) il sottoprodotto della riforma del sistema bancario avviata agli inizi degli anni novanta con la legge n. 218/9 . L’autonoma iniziativa dei cittadini appare fuori causa, atteso che gli enti in questione sono stati creati dal nulla dallo stesso legislatore al fine di realizzare l’obiettivo principale di scorporare l’azienda bancaria attraverso la creazione di un nuovo soggetto (i cosiddetti enti conferenti) che, pur non esercitando direttamente attività di natura bancaria, detenevano i pacchetti di maggioranza delle banche conferitarie, divenendo, per ciò solo, azionisti delle stesse e continuando, di fatto, a svolgere un ruolo di tutto rilievo nel panorama degli esercenti l’attività creditizia accanto a quello originario delle casse di risparmio, consistente nello svolgimento di attività di beneficenza e di utilità sociale. Proprio questa ambivalenza dell’attività delle fondazioni bancarie, imprenditoriale e socialmente orientata allo stesso tempo, ha forse indotto i giudici di palazzo Spada a valutare la loro vicenda alla stregua del parametro costituzionale di cui all’articolo 118, comma 4. Resta tuttavia qualche perplessità circa la pertinenza del collegamento, proprio in considerazione della debolezza – per non dire inesistenza -di uno dei presupposti portanti della sussidiarietà orizzontale: l’autonoma iniziativa della parte privata orientata allo svolgimento di attività di interesse generale.