Negli ultimi mesi il Governo ha intrapreso una serie di iniziative in materia di consumo del suolo e di urbanistica; dopo il disegno di legge quadro di metà settembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulle semplificazioni ed in questi giorni esaminerà un nuovo disegno di legge attraverso il quale riscriverà i principi fondamentali della disciplina edilizia.
Se il primo provvedimento era stato accolto con entusiasmo dagli ambientalisti, le recenti misure varate dall’Esecutivo hanno invece scatenato dure polemiche perché ritenute in contraddizione con l’obiettivo di salvaguardare il territorio e l’ambiente.
Il disegno di legge quadro per il contenimento del consumo del suolo
Monti aveva spiegato che “il provvedimento mira anzitutto a garantire l’equilibrio tra i terreni agricoli e le zone edificate o edificabili, ponendo un limite massimo al consumo di suolo e stimolando il riutilizzo delle zone già urbanizzate“. Il mantenimento dell’attività agricola, infatti, “consente di poter gestire il territorio e contribuisce a diminuire il rischio di dissesti idrogeologici“, migliorando il profilo paesaggistico e ambientale.
La relazione illustrativa del disegno di legge quadro evidenzia che in Italia ogni giorno si cementificano 1 ettari di superficie libera. L’obiettivo del provvedimento proposto dal Ministro delle Politiche agricole, è quello di “disincentivare il dissennato consumo di suolo” che caratterizza i territori italiani; le zone rurali con maggior tasso di cementificazione risultano essere inoltre quelle più fertili, come la pianura Padana.
Una delle misure più significative è quella che riguarda la determinazione dell’estensione massima di superficie agricola edificabile sul territorio nazionale, attraverso un decreto interministeriale (Agricoltura, Ambiente, Infrastrutture e trasporti).
Tenendo conto del terreno agricolo disponibile, di quanto già edificato, degli immobili non utilizzati, della domanda di case e infrastrutture, vengono calcolati i metri quadrati che possono essere cementificati; questa superficie di conseguenza viene ripartita tra le Regioni ed i Comuni. La volontà del Governo è quella di creare uno strumento di pianificazione a livello nazionale, non vengono comunque specificati i criteri di determinazione.
Su questo punto c’è già chi ipotizza conflitti tra enti locali e livelli istituzionali.
L’art. 3 introduce il divieto di cambiare la destinazione d’uso dei terreni agricoli che hanno usufruito di aiuti di Stato o di aiuti comunitari. L’art. 4 stabilisce delle misure per incentivare il recupero del patrimonio edilizio rurale; mentre l’art. 5 prevede l’istituzione di un registro dei Comuni virtuosi che non hanno ampliato le superfici edificabili.
Infine è necessario evidenziare l’art. 6 che abroga la normativa che autorizza i Comuni a impiegare una parte (che può arrivare fino al 75 per cento del totale) degli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente e le spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.
La normativa in questione infatti ha indotto le amministrazioni locali ad aumentare la capacità edificatoria oltre il necessario, con l’inevitabile conseguenza di affidare alle imprese coinvolte nelle lottizzazioni la realizzazione delle opere di urbanizzazione (strade, fognature ed altri servizi) in cambio di premi di superfici edificabili.
Nuovo disegno di legge in materia di semplificazioni
Le misure di semplificazione a favore delle imprese e dei cittadini rappresentano una prosecuzione del cosiddetto decreto “semplifica Italia” ed introducono anche alcune modifiche alla disciplina del permesso di costruire e alla tutela del paesaggio e dell’ambiente.
In particolare sul permesso di costruire si prevede la certezza dei tempi di conclusione del procedimento; la nuova norma elimina il “silenzio – rifiuto” previsto per il rilascio del permesso di costruire nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Inoltre per quanto riguarda l’autorizzazione paesaggistica, al fine di assicurare la certezza dei tempi di conclusione del procedimento, si prevede l’obbligo dell’amministrazione competente, una volta decorso il termine, ridotto a 45 giorni per l’espressione del parere da parte del soprintendente, di provvedere sulla domanda di autorizzazione.
Settis, autore del libro “Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile“, ha criticato il disegno di legge sulle semplificazioni che, afferma, “si scontra con un piccolo intoppo: la Costituzione“.
Secondo il giurista proprio l’introduzione di una “nuova versione del famigerato ‘silenzio – assenso’: il ‘silenzio – abdicazione’” metterebbe in serio pericolo le aree soggette a vincolo ambientale, demandando “di fatto ogni decisione ai Comuni che dappertutto, con un sottobosco di deleghe e subdeleghe, gestiscono il territorio in funzione di manovre elettorali e degli interessi dei costruttori“.
Attualmente quando un cittadino chiede di costruire in una zona sottoposta a vincolo, l’amministrazione ha 9 giorni per rispondere, se non lo fa è inadempiente e il cittadino può rivolgersi al Tar. Il dimezzamento del termine metterebbe ulteriormente in difficoltà gli uffici tecnici della Soprintendenza, già a corto di personale, e la risposta potrebbe non arrivare in tempo; scaduti i 45 giorni il soggetto competente (Regione, Comune, ente parco) può decidere autonomamente se concedere o meno il permesso di costruzione.
Sono in molti a credere che questo provvedimento possa inaugurare una nuova stagione di abusi ai danni del territorio. La linea del Governo appare controversa ed i buoni propositi del disegno di legge quadro per la valorizzazione delle aree agricole ed il contenimento del consumo del suolo sembrano duramente compromessi.