Eppure tra sussidiarietà correttamente intesa e web 2. intercorrono numerosi punti di contatto. Entrambi presentano la stessa morfologia: vivono se esiste una rete di soggetti che non si limita a mettere in connessione nodi passivi, ma fornisce agli stessi gli strumenti per dare vita a una interazione costante, produttiva e attiva. Insomma deve trattarsi di nodi attivi e non passivi. Entrambi fanno leva sull’intelligenza collettiva, cioè su quel patrimonio di conoscenze, saperi, competenze, abilità che sono diffusi nella società come nel web e che sono disponibili ad aggregarsi senza un tornaconto strettamente individuale. Questo è tanto evidente per il web 2. (si pensi a strumenti come blog, forum, chat e sistemi come Wikipedia, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, Gmail, WordPress, TripAdvisor ecc.), quanto per la sussidiarietà . Non ci stancheremo mai di ripeterlo. La sussidiarietà di cui parliamo si basa sulla libertà solidale e responsabile di cittadini attivi che decidono di mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per prendersi cura dell’interesse generale. Decidono di condividere con i poteri pubblici la responsabilità di governare, cioè di dare risposte ai problemi della collettività con piccoli gesti quotidiani, cosìcome con vere e proprie azioni sistematiche di cura civica dei beni comuni.
La cooperazione come archetipo della sussidiarietà
Ma il tratto fondamentale che sussidiarietà e web 2. condividono consiste nel fatto che nel loro DNA è incorporata la cooperazione fra i vari nodi della rete. Tanto l’una, quanto l’altra vivono se la rete coopera, condivide, mette in comune, collabora, dialoga, si confronta, agisce insieme. Si stabilisce attraverso un confronto costruttivo e moderato un obiettivo comune, si mettono in condivisione le risorse necessarie e si ripartiscono le responsabilità in vista dell’azione comune. E specularmente il successo, come il fallimento nella risoluzione dei problemi della copmunità viene condiviso.
La cooperazione dal basso è sempre più necessaria per risolvere problemi e governare processi che le amministrazioni pubbliche non riescono più ad affrontare e risolvere, spesso per inerzia colpevole, a volte per incapacità manifesta o mancanza di risorse, ma sempre più spesso perchè si tratta di problemi cosìcomplessi, ramificati e in rapida evoluzione da non consentire più alla pubblica amministrazione tradizionale di avere le capacità , le risorse, le conoscenza, la velocità per rappresentare una risposta adeguata alle esigenze di una società in continuo cambiamento. E’ la sindrome della Regina Rossa, bisogna correre molto in fretta per restare fermi nello stesso posto e bisogna correre velocissimo per muoversi appena.
Ora, le ragioni di questa défaillance non devono importare. Bisogna invece cogliere questa sfida e questa opportunità . Lo devono fare i cittadini, e sono molti, che sono stufi di vedere le proprie città e il proprio Paese languire e che pensano di avere idee, fantasia e voglia di impegnarsi direttamente per i beni comuni e non si accontentano di delegare a un proprio rappresentante per 4-5 anni il compito di fare da intermediari con la pubblica amministrazione. Lo devono fare quei politici e quegli amministratori che vogliono veramente operare con un spirito di servizio al cittadino ed elaborare soluzioni innovative per dare risposte ai problemi della comunità e stare al passo con la velocità di una società 2..
Ecco questo comporta sicuramente da parte della politica e della pubblica amministrazione l’urgenza di ripensare il proprio ruolo. Politica e pubblica amministrazione dovrebbero aggiornare la propria missione e da monopolisti del potere di cura degli interessi della collettività , dovrebbero trasformarsi nei gestori di una “PA-piattaforma” capace di sorreggere la soluzione civica, condivisa, collaborativa dei problemi di interesse generale. Non di tutti, certo, della maggior parte però si. Ma, si sa, il monopolio pubblico della cura dell’interesse pubblico è una tara atavica dura che le pubbliche amministrazione faranno fatica a scrollarsi di dosso. Bisogna cominciare a provarci, se necessario anche da soli, anche dal basso. Il web 2. può essere la strada che cittadini e amministratori locali possono sperimentare per svegliare anche chi oggi ricopre responsabilità pubbliche più elevate.
