Il terremoto in Abruzzo sta purtroppo dimostrando con la forza dei fatti, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che il nostro sistema amministrativo non può più fondarsi unicamente sul modello bipolare tradizionale, per il semplice motivo che tale modello non è più in grado di dare risposte adeguate ai problemi di società come le nostre.
Oggi non è più possibile ritenere, come nell’Ottocento, che l’amministrazione pubblica sia l’unico soggetto legittimato a perseguire l’interesse pubblico e che quindi il solo ruolo che i cittadini possono ricoprire sia quello passivo di amministrati.
Questo è il motivo per cui in tutti i settori della vita associata assistiamo ormai da anni allo sviluppo di un altro modello di amministrazione, fondato sul riconoscimento da un lato dei limiti dei poteri pubblici tradizionali, dall’altro del potenziale enorme rappresentato dalle capacità dei cittadini. E’ il modello dell’amministrazione condivisa fondato sul principio di sussidiarietà , grazie al quale preziose risorse ” civiche ” possono essere introdotte nel sistema per risolvere problemi di interesse generale.
Le norme
Il modello dell’amministrazione condivisa è ormai doppiamente legittimato, dalle norme e dai fatti.
Dalle norme, perché l’art. 118, ultimo comma della Costituzione, impegnando le istituzioni a tutti i livelli territoriali (Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni) a favorire ” l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale ” ha reso immediatamente applicabile il principio di sussidiarietà , modificando radicalmente il rapporto tra cittadini e amministrazioni.
Ne deriva l’esistenza di un vero e proprio dovere costituzionale di realizzazione della sussidiarietà in capo a tutti gli enti di governo territoriale. Ciò riguarda in particolare gli enti locali, che dovrebbero impostare le proprie funzioni ed organizzazione tenendo conto che i propri amministrati non sono più soltanto tali, ma sono anche portatori di risorse potenzialmente preziose per rispondere alle esigenze della comunità .
Il principio di sussidiarietà costringe pertanto le amministrazioni a dover riconoscere ai privati, oltre alla tradizionale autonomia di azione per la cura dei loro interessi individuali, anche un’altra forma di autonomia che, avendo come obiettivo la soluzione di problemi di interesse generale, dà vita a nuove modalità di partecipazione alla vita pubblica fondate sul dovere di solidarietà (art. 2 Cost.), sul dovere di svolgere da parte di ogni cittadino ” un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società ” (art. 4, c. 2 Cost.), nonché sulla disposizione di cui all’art. 23 della legge n. 2/29 intitolata Detassazione dei microprogetti di arredo urbano o di interesse locale operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà .
I fatti
Ma sono soprattutto i fatti che legittimano quotidianamente l’amministrazione condivisa come il modello sotto molteplici profili più adatto alla nostra società attuale. Lo dimostra quanto sta accadendo nelle zone dell’Abruzzo colpite dal terremoto, dove questo modello sta dispiegando le proprie potenzialità senza però che ne siano generalmente percepite le caratteristiche qualitative che lo rendono cosìdiverso dall’amministrazione tradizionale.
Tutti, a cominciare dalle più alte autorità dello Stato, hanno giustamente lodato l’efficienza della Protezione civile, un’amministrazione pubblica forse ” anomala ” per certe sue caratteristiche, ma pur sempre un soggetto pubblico. Ebbene, uno dei motivi per cui la Protezione civile è diversa dalle altre amministrazioni, ma anche per cui è cosìefficiente, sta nel fatto che il suo modello funzionale ed organizzativo è esattamente quello dell’amministrazione condivisa.
La Protezione civile come tutte le amministrazioni ha funzioni, strutture, risorse umane e finanziarie proprie. Ma non potrebbe svolgere tutti i compiti che la legge le affida con l’efficienza che le viene riconosciuta se non potesse contare, in maniera strutturale e costante nel tempo, sulla collaborazione di migliaia di cittadini che volontariamente mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze per aiutare altri cittadini colpiti da calamità naturali o di altro genere.
Questi cittadini in genere fanno parte di associazioni di volontariato che hanno con il Dipartimento della protezione civile un rapporto strutturato di collaborazione, per cui tali associazioni possono considerarsi in senso lato come se fossero virtualmente ” parte ” dell’organizzazione del Dipartimento. Al punto che (senza con questo togliere nulla alla bravura ed all’abnegazione dei Vigili del fuoco), se non potesse fare affidamento sulle competenze e la professionalità dei volontari la Protezione civile si troverebbe in serie difficoltà .
