La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America si apre con un inno a diritti inalienabili quali la vita, la libertà e il perseguimento della felicità . E la ragion d’essere dei governi istituiti tra gli uomini che dal consenso dei governati traggono la propria legittimazione deve essere proprio quella di assicurare questi diritti. Ora, secondo i Padri fondatori americani, “Quando un qualsiasi sistema di governo diventa distruttivo di questi fini, è diritto del popolo di alterarlo o di abolirlo e di istituire un nuovo governo […] organizzandone i poteri in una forma tale che gli sembri la più adeguata per garantire la propria sicurezza e la propria felicità . […] Ma quando una lunga serie di abusi e usurpazioni, che perseguono invariabilmente il medesimo obiettivo, manifesta il disegno di ridurli sotto un assoluto dispotismo, è loro diritto, è loro dovere rovesciare un simile Governo e fornire nuove garanzie per la loro futura sicurezza.”
In parole semplici, se qualcosa non funziona, coloro i quali hanno la capacità di agire hanno anche la responsabilità di agire. Ma questa non è l’essenza della sussidiarietà orizzontale?
Generazioni future e nuovo capitalismo
Non si tratta di fare la rivoluzione, più semplicemente di pensare a nuove forme di governo, cioè nuove soluzioni organizzative delle strutture sociali o strumenti di azione per la tutela dell’interesse generale che siano in grado di realizzare quei tre obiettivi inalienabili della vita, libertà e felicità . E incombe anzitutto sui cittadini capaci e responsabili il compito di rimboccarsi le maniche ed escogitare quelle “nuove garanzie” in grado di assicurare la “futura sicurezza” dei beni comuni. Anche perché questa generazione di cittadini lo deve alle prossime generazioni di cittadini. A dispetto di chi temporaneamente le governa oggi o temporaneamente le governerà domani. Questa responsabilità incombe sulla presente generazione di cittadini in maniera tanto più pressante ogni volta che coloro ai quali viene temporaneamente affidato l’incarico fiduciario di prendere decisioni che riguardano i beni comuni, assumono decisioni potenzialmente idonee a pregiudicare la futura sopravvivenza e conservazione dei beni comuni stessi.
Questa esigenza è tanto più urgente oggi che sotto la spinta di una agenda economica improntata ancora ai canoni di una forma agonizzante di capitalismo i beni comuni sono il primo obiettivo di lobbies in cerca di nuovi spazi per estrarre le rendite necessarie a conservare e incrementare le proprie posizioni di vantaggio nella società e nell’economia. In presenza di governi neghittosi o, peggio ancora, conniventi i cittadini devono allora attrezzarsi per organizzare una auto-difesa dei beni comuni e resistere almeno fino a quando non ci sarà piena consapevolezza della necessità di aggiornare il vecchio modello di capitalismo. Questa consapevolezza altrove più che nel nostro Paese è ormai in uno stadio avanzato di elaborazione e presto si compirà il processo di formazione di un nuovo paradigma economico. Quello di un capitalismo maggiormente rispettoso dei beni comuni perché fondato su una logica collaborativa e sul valore condiviso come scopo ultimo di qualsiasi intrapresa economica. Il valore condiviso non esclude lo scopo di breve termine della remunerazione del capitale investito, ma racchiude in sé anche il perseguimento di obiettivi di lungo termine nell’interesse generale. Nella consapevolezza che non può esistere valore economico, se non attraverso la creazione di valore anche per la società , affrontando i suoi bisogni e le sue sfide.
Cittadini semplici e resistenza al saccheggio
Allora come organizziamo questa auto-difesa per resistere nel breve periodo all’ennesimo tentativo di sacco dei beni comuni? Chi sono questi cittadini capaci e responsabili?
All’indomani del quasi-default greco qualcuno ha proposto di mettere in vendita il Partenone, o meglio di utilizzare i beni comuni greci come garanzia per i prestiti di cui necessitava lo Stato greco. E la Finlandia è stata tra i primi Stati a dimostrarsi disponibile a fare credito alla Grecia in cambio di questa garanzia. Ma qualcun altro, Claudia Bettiol, una semplice cittadina, ha pensato che se in Finlandia c’è chi è disposto a comprarsi il Partenone, allora questo vuol dire che se ne può trarre un business sostenibile. E se questo è vero perché non possono essere gli stessi cittadini greci e magari tutti i cittadini europei a comprarsi i beni comuni greci investendo con l’ottica di proteggere questo bene comune globale ed eventualmente avere un ritorno minimo sul proprio investimento? E cosìuna donna italiana tenace e visionaria ha messo in piedi una campagna per fronteggiare la svendita dei beni comuni europei. La campagna si chiama European Common Goods. Stanno cercando di mettere insieme le risorse per prevenire ed eventualmente fronteggiare eventuali programmi globali di svendite e privatizzazioni di beni comuni europei.
