L’Autore affronta le origini e studia i confini di questo bisogno di autotutela, che attraverso il fenomeno delle ronde si è imposto in Italia.
Nobili spiega bene come quello delle ronde non sia l’unico approccio possibile al coinvolgimento della comunità nel controllo della criminalità . Vi sono, infatti, due distinti paradigmi che gli Stati occidentali hanno abbracciato, che l’Autore definisce “situazionale” e “sociale”.
Attraverso il rinvio alla letteratura internazionale, si comprende come la nozione di “ronda” non sia nuova nel panorama occidentale, ma rientra in un più ampio contesto di “sorveglianza passiva” del territorio. L’analisi delle disposizioni normative sul tema, dettate dalla legge n. 94 del 29, porta l’Autore evidenzia come non sia legittimato il vigilantismo da parte dei partecipanti alle ronde, i quali sono abilitati ad effettuare una mera segnalazione.
Attraverso una rapida panoramica delle esperienze realizzatesi in campo internazionale, si nota che, a partire dagli anno 9, i fenomeni di sorveglianza passiva si sono legati al mondo del volontariato.
L’Autore approfondisce il modello di Neighborhood Watch che si è sviluppato nel mondo anglosassone e ne sottolinea i punti di forza, ma anche le criticità .
Il modello dei Neighbourhood Wardens è, invece, costituitio da associazioni di volontariato che operano sull’intera città , e non su singoli quartieri, e lo scopo principale è la riqualificazione degli spazi pubblici, attraverso la promozione dell’inclusione sociale e della tutela dell’ambiente.
Anche in questo caso Nobili sottolinea gli effetti virtuosi e i limiti di tale strategia.
Alla luce dell’analisi svolta, il nostrano fenomeno delle ronde viene ricondotto al modello degli “osservatori volontari”, ma non per questo può essere esente da critiche.
L’Autore osserva, infatti, come i compiti e le loro modalità di svolgimento, previste dal Decreto ministeriale del 29, sono totalmente inadeguati rispetto ai fini perseguiti. Ben più completa è la legge regionale dell’Emilia Romagna che prevede l’ausilio delle associazioni di volontariato per “promuovere l’educazione alla convivenza e il rispetto della legalità , la mediazione dei conflitti e il dialogo tra le persone, l’integrazione e l’inclusione sociale”.
In base alla disciplina regionale citata, alle azioni di prevenzione vera e propria si affiancano attività di informazione dei cittadini, di educazione e di sicurezza stradale.
NOBILI G.G., Ronde cittadine: una nuova strategia di sicurezza urbana?, in Autonomie locali e servizi sociali, 3/29, 487-497.