Ma, oltre a questi, in Abruzzo in questo momento vi sono anche cittadini iscritti ad associazioni che non hanno un rapporto strutturale di collaborazione con la Protezione civile e che si sono attivate per dare una mano in questa particolare emergenza, cosìcome vi sono cittadini singoli che si sono messi a disposizione per solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti dal terremoto.
Un esempio perfetto
Quello che sta funzionando in Abruzzo in questo momento è dunque un ottimo esempio di amministrazione condivisa. Vi sono uno o più soggetti pubblici (la Protezione civile e gli enti locali) con i quali collaborano cittadini attivi organizzati in associazioni di varia natura. Le risorse pubbliche e quelle private, insieme, sono la risposta ai mille problemi posti dal terremoto. Separate, quelle stesse risorse non avrebbero affatto lo stesso impatto.
In questo caso l’emergenza è tale per cui chiunque si rende evidentemente conto che lo Stato da solo non potrebbe farcela, che non è questione di maggiore o minore efficienza degli apparati pubblici, bensìdi dimensioni e complessità dei problemi provocati dal terremoto. E dunque appare più facilmente comprensibile l’applicazione, sia pure inconsapevole, del modello dell’amministrazione condivisa.
Ma la verità è che in tutti i settori della nostra società vi sono problemi la cui complessità richiederebbe per essere affrontata con successo questo tipo di alleanza fra amministrazioni e cittadini. Solo che, in parte per sottovalutazione delle capacità di cui sono portatori i cittadini, in parte perché il modello tradizionale di amministrazione garantisce a politici e funzionari un ruolo preminente, si preferisce non coinvolgere i cittadini nella soluzione dei problemi che li riguardano. L’amministrazione, in altri termini, continua a considerare i cittadini come meri amministrati e non come potenziali alleati, privandosi cosìpiù o meno consapevolmente di risorse di tempo, energie, competenze, idee, esperienze, etc. potenzialmente preziose per risolvere i problemi della comunità .
Al cittadino non far sapere….
Esempi di questa miopia se ne potrebbero fare molti. Ma basta pensare a quello che è successo sempre in Abruzzo nelle settimane precedenti la scossa finale del 6 aprile, per rendersi conto delle conseguenze negative che questo atteggiamento di chiusura delle amministrazioni locali abruzzesi ha avuto per gli abitanti di quella regione.
Per settimane, stando alle cronache, si sono succedute in Abruzzo le scosse sismiche. Di fronte alle richieste di informazioni e di aiuto da parte dei cittadini le istituzioni si sono limitate a fornire generiche rassicurazioni, poi come s’è visto rivelatesi purtroppo del tutto inattendibili. Ma a quanto pare nessuno, fra coloro che avevano responsabilità istituzionali ai vari livelli, ha pensato invece di coinvolgere i cittadini nella prevenzione, favorendo quelle che la Costituzione chiama le ” autonome iniziative ” dei cittadini nell’interesse generale.
Naturalmente non si potrà mai sapere con certezza se e quante vite e sofferenze si sarebbero potute risparmiare. Ma l’esperienza di altri paesi meglio organizzati nella difesa dai terremoti dimostra che la partecipazione attiva e consapevole dei cittadini nell’attività di prevenzione è uno dei fattori fondamentali per la riduzione del rischio. Se le amministrazioni locali abruzzesi avessero applicato il modello dell’amministrazione condivisa nella fase precedente il terremoto, considerando i cittadini non come amministrati da tenere tranquilli, bensìcome protagonisti consapevoli della propria stessa difesa dal terremoto, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Sarebbe bastata, per esempio, una campagna di comunicazione pubblica per spiegare come attrezzarsi e come comportarsi in caso di scosse. Stando alle testimonianze dei sopravvissuti, sembra che anche cose molto semplici avrebbero potuto fare la differenza, per esempio tenere il cellulare, una torcia e una bottiglia d’acqua a portata di mano, non chiudere a chiave la porta di casa per poter fuggire più rapidamente, parcheggiare le auto in spazi aperti lontano dalle case per evitare che fossero danneggiate dai crolli e poterle poi usare come rifugio, e altri accorgimenti semplici che chiunque avrebbe potuto mettere in atto… purché qualcuno si fosse data la pena di dirglielo.