L’obiettivo originario era quello di intervenire per salvaguardare i beni comuni greci. Ma forse non è il caso di guardare troppo lontano dal recinto di casa nostra. Perché grazie alla crisi di fiducia nel sistema Italia generata dalle dimensioni del debito pubblico italiano e dall’instabilità del quadro politico italiano, i beni comuni sono sotto assedio anche nel nostro Paese. E cosìsono spuntati nuovi Quintino Sella, che da sempre crescono e prosperano in Italia. Con la legge di stabilità 212, infatti, sono stati praticamente immessi sul mercato 338. ettari di terreni agricoli di proprietà pubblica che dovrebbero fruttare alle casse pubbliche oltre 6 miliardi di euro. L’operazione di dimissione si cela dietro la carota dell’affidamento a giovani imprenditori agricoli. Ma basta leggere il paragrafo successivo e ci si avvede che si è instaurata una pericolosa connivenza tra lo Stato e il mercato perché la stessa legge contempla la possibilità che entro cinque anni dalla vendita possano determinarsi le condizioni per un cambio di destinazione urbanistica del bene e cosìlo Stato si premura di conservare la chance di tesaurizzare l’eventuale incremento di valore rispetto al prezzo di vendita come terreno agricolo (v. l’articolo 7 della legge 12 novembre 211 n. 183). Il programma di dismissione di beni pubblici è in realtà ben più ampio secondo quanto dispone l’articolo 6 della medesima legge. Ma la dismissione dei terreni agricoli sorprende e sconcerta per le modalità attraverso cui dovrebbe svilupparsi e sopratutto perchè avviene in un momento nel quale anche nell’ultimo G2 si è parlato della necessità di investire di più sullo sviluppo agricolo grazie al rapporto della Gates Foundation.
E’ quasi sicuro che non basterà l’appello di Ugo Mattei alle istituzioni affinché non svendano i beni comuni. E quindi è il caso di preparare gli italiani a impegnarsi direttamente per salvare i beni comuni da eventuali tentativi di saccheggio. La cosa è fattibile. Lo dimostra il fatto che gli italiani sono sensibili quando si tratta di proteggere la sicurezza economica e dei beni comuni del Paese. Se l’iniziativa di European Common Goods non fosse sufficiente a convincere gli scettici, basta ricordare che lunedì 28 novembre è stato il BTP day. La giornata senza commissioni istituita dall’ABI a favore dei risparmiatori intenzionati ad acquistare titoli di Stato. Gli acquisti di titoli di Stato sono raddoppiati. E questa iniziativa è stata lanciata da Giuliano Melani, un altro semplice cittadino che ha deciso di comprare una pagina sui maggiori quotidiani e chiedere ai propri connazionali di investire sul proprio Paese per difenderlo dalle distorsioni del sistema finanziario. Un secondo BTP day è previsto per il 12 dicembre.
Gruppi di acquisto civico dei beni comuni
Ora, nulla esclude che la medesima logica che anima European Common Goods e il BTP day possa applicarsi per contrastare il programma di dismissione dei beni comuni da parte dei governanti pro tempore. Del resto, negli USA, a metà degli anni ‘9 alcuni ambientalisti e alcune agenzie federali e statali hanno per esempio cominciato ad acquistare i permessi federali di pascolo dai ranchers. L’acquisto ha permesso agli ambientalisti e alle agenzie di sottrarre al bestiame terre agricole pubbliche ecologicamente molto importanti, compensare i ranchers, e raggiungere questo risultato ottimale per tutti senza i costi di un contenzioso. Che in Italia sarebbero altrettanto proibitivi e considerando la scarsa indipendenza dei giudici amministrativi italiani anche di dubbia riuscita. Anche in India e in Olanda, è molto diffusa la pratica di sostenere cittadini o NGOs attraverso l’acquisto civico dei beni comuni per proteggere l’ambiente o altri valori condivisi e sottrarli alla ferree regole del capitalismo vecchio stampo. E, in fondo, anche in Italia esistono pratiche assimilabili. FAI, Italia Nostra, Legambiente e WWF periodicamente investono nell’acquisto o nella assunzione della gestione di aree naturali a rischio.
Quindi bisogna tenere gli occhi ben aperti. Di questo passo chi ci governa potrebbe decidere di mettere in vendita anche la Fontana di Trevi e questa volta chi ha voglia di comprare non dovrà temere il pacco “à la Totòtruffa ’62“. Spetta, invece, ai cittadini attivi restare vigili e mettere in campo alla bisogna gli strumenti e le risorse per salvare i beni comuni dal saccheggio. Bisogna attrezzarsi per tempo con soluzioni innovative che potrebbero rientrare tra quelle “garanzie nuove” che i Padri fondatori americani incitavano i cittadini a escogitare, pur in contrasto con la volontà dei governanti pro tempore, per assicurare la “futura sicurezza” dei beni comuni. Perché, come si diceva, c’è anche da assolvere una responsabilità intergenerazionale ormai riconosciuta anche a livello internazionale, oltre che negli articoli 2, 9, 67 e 98 della nostra Carta costituzionale (v. R. Bifulco, Diritti e generazioni future. Problemi giuridici della responsabilità intergenerazionale, Milano, 28).