Progetto Agorà
Tredici incontri, da febbraio ad aprile, per dare la possibilità ai detenuti del carcere di Alessandria di conoscere l’universo dei beni comuni. Il “Progetto Agorà ” è stato ideato con l’obiettivo di intensificare il legame tra la realtà carceraria ed il territorio, facendo in modo che la struttura penitenziaria diventi una risorsa per il territorio stesso.
La scelta della tematica dei beni comuni, filo conduttore dell’intero programma, rappresenta il risultato del confronto tra gli operatori dell’istituto penitenziario e i docenti del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Alessandria. Secondo gli organizzatori i beni comuni, oltre a costituire il collante sociale di una comunità , riescono a coniugare aspetti locali, nazionali ed internazionali, ed a coinvolgere diversi saperi: dall’economia, alla letteratura, alla filosofia, alla religione, alla politica in senso lato, fino a raggiungere questioni più prettamente giuridiche.
Gli appuntamenti in programma
Ad aprire i lavori è stato Roberto Livraghi, ricercatore storico e già assessore alla cultura di Alessandria, con un seminario sulla comunità alessandrina e i suoi beni collettivi storici, artistici e urbanistici. Il 26 febbraio è stata la volta di Ugo Mattei, professore ordinario di diritto Civile all’Università di Torino, fra gli estensori dei quesiti del referendum sull’acqua, tra i promotori del primo Forum dei Comuni per i beni comuni e della fondazione Teatro Valle, che ha illustrato il suo libro “Beni comuni. Un manifesto“.
Tra gli altri il 21 marzo è intervenuto Maurizio Pallante, ecologista di fama internazionale, che ha tenuto un seminario sulla decrescita come strumento di salvaguardia dei beni comuni, presentando inoltre il libro “Meno è meglio. Decrescere per progredire”.
Oggi è in programma l’incontro con Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte di fama mondiale e Accademico dei Lincei, che presenterà il libro: “Azione popolare. Cittadini per il bene comune”.
Il ciclo di seminari si concluderà con gli interventi (sono ancora da definire le date) del prof. Stefano Rodotà (il cui libro “Il diritto di avere diritti” è stato recentemente recensito da Labsus) e di Alberto Lucarelli, assessore ai beni comuni del Comune di Napoli.
Carcere, istruzione e territorio
Dal 2002, attraverso una convenzione tra la Casa di reclusione di San Michele e l’Università degli studi del Piemonte orientale, i detenuti possono iscriversi ai corsi universitari di Informatica, Scienze Politiche e Giurisprudenza che si svolgono in una struttura adeguatamente attrezzata, il Polo Universitario, all’interno del quale si terranno i seminari.
Agli incontri potranno partecipare, oltre che naturalmente i detenuti iscritti al Polo Universitario (8), anche altri detenuti, secondo i criteri e le modalità previsti, per un numero massimo di 35 unità .
Nel documento di presentazione del progetto (in allegato) si legge: “Per avviare una maggiore integrazione fra carcere e territorio, abbiamo voluto prevedere la possibilità per alcuni studenti dei corsi di giurisprudenza di Alessandria e/o per i rappresentanti di associazioni culturali della città , di partecipare a tutti o ad alcuni dei vari incontri seminariali. (..) Verificheremo la possibilità di creare sinergie virtuose che permettano ai nostri relatori di coinvolgere nel confronto e nel dibattito l’intera cittadinanza, attraverso iniziative pubbliche esterne (..) si tratta di un’ulteriore occasione per il carcere di diventare risorsa per tutto il territorio“.
Chi fosse interessato a partecipare deve rivolgersi alla professoressa Elisabetta Grande del DiGSPES universitario, o al capo area educatori Paolo Bellotti presso il carcere di San Michele. E’ inoltre possibile contattare l’ufficio stampa allo 0161 261505 o via mail a ufficio.stampa@unipmn.it.
Carcere e beni comuni
Abbiamo già affrontato la tematica dei beni comuni in riferimento alla realtà carceraria, evidenziando tutti i limiti di un sistema collassato che sopravvive grazie a provvedimenti emergenziali che non contribuiscono minimamente a risolvere le gravi problematiche di fondo ma che anzi possono creare situazioni inaccettabili.
In un nostro editoriale del 2011 avevamo provato ad indicare delle soluzioni dal punto di vista legislativo, per altro già ampiamente sostenute da quelle organizzazioni che si occupano quotidianamente di carcere e delle condizioni dei detenuti.
Non credo sia un azzardo sostenere che siamo stati i primi ad introdurre la tematica della cura dei beni comuni nell’analisi della realtà carceraria; da anni esistono (poche) esperienze di carattere sociale, di cittadinanza attiva potremmo dire, per la “riabilitazione” ed il reinserimento dei condannati, ma affrontare apertamente il tema dei beni comuni rappresenta un passo in più. Significa che il concetto stesso di beni comuni sta acquisendo visibilità , riconoscibilità ed autonomia ed inevitabilmente sta pervadendo ogni aspetto della società ; la loro stessa natura di collante sociale e di terreno fertile per lo sviluppo della persona e per la risoluzione di problemi collettivi gli impedisce di rimanere all’interno degli argini del dibattito accademico.
Saremo pronti ad affrontare adeguatamente lo tsunami in arrivo?
foto tratta da:www.alessandrianews.it