Il testo si compone di tre parti. Nella prima, l’autore avvia la propria critica radicale al partito politico come luogo di mediazione tra il tessuto sociale e lo Stato. Olivetti ripercorre il pensiero di alcuni studiosi come Piero Gobetti, Vincenzo Gioberti, Antonio Rosmini e Marco Minghetti, tutti critici del modello di grande partito politico organizzato quale si andava profilando a cavaliere tra l’ottocento e l’inizio del novecento. Sul predominio acquisito dal partito politico grazie alla legge proporzionale, cosìcommenta l’autore: “la rappresentanza proporzionale riuscìa rompere ogni effettivo legame tra il cittadino, i gruppi economici e culturali e il Parlamento, tra la società , in una parola, e lo Stato”. La stessa storia del movimento socialista, spaccatosi in correnti in lotta tra di loro e trasformatosi in una pluralità di partiti, dimostra il potere corruttivo del partito. Alla crisi della democrazia parlamentare che si sta consumando, Olivetti risponde con la proposta di integrare la democrazia e rafforzarla. La democrazia rappresentativa che ha il suo cuore nel Parlamento è incline a subire le pressioni “di gruppi organizzati che non sono espressione della maggioranza”. La politica può realizzarsi appieno solo eliminando la figura del partito politico, cosìannullando la distanza tra Stato e società .
Nella parte centrale del testo, l’autore ripropone la propria visione di una riforma costituzionale dello Stato in senso comunitario, già proposta nel 1945 ne L’Ordine politico delle Comunità .Il testo si chiude con la conclusione della critica al partito e allo stesso concetto di rappresentanza. Secondo l’autore, il mandato politico altro non essendo che un atto di fiducia degli uomini in un uomo, subisce le imperfezioni insite nella natura umana, cioè l’imperfezione e la corruttibilità .
Nella presentazione del libro, di Stefano Rodotà , se ne offre una chiave di lettura che porta a trarre spunto dalle riflessioni di Olivetti per porre rimedio alla crisi di legittimazione partitica attuale. L’autore chiarisce subito l’assenza di relazione tra la critica olivettiana al partito e quella odierna, che affonda le sue radici nell’anti-politica e “approda ai lidi della democrazia plebiscitaria”. Olivetti identifica nella comunità , invece che nel partito, la sede della mediazione sociale, tuttavia non rifiuta il concetto di mediazione tra Governanti e Governati in sé. Altri aspetti interessanti dello scritto di Olivetti sono quello sui fondamenti etici della società , (principio di uguaglianza, esercizio della solidarietà e della fratellanza, rispetto della dignità e vocazione della persona) che portano a collocare il suo pensiero nell’alveo del comunitarismo e il tema dello sviluppo scientifico e tecnologico che apre grandi possibilità per il futuro dell’umanità . In particolare, è interessante la riflessione sul “lato oscuro” dello sviluppo scientifico, rappresentato ad esempio dalla bomba atomica, il quale pone davanti all’uomo una doppia alternativa: “o la civiltà si compie, o la civiltà perisce”.
Rodotà , infine, rileva che, per quanto sia impraticabile la radicale via olivettiana, questo scritto contiene molte indicazioni per restaurare il legame di fiducia tra cittadini e partiti politici. I partiti sembrano aver perduto questo legame allontanandosi dal modello partecipativo disegnato dall’art. 49 della Costituzione, il quale considera il partito dal punto di vista del cittadino, delineandolo come uno strumento funzionale alla promozione della partecipazione alla vita politica dei cittadini della loro iniziativa collettiva.
OLIVETTI A., Democrazia senza partiti,Edizioni di Comunità , 213.