La sussidiarietà  costituisce un principio che esprime un vero e proprio valore che mira a plasmare la società  e per il suo inveramento richiede che le regole che ne sono alla base siano garantite attraverso la legislazione e l ' amministrazione

Se, infatti, con l’introduzione del principio in esame nella Costituzione italiana nel 21, i primi commenti e le prime forme di analisi della tematica si incentravano su singoli settori in cui la sussidiarietà aveva già trovato applicazione a livello comunitario, come la tutela dell’ambiente, o in cui la sussidiarietà apriva interessanti scenari da esaminare, come l’ambito dei servizi socio-assistenziali, la più recente dottrina rinviene nella sussidiarietà un principio che esprime un vero e proprio valore che mira a plasmare la società, e per il suo inveramento richiede che le regole che ne sono alla base siano garantite attraverso la legislazione e l’amministrazione, al fine di evitare una lettura “neo-liberista” del principio stesso che riduca la sussidiarietà a regola di sistema mirante a garantire l’efficienza dell’ordinamento e a consentire la recessione dello Stato da ambiti di intervento che vengono “lasciati” ai privati.


Tale lettura, oltre ad essere scorretta rispetto alla ratio della norma costituzionale e alla origine del principio di sussidiarietà, è altresì rischiosa in un contesto di crisi dei partiti politici e della democrazia rappresentativa.

Il principio di sussidiarietà, portando ad un superamento del monopolio dell’amministrazione sulla tutela dell’interesse pubblico, costituisce per Valentina Lepore (Le nuove frontiere della cittadinanza: il ruolo delle città e delle Amministrazioni locali, Paper 1/29, Cittalia) il fondamento della cittadinanza amministrativa come cittadinanza locale attiva. Attraverso l’attuazione del principio in esame, i cittadini riempiono di nuovi significati il concetto di sovranità popolare e di partecipazione alla vita pubblica.


La sussidiarietà esprime la necessità di “un’alleanza” tra società civile e istituzioni pubbliche, le quali, prese singolarmente, risultano connotate da una intrinseca “incompletezza”. Per colmare tali vuoti, per Filippo Pizzolato (Sussidiarietà e riqualificazione dello spazio pubblico, in Labsus Papers, 29, paper 13) è necessaria la previsione di spazi di organizzazione sociale e la promozione di una partecipazione civica, attraverso cui il principio di sussidiarietà costituisca elemento di raccordo tra sovranità popolare e separazione dei poteri: “Il popolo sovrano è infatti realtà irriducibilmente plurale e la riscoperta del principio di sussidiarietà consente di preservarne ambiti di autonomia e di azione collettiva. Con la sussidiarietà il corpo sociale fissa un limite alla tentazione onnivora e totalizzante delle istituzioni politiche, ancorché democraticamente legittimate”.

La creazione di uno spazio “condiviso” all’interno della sfera pubblica è possibile per Giuseppe Cotturri (Cittadinanza attiva e sussidiarietà circolare, Relazione al convegno “I Parlamenti regionali come luoghi della democrazia. Le esperienze di e-democracy” promosso dal Consiglio Regionale dell’Umbria, con il patrocinio del Formez, a Perugia il 27-28 novembre 28) solo concependo il principio di sussidiarietà come “circolare”; il cui valore aggiunto risiede nella "possibilità di dar corso a una inedita collaborazione per realizzare quanto nè lo Stato da solo, nè i cittadini da soli possono fare".

Sempre il paradigma dell’amministrazione condivisa è alla base della relazione di Paola Piva e Gregorio Arena (Sussidiarietà e Musei: i cittadini come risorsa, V Conferenza Nazionale dei Musei d’Italia, in Labsus Papers (29), Paper 12), i quali, dopo aver analizzato il dettato costituzionale, esaminano l’applicazione del principio di sussidiarietà ad un settore specifico quale è quello museale.

Al fine, però, di adeguare effettivamente l’ordinamento ai processi evolutivi della vita politica e sociale, e consentire la concreta partecipazione dei cittadini attivi, Domenico Siclari (Contributo alla studio della sussunzione legislativa di regole formate dai privati, in http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/121_siclari.pdf) si interroga sui nuovi moduli di partecipazione che devono essere creati e sulla necessità di procedimentalizzare le nuove regole che si formano dal collegamento tra privati e istituzioni pubbliche grazie all’operare della sussidiarietà orizzontale.


L’Autore esprime “l’auspicio di una piena valorizzazione in futuro, nell’ambito delle fonti di produzione del diritto, dello schema della sussunzione legislativa di regole formate dai privati. In particolare, lo schema di sussunzione legislativa di regole formate dai privati, la cui valorizzazione appare un’opportuna esplicazione attualizzata dei principi recati agli artt. 1, 2, 3, comma 2, e 118, comma 4, della Carta costituzionale, si innesta nel previsto modello costituzionale generale di democrazia rappresentativa, costituendone una virtuosa specificazione, coerentemente con l’atteggiarsi degli ordinamenti costituzionali contemporanei caratterizzati da processi di positivizzazione del diritto basati su un rapporto aperto, continuo e circolare tra ordinamento giuridico e complessiva struttura sociale”.

In un diverso contesto si muove, invece, la riflessione di Alessandra Valastro (Stato costituzionale, democrazia pluralista e partecipazione: quali diritti?, in corso di pubblicazione in “Scritti in onore di Enzo Cheli”), la quale evidenzia come sia pacificamente accolta in dottrina la distinzione netta tra partecipazione e rappresentanza, intese come categorie fondanti un irriducibile binomio, in perpetua e irrimediabile posizione di alterità. Tale concezione determina l’esclusione di tutta una serie di prassi, sperimentazioni, dinamiche concertative ulteriori che ineriscono al “potere di fatto dei soggetti privati organizzati” e che sono ricondotte alla formula della cd. “democrazia partecipativa”.

L’Autrice sottolinea, allora, la necessità di recuperare la funzione normativa della democrazia partecipativa, attraverso l’elaborazione di una “teoria generale della partecipazione, con prioritario riferimento alla qualificazione delle posizioni giuridiche soggettive e delle relative garanzie di effettività”.

Sempre le esperienze di tipo partecipativo/deliberativo sono alla base dell’analisi svolta da Claudia Dall’Agata (Innovazione organizzativa e istituzionale della pubblica amministrazione. Un approccio interpretativo e l’analisi di un dispositivo partecipativo nel settore della cultura, in Labsus Papers 29, Paper 11), la quale ha analizzato il processo partecipativo adottato dal Comune di Forlì che ha condotto all’istituzione del Tavolo della Cultura; interrogandosi su quanto tali processi partecipativi possano essere un modo per generare e moltiplicare discussione, relazioni pubbliche e senso civico.

Francesco Bilancia (O princípio de subsidiariedade na Itália e na Europa e a questão da democracia participativa, in J.P. Schmidt (org.), Instituições Comunitárias: instituições públicas não-estatais, EDUNISC, Santa Cruz do Sul, 29; 176 ss) si è, invece, posto in una prospettiva maggiormente critica nei confronti dei modelli di partecipazione di democrazia deliberativa, paventando il rischio che la partecipazione non riesca mai ad “essere uguale per tutti”, poiché non tutti gli interessati coinvolti dalle decisioni hanno la stessa forza, le stesse capacità, le stesse informazioni.

Dalla lettura dei contributi indicati emerge la consapevolezza dalla forte valenza innovatrice propria del principio di sussidiarietà, il quale costituisce una garanzia per il singolo individuo e consente la creazione di una più compiuta forma di democrazia, quale è la democrazia di prossimità.