Il tema richiede un cambiamento culturale nell’amministrazione della cosa pubblica e implica il passaggio da logiche di government centrate sul paradigma bipolare a logiche di governance (1) centrate sul “paradigma sussidiario” (2). E servirà pure un cambiamento di approccio metodologico, da teorico a sperimentale. Il salto culturale richiesto dai beni comuni rende evidente la necessità di mettere in campo iniziative di vario tipo per convincere, formare, accompagnare e assistere le amministrazioni pubbliche e i loro funzionari nell’applicazione concreta dei modelli di amministrazione condivisa dei beni comuni. Solo cosìsarà possibile favorire l’ampia diffusione del paradigma della governance, nell’ambito del quale le già diffuse pratiche di cura condivisa dei beni comuni si iscrivono.
La “comunicazione istituzionale” dei beni comuni
In altri termini, per favorire la diffusione di una cultura della governance dei beni comuni occorre ripartire dalla leva della “comunicazione istituzionale”, intesa come politica pubblica centrata, per un verso, sulla “messa in comune” di una visione del mondo e, per altro verso, sul governo delle reti e sulla valorizzazione delle energie presenti nella società . La proposta richiede la creazione di un “luogo” o “hub”, al quale le amministrazioni pubbliche intenzionate ad adottare tecniche di governance dei beni comuni possano attingere per offrire ai propri dipendenti attività di “formazione-intervento” basate sull’alternanza aula-campo. Si tratta di una tipologia di formazione che punta sulla combinazione fra: a) erogazione, anche in via telematica, di momenti di aula di altissimo livello professionale e taglio tecnico-operativo; b) affiancamento nella progettazione e sperimentazione concreta dei modelli di governance dei beni comuni; c) successiva elaborazione e diffusione dei risultati delle attività , ricerche e analisi condotte nell’ambito di tali sperimentazioni.
Proponiamo in sostanza di giungere alla costituzione di una Cabina di regia per la governance dei beni comuni, un’istituzione pubblico-privata con il compito di svolgere una funzione di promozione e sostegno, rivolta principalmente alle pubbliche amministrazioni, per la realizzazione di esperienze di governance dei beni comuni. L’obiettivo consiste nello svolgere un’opera di disseminazione culturale all’interno delle amministrazioni per elevarne le competenze generali in vista del coinvolgimento dei cittadini nella realizzazione, manutenzione e finanziamento dei beni comuni.
La cabina di regia dei beni comuni
L’iniziativa della creazione della Cabina di regia dovrebbe essere assunta a livello nazionale da un soggetto istituzionale, preferibilmente con il sostegno finanziario privato, assecondando cosìin pieno lo spirito della governance. Gli interlocutori principali della Cabina di regia dovranno essere, per un verso, le amministrazioni statali, regionali, locali o le loro aggregazioni. E, per altro verso, i cittadini e gli operatori impegnati quotidianamente nella trincea della ricerca di soluzioni condivise o della fattibilità economico-finanziaria, elementi oramai inscindibili per garantire la sopravvivenza e la cura dei beni comuni.
L’obiettivo principale della Cabina di regia dovrebbe essere quello di favorire il dialogo, lo scambio di competenze, informazioni ed esperienze tra tutti i soggetti interessati alla creazione di una concreta partnership tra istituzioni e comunità per la protezione, il recupero, la manutenzione e la gestione dei beni comuni.
La formazione-intervento per i beni comuni
Oltre alle tradizionali attività formative di tipo frontale, la Cabina di regia dovrebbe essere, poi, lo strumento che mette le amministrazioni interessate in condizione di conoscere e scambiare buone pratiche con altre amministrazioni. Inoltre, alla Cabina di regia le Amministrazioni potrebbero ricorrere per ottenere l’assistenza necessaria da parte di docenti-tutor, che affianchino i partecipanti alle attività formative nella sperimentazione sul campo delle forme e degli strumenti di governance, cosìtestando le competenze acquisite nell’ambito della formazione.
In altri termini, non si deve trattare di una mera formazione frontale e in aula. La “formazione-intervento” qui immaginata presuppone un’offerta formativa basata su un “affiancamento concreto alla quotidianità dei processi e in vista della soluzione di precisi bisogni della singola amministrazione” (3). Gli operatori pubblici verrebbero preparati non solo a “pensare” teoricamente o sulla carta operazioni di governance dei beni comuni, ma anche ad “agire” come operatori professionali della governance dei beni comuni, capaci di essere controparte pubblica tecnicamente attrezzata a stare in una relazione partenariale con una controparte privata; a porsi in relazione con tutti i livelli istituzionali; a costruire relazioni e tenere insieme reti di alleanze tra istituzioni e società civile.
