Il testo edito da Sinnos (una cooperativa sociale onlus nata proprio nel carcere di Rebibbia) è il risultato finale di un percorso ri-educativo sviluppato all’interno del carcere romano e promosso dall’associazione di volontariato “A Roma insieme“, impegnata da circa vent’anni nel sostegno di progetti sociali.
Il punto di riferimento dei programmi di reinserimento per detenuti rimane la Costituzione, più precisamente gli articoli 27 e 13 comma 4, che purtroppo continuano a rimanere inattuati, anche a causa di politiche sulla sicurezza sempre più invadenti.
Il laboratorio di lettura e scrittura, attivo dal 24, nel 28 si è sviluppato intorno al tema “Percorsi al bivio. Un attimo…e ti cambia la vita” perché secondo Luciana Scarcia “offriva spunti di riflessione su quell’intreccio di scelta e casualità , di condizionamento e cambiamento che caratterizza l’esistenza di tutti, e consentiva di ripensare alla propria vita”.
L’iniziativa prevede inoltre delle attività integrative come la visione di film, la lettura di testi letterari ed alcuni incontri di approfondimento con esperti, aperti anche ad altri detenuti.
I racconti sono suddivisi in quattro sezioni: questione di attimi, battute d’arresto, svolte, racconti allo specchio; l’ultima parte del libro è dedicata al lavoro su e attraverso il testo: il corso di sceneggiatura di F. Bettelli, le considerazioni dello psicologo G. Gambino , il resoconto dell’esperienza e la descrizione del metodo utilizzato da parte della curatrice Luciana Scarcia.
Il percorso formativo ha seguito i binari della narrazione; le stesure dei testi, le discussioni di gruppo, le analisi delle trame, dei personaggi, dei nessi, delle implicazioni autobiografiche, delle modalità di scrittura e delle strategie narrative (a volte esaminare il modo con cui viene raccontata una storia rivela più della storia stessa), per giungere ad un obiettivo comune: la riappropriazione della dignità .
“C’è un intento morale profondo nel lavoro che i ragazzi svolgono e hanno svolto, assieme a L. Scarcia nel laboratorio di scrittura. Riguarda la possibilità di usare il racconto, spesso in chiave autobiografica, per ripercorrere le proprie esperienze di vita. E’ un iter che può essere faticoso, a volte liberatorio, oppure il cui esito è semplicemente incerto: i ragazzi vi si incamminano senza aver idea di dove li possa portare. Ma già l’esercizio in sé, il fatto cioè di oggettivare se stessi, è un primo passo per prendere le distanze, guardarsi da fuori e riconsiderare: fatti, punti di vista, convinzioni”.
Risulta interessante anche il processo con il quale due racconti sono stati trasformati in sceneggiature, attraverso la guida e i consigli di un professionista.
Il laboratorio di lettura e scrittura di Rebibbia è solo una delle alternative per realizzare la riabilitazione e di conseguenza il reinserimento dei detenuti, previsto dal nostro ordinamento.
Nel tentativo, iniziato recentemente, di approfondire il tema dell’assistenza nelle carceri, questa volta abbiamo voluto segnalarvi un libro diverso dal solito; non un saggio, sebbene non manchino nel testo analisi e riflessioni sul percorso svolto, ma una piacevole opera di narrativa con tratti dal sapore noir.
Al di là del giudizio sul valore letterario, “Attimi che cambiano la vita” dimostra quali effetti pratici la cultura produca sulla reclusione e sulla “devianza” e contribuisce a sviluppare un’idea del carcere e della detenzione diversa dalla concezione collettiva, stereotipata e dannosa, di spazio dove rinchiudere uomini, donne e problemi.
Senza anticipare nulla sulla trama dei racconti, vi auguriamo buona lettura.
LUCIANA SCARCIA (a cura di), Raccontare in carcere. Attimi che cambiano la vita, Sinnos editrice, Roma, 28.