Il web 2. è strumento di cooperazione
Il web 2. facilita e semplifica l’emersione e l’organizzazione di questa voglia di cura condivisa dei beni comuni. Può consentire a cittadini e amministratori pubblici innovativi di canalizzare queste energie civiche, indirizzarle verso gli obiettivi giusti, attrezzarle con le risorse necessarie perché possano condurre a buon fine episodi di cura civica dei beni comuni. Esistono diversi strumenti che sembrano idonei a sostenere le aspirazioni di chi vuole essere cittadino attivo. Strumenti che consentono di associarsi sia pure in maniera temporanea o fare squadra con altri cittadini attivi per offrire il proprio contributo alla collettività . Strumenti che permettono a questi cittadini di restituire parte del proprio tempo e delle proprie risorse, soprattutto immateriali, alla comunità cui si appartiene, consapevoli che il successo individuale non può mai essere scisso del tutto dal contesto in cui si vive, si cresce e si opera. Il contesto, cioè i beni comuni di cui disponiamo e la comunità che ci accoglie, ci ospita, ci cura sono, infatti, la terra e le persone che ci consentono di condurre un’esistenza civile, sana, prospera e piena di quei privilegi che molte comunità nei Paesi in via di sviluppo agognano. E’ una ricchezza che diamo per scontata, e di cui non ci accorgiamo più e di cui non ci curiamo più. Ma se non invertiamo la rotta, presto dilapideremo questo patrimonio di beni comuni.
E allora internet 2. può aiutare e di molto i cittadini che vogliono spendersi per restituire alle proprie comunità . Si va dai siti che consentono la condivisione di buone prassi (Participedia; Civic commons), conoscenze (Code for america; Procivibus) oppure tempo ed energie per il pubblico interesse (The Good Gym), a piattaforme utili per segnalare problematiche per la collettività locale (ePart; Fixmystreet; Decoro urbano; Police.uk), a strumenti per la georeferenziazione di attività o informazioni di interesse generale (Ushahidi; Seedspeak; Fontanelle; C-Tag; Crowdmap; Openstreetmap; Openforesteitaliane; Incontri per il cambiamento), a siti per il fundraising che possono servire a dotarsi degli strumenti per prendersi cura dei beni comuni (Eppela; Kiva, Justgiving; Kickstarter; Schoolraising; Zopa), fino a vere e proprie comunità on line pensate per mettere in contatto chi vuole cambiare le cose (Shinynote; Jumo; Developmentcrossing). Esistono anche siti che favoriscono la sussidiarietà quotidiana (Zipcar; Velib; Snapgoods; Sharesomesugar; Neighborgoods; Tourboarding).
Una piattaforma per la sussidiarietà 2.
Sono ancora rare vere e proprie piattaforme di azione civica. Almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze. Si intendono per tali degli strumenti web 2. che siano stati pensati e ingegnerizzati con il precipuo scopo di mettere i cittadini in condizione di collaborare in vista della cura di un ben determinato problema collettivo o di un particolare bene comune, locale o nazionale, sotto l’egida di una pubblica amministrazione che abbia voglia di “favorire”, come richiede l’art. 118, ultimo comma, Costituzione, attraverso uno strumento web 2. accompagnato dai connessi strumenti di supporto nella realtà materiale, l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale.
Molto probabilmente si avvicinano a questa tipologia di strumento Critical City, un gioco di ruolo pensato per indurre i giovani a uscire di casa, esplorare il territorio della propria città , elaborare e realizzare micro-progetti di cura degli spazi urbani, conoscere e individuare altri cittadini disposti a lavorare sullo stesso progetto e cosìmigliorare anche la coesione sociale della comunità di riferimento. Ma in questo caso manca il coordinamento con i poteri pubblici.
Change by us NYC, invece, è lo strumento elaborato dal comune di New York per consentire ai cittadini di condividere le proprie idee su come migliorare la città e intende metterli in condizione di trasformare i propri progetti in azioni concrete con la collaborazione di altri cittadini. E anche Seedspeak sembra rispondere alla medesima filosofia.
In Italia, un esperimento con caratteristiche vicine al nostro ideale non è stato ancora messo in piedi. Si tratta di immaginare uno strumento istituzionale per consentire meetup civici. E allora Labsus ha voluto provare a dare il proprio contributo mettendo a disposizione di un gruppo di 3 validissimi giovani della summer school di Rena la propria esperienza e i propri suggerimenti per concepire una piattaforma web, che si chiamerà Piazzarena, e che ha l’aspirazione di offrire una risposta completa e univoca alle esigenze e alle sfide che pone la wiki-sussidiarietà . Se dovessimo giudicare sulla base dell’impegno che i giovani summernauti (come amano definirsi) hanno dedicato alla progettazione di questa piattaforma nella settimana di lavoro a Matera e, sopratutto, dell’entusiasmo con cui hanno continuato a dedicarsi a questo obiettivo anche dopo la chiusura della settimana di formazione, siamo sicuri che verrà fuori un ottimo strumento wiki-sussidiario. Presto il sito sarà disponibile online e potremo valutare. Ma la domanda ora è se le istituzioni sapranno cogliere le opportunità che la wiki-sussidiarietà offre.