I legami sociali rappresentano la bussola per individuare i cambiamenti nella quotidianità . Una posizione, quella di Castrignanò, in aperta opposizione con la teoria sociologica contemporanea che vede gli sforzi degli studiosi concentrarsi sui temi della globalizzazione e della comunicazione. Per l’autore bisogna recuperare la dimensione e il significato dei termini di comunità e quartiere per capire cosa sta cambiando nelle città . Il suo è un approccio microsociologico. La città va intesa come “città degli individui” più che di users, termine compatibile con l’immagine della città globale.
Secondo l’autore l’attenzione deve focalizzarsi sulle “cellulle spaziali” che costituiscono la corporeità urbana”dagli isolati ai quartieri agli interstizi urbani, intesi come unità di analisi autonome, come vere e proprie cellule, in rete tra loro, dotate di una vitalità autonoma”. I luoghi, gli spazi urbani sono ancora lo scenario dove accadono i fenomeni e i processi sociali anche nelle città della globalizzazione, della mobilità e della comunicazione.
Comunità : approccio socio-culturale e socio-spaziale
L’autore si interroga sull’attualità euristica del concetto di comunità per la sociologia a partire da due accezioni: quella socio-spaziale e quella socio-culturale. Le due dimensioni sembrano intrecciarsi anche se l’accezione socio-culturale tende a sottolineare maggiormente la qualità del legame sociale mentre quella socio-spaziale è più orientata a porre l’accento sul contesto, sui luoghi (neighborhood approach). E’ pur vero – sottolinea l’autore – che “l’agire sociale orientato affettivamente” è fondamentale per cogliere l’attaccamento ai luoghi e agli spazi urbani.
Ragionare sul concetto di comunità e di reti sociali che vengono a crearsi nei quartieri e nelle città richiama subito il concetto di capitale sociale. Se per Putnam in Bowling alone il concetto di capitale sociale si fonde con quello di comunità mettendo in evidenza la qualità del legame sociale, questo aspetto viene approfondito dall’autore attraverso il richiamo al concetto di beni relazionali (Donati 2007 e Tronca).
Capitale sociale e beni relazionali
Ciò che caratterizza il capitale sociale non sono tanto gli individui in sé o la struttura sociale quanto la qualità delle relazioni sociali. Ovvero “il capitale sociale è quella forma di relazione che opera la valorizzazione di beni e servizi attraverso scambi che non sono né monetari, né politici, né clientelari, né di puro dono, ma scambi sociali di reciprocità “. Per questo, precisa l’autore riprendendo gli studi di Donati e Tronca, “il capitale sociale è tale solo se valorizza beni relazionali attraverso due dimensioni: fiducia e reciprocità “. Dove per beni relazionali si deve intendere “un prodotto reale non frazionabile e indivisibile che consiste in beni e servizi fatti di relazioni umane (…) E’ una realtà esterna agli individui, anche se generata da essi, che soddisfa esigenze umane, primarie e secondarie, di tipo relazionale”. Dunque non tutte le relazione sociali producono capitale sociale ma solo quelle in grado di generare beni relazionali.
Questo quanto si evince dall’approccio socio-culturale, ma se si esamina il concetto di capitale sociale sotto la lente del neighborhood approach (visione socio-spaziale)? Studiosa di riferimento è Jane Jacobs che nel suo Death and Life of great American cities utilizza per la prima volta il termine capitale sociale.
Nel testo della Jacobs sembrano ravvisabili tre forme di capitale sociale sostanzialmente interconnesse: 1) reti di vicinato, ovvero rapporti informali a cui viene riconosciuto una sorta di ruolo di controllo sociale esercitato dagli stessi abitanti e dai negozianti che garantiscono la sicurezza urbana; 2) associazioni di quartiere (dalla chiesa alle associazioni di genitori) e 3) l’autogoverno locale, da intendersi come reti di relazioni formali che possono travalicare la dimensione locale per estendersi all’intera città .
In verità queste tre diverse forme di capitale sociale racchiudono in sè tanto la visione socio-spaziale quanto quella socio-culturale perché, come sottolinea l’autore, la sociologa è convinta che le città siano in grado di creare comunità su scale diverse: dal vicinato, al quartiere, alla città in cui la qualità dei legami sociali sono necessari a garantire la sicurezza, la funzionalità e la vivacità delle città .
Sulla base di queste considerazioni (teoria socio-culturale e socio-spaziale) sembra che le reti formali e informali negli spazi urbani possano essere considerate come il nodo di una vasta maglia fatta di luoghi in cui interagiscono gli individui “produttori” di quei beni e servizi che nascono dalla qualità dei legami sociali: i beni relazionali.
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