La premessa. Georeferenziare per riqualificare: l’appello del WWF
Da alcune settimane è attiva un’importante campagna sostenuta da WWF Italia: “Riutilizziamo l’Italia”. L’obiettivo, già presente nel Forum Italiano dei Movimenti per la terra e il paesaggio e in Slow Food, è la georeferenziazione: il controllo visivo e informativo di un territorio che, con l’apporto di ICT e segnalazioni dei cittadini, ne evidenzi le aree in degrado e in disuso.
L’iniziativa (termine il prossimo 31 ottobre) vuole lanciare un ampio processo di recupero del territorio. Ex aree industriali, tratte abbandonate dalla rete ferroviaria, territori minacciati da cementificazioni selvagge e patrimoni edilizi vuoti e di proprietà delle PA: questo il campo su cui giocare la partita che, come ogni partita, è fatta di più tempi. E oltre l’ascolto, la partecipazione, per i cittadini può esserci più spazio operativo, cedendo il passo a un’effettiva sussidiarietà orizzontale?
I cittadini: il miglior mezzo per riqualificare
Sìsecondo noi, e con tante esperienze che possono dettare un modo diverso di rivitalizzare i nostri luoghi, le nostre ricchezze. Come? Grazie ad una riqualificazione urbana trainata dal terzo settore, che attraverso fondazioni, associazioni no profit, cooperative sociali e aggregazioni spontanee sorte via web, s’impegna attivamente per recuperare luoghi abbandonati e privi di cura, rendendoli autonomi dall’amministrazione e reali fattori d’integrazione sociale.
Solo cosìpuò recuperare forza l’idea di città sostenibile, sorta negli anni ‘9 in sede UE e ONU, che concepisce le città come spazi curati anzitutto da chi le vive, oltre la disponibilità a intervenire di chi amministra.
Come riqualificare: tanti modi, tante esperienze
Numerosi i casi, alcuni già noti a Labsus, soprattutto in materia di guerrilla gardening, community gardening, orticoltura urbana e agricoltura civica.
Friarielli Ribelli e Cleanap a Napoli, Sol.Co ed Elios a Catania, gli Orti urbani della Garbatella a Roma. Frammenti importanti, ma che rappresentano solo un modo di restituire i luoghi alla vita. Riqualificare vuol dire anche misurarsi con grandi aree più grandi da far ripartire, gestendole in maniera più complessa e coordinata. Questa ipotesi è confermata da alcuni casi monitorati dal VI Rapporto sull’Abitabilità delle città , presentato il 15 marzo in Senato dalla Fondazione per la Sussidiarietà di Paola Garrone e Giorgio Vittadini.
Una riqualificazione urbana complessa, coordinata e partecipata: dalle parole ai fatti
Il “Villaggio Barona” – 43. mq a sud di Milano, in forte degrado fino alla metà degli anni ‘8, vengono notati nel 1986 con lo sgombero di un edificio. Oggi un’area rinata grazie ad attività di social housing con perno la Parrocchia dei S.S. Nazaro e Celso. Abitazioni a canoni d’affitto agevolati, auditorium, pensionato sociale, asilo nido e giardino attrezzato, a cui presto si aggiungeranno nuove strutture sociali. Il tutto grazie all’impegno economico della Fondazione Cassoni, a cui il Comune nel 2 assegna l’uso del terreno, e al decisivo contributo dei volontari dell’ASP, delle cooperative A77 e La Cordata, e dei collettivi della stessa Parrocchia, sia per l’ordinaria gestione dell’area sia per raccolte fondi tramite eventi organizzati nel villaggio.
A Milano troviamo anche il parco pubblico “Boscoincittà “, affidato nel 1974 in Concessione dal Comune a Italia Nostra, attraverso il suo Centro per la Forestazione Urbana (CFU). L’obiettivo che ha portato alla realizzazione di quest’area di 12 ettari? Reagire all’urbanizzazione disordinata, insieme a famiglie e singoli cittadini divisi in gruppi di lavoro. Qui oggi troviamo aree verdi per centri estivi e rassegne sportive, corsi d’acqua, un laghetto, e un centinaio di orti assegnati a cittadini che li coltivano. Il costo è finanziato solo per il 2% da Palazzo Marino, e l’area si è recentemente espansa con la cascina San Romano, una foresteria, una sala conferenze e una biblioteca.
Infine i “Sentieri della collina torinese“, riscoperti grazie all’associazione ambientalista Pro Natura. Di fronte il dissesto di un’area di ville e residenze circondate da vigneti, boschi e chiese. Le conseguenze? L’abbandono delle attività tradizionali, e la chiusura di molti sentieri non più mantenuti. Assieme al contributo del CAI di Moncalieri, e il sostegno finanziario al 4% da parte di Provincia e Regione, i lavori compiuti dal 1981 al 1996 sono stati fondamentali per la “pulitura essenziale” dei percorsi. Più impegnativa, perché senza finanziamenti pubblici, è stata l’attività di messa in sicurezza e segnaletica dei sentieri, resa possibile dall’apporto di 4 diverse realtà locali (Proloco, Gruppo Alpini e Associazione Antincendi, ecc.). Oggi si praticano attività escursionistiche, e sta per terminare la ristrutturazione della “Cascina Bart”. Il coordinamento oggi gode di finanziamenti attraverso donazioni, raccolte fondi tramite eventi, e il contributo delle Fondazioni San Paolo e CRT.