Cassette degli attrezzi e affiancamento continuo
In più, l’opera di accompagnamento formativo e culturale non dovrebbe terminare nella fase di erogazione della formazione-intervento. Essa dovrebbe essere continua. Una delle principali attività di disseminazione culturale del modello consisterebbe, infatti, nell’elaborazione, a partire dalle criticità riscontrate nell’ambito delle attività formative e sperimentali, di Manuali di istruzioni per applicare le riforme e seguire la costante evoluzione degli strumenti tecnici, giuridici ed economico-finanziari che caratterizzano la governance dei beni comuni.
Sulla base delle criticità emergenti nell’ambito della collaborazione che si viene a instaurare tra docenti-tutor e partecipanti alle attività di formazione e sperimentazione, si tratta di elaborare materiali che fungano da linee-guida applicative di quanto illustrato. Dovrebbero essere come delle “cassette degli attrezzi”, con dentro gli strumenti necessari per impostare, costruire e replicare un progetto di governance dei beni comuni, con istruzioni pratiche, strategie, passaggi-chiave, metodi e strumenti necessari per la pronta operatività (per es. raccolte normative, protocolli d’intesa, patti parasociali, modelli di piani economico-finanziari, regolamenti, ecc.) e individuazione delle criticità riscontrate e delle risorse messe in campo per affrontarle, delle soluzioni amministrative applicate e dei risultati conseguiti.
A valle dell’elaborazione delle “cassette degli attrezzi” si dovrebbero, poi, apprestare tutte le azioni e misure organizzative necessarie per sostenere i dipendenti pubblici nell’uso quotidiano delle “cassette degli attrezzi”, contemplando la possibilità di un’assistenza e di un tutoraggio continui, anche a distanza, nello sviluppo e nell’implementazione costante delle pratiche di governance. L’affiancamento continuo serve, per un verso, a incoraggiare l’operatore amministrativo e puntellare le sue motivazioni nella gestione di un progetto di governance dei beni comuni. E per altro verso a perfezionare le “cassette degli attrezzi” aggiornandole costantemente alla varietà di problematiche e circostanze che la prassi amministrativa e di mercato propone.
Una storia che non finisce mai, come i beni comuni
In sintesi, il ciclo delle attività della Cabina di regia per la governance dei beni comuni sarebbe continuo e si articolerebbe in tre fasi. La prima avrebbe ad oggetto il percorso formativo tradizionale, anche attraverso modalità di e-learning. Il secondo passaggio consisterebbe nella sperimentazione sul campo dei modelli di governance dei beni comuni, realizzando con i partecipanti al percorso formativo, e – quindi – con le amministrazioni di appartenenza, casi-pilota, cantieri di sperimentazione che fungano da “laboratori di governance dei beni comuni”.
La terza fase, invece, dovrebbe essere dedicata all’elaborazione dei “Manuali di istruzioni” e all’assistenza e affiancamento permanenti e continui da parte della Cabina di regia nell’uso dei Manuali. Si tratta di far sedimentare la cultura della governance nella cura dei beni comuni e nei processi decisionali ad essi relativi, sostenendo i dipendenti pubblici nell’attuazione quotidiana delle riforme e nella risoluzione delle problematicità emergenti nell’ambito di un progetto di governance dei beni comuni. Successivamente, per favorirne l’applicazione su larga scala, il consolidamento dei risultati della formazione-intervento potrebbe passare attraverso la modellizzazione delle migliori soluzioni realizzate su scala nazionale applicando i principi e i modelli della governance dei beni comuni.
Abbiamo già cominciato a sperimentare le idee e le proposte avanzate qui con il Laboratorio per la governance dei beni comuni. Le porte sono aperte a tutti coloro i quali vorranno contribuire alla narrazione di questa bella storia, una storia che non dovrebbe mai vedere la parola “fine”, proprio perchè è di beni comuni che stiamo parlando.
Note:
(1) Al contrario delle tecniche di government, quelle di governance sono caratterizzate da paritarietà , orizzontalità e apertura verso le comunità territoriali, la società civile, il settore privato e fanno perno sulla collaborazione tra i diversi attori (istituzionali, sociali e imprenditoriali) per creare forme di partenariato dedicate alla realizzazione condivisa di scopi di interesse generale. La strategia cui risponde lo strumento partenariale è proprio quello di abbandonare la logica della contrapposizione tra interesse pubblico e interesse privato, tra interessi statali e interessi locali, per creare una rete di alleanze attorno alla scelta pubblica, in una parola di applicare i principi e le tecniche della governance al tema dei beni comuni. Cfr. M.R. FERRARESE, La governance tra politica e diritto, Bologna, 21, p. 149 ss.; nonché C. IAIONE, La localizzazione delle infrastrutture localmente indesiderate: da soluzioni di government a soluzioni di governance, in G. ARENA, F. CORTESE, Per governare insieme: il federalismo come metodo, Padova, 211, p. 23 e ss..
(2) G. ARENA, Cittadini attivi, Roma-Bari, 26, p. 6.
(3) G. VETRITTO, Per una nuova professione pubblica: il broker istituzionale, in Risorse umane, 29, p. 19.