L’idea era stata concepita, in realtà , almeno un anno prima, nel settembre 2010, quando Obama propose ai membri delle Nazioni Unite di lavorare insieme per rendere tutti i governi più aperti e responsabili nei confronti dei cittadini. Da quell’impulso nacque l’OGP (Open Government Partnership), una iniziativa che partì, nel luglio 2011, con l’adesione di sette paesi pionieri. Nel volgere di due anni, l’OGP ha raccolto ben 60 paesi – per un totale di due miliardi di cittadini – e ha elaborato un migliaio di impegni con i quali gli Stati membri incoraggiano una governance trasparente, efficace e accountable. Purtroppo, in questo processo, l’Italia è il fanalino di coda, con documenti mediocri e risultati inesistenti.
Gli Usa, viceversa, sono già al loro secondo piano d’azione nazionale. Ecco alcuni dei punti salienti.
Petizioni online. Con il programma online chiamato We the people il governo americano ha realizzato una piattaforma per le petizioni popolari. Con il nuovo piano sarà possibile una migliore analisi dei dati relativi a firme e petizioni. Sarà inoltre lanciata una nuova interfaccia applicativa per consentire a soggetti terzi di raccogliere e trasmettere le sottoscrizioni direttamente dai propri siti. E in Italia? Siamo ancora ai primi vagiti delle consultazioni promosse dal governo tramite questionari (i risultati dei quali sono poi normalmente disattesi).
Modernizzazione del Freedom of Information Act (Foia). Il Foia – che in Italia non esiste – è quell’insieme di norme che permette a qualsiasi cittadino americano, anche se non è portatore di interessi diretti, di chiedere il rilascio di qualsiasi atto pubblico (tranne ovviamente quelli secretati per motivi di privacy o sicurezza). Il presidente Obama ha quindi preso nuovi impegni per rafforzarlo: un servizio online per migliorare l’accesso degli utenti; l’offerta di materiali formativi per i professionisti delle amministrazioni americane; lo sviluppo di nuovi standard di servizio ai quali le diverse agenzie pubbliche dovranno adeguarsi.
La Global Iniziative on Fiscal Transparency (Gift). Gli Stati Uniti hanno aderito a questa rete internazionale fatta di organizzazioni di governo e di società civile che ha la duplice finalità di aumentare la trasparenza fiscale dei governi e di favorire la partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche fiscali. Il che significa facilitare l’accesso alle informazioni in materia fiscale e di spesa pubblica, prendendo sul serio il punto di vista dei contribuenti. Se si pensa alle continue violazioni dello statuto dei contribuenti compiute in Italia dalle stesse istituzioni, sembra di leggere delle vere e proprie ‘cronache marziane’.
Open Data per un vasto pubblico. Negli ultimi anni i dati aperti del governo americano sono stati utilizzati in vario modo. Qualche esempio? I giornalisti hanno potuto verificare e confrontare le fatturazioni in ambito sanitario. I cittadini hanno acquisito informazioni sui servizi sociali offerti dalle charities in ambito locale. Gli agricoltori hanno creato nuovi software per organizzare le coltivazioni e programmare il raccolto. Insomma, le informazioni sono state utilizzate per controllare la trasparenza delle spese, per accedere ai servizi, per favorire il successo delle imprese. Con il nuovo piano nazionale l’accesso ai dati sarà ancora più facile e proficuo.
Bilancio partecipato. Con gli strumenti offerti dal piano del governo Usa i cittadini potranno individuare, discutere e selezionare i progetti di intervento pubblico a livello locale. In qualità di contribuenti, potranno dire la loro sul modo in cui spendere i loro soldi. Maggiori informazioni, poi, saranno diffuse alla popolazione sulla possibilità di accesso a programmi di finanziamento.
Il programma del governo americano contiene molte altre misure. Ma già questi brevi spunti lasciano intendere a quali radicali trasformazioni dovrebbero essere sottoposte le nostre amministrazioni pubbliche per mettersi al passo con quelle degli altri paesi, non solo occidentali.
Insomma, la redazione e la realizzazione di un Open Government Action Plan dovrebbe essere una priorità normale del governo Renzi, anche perché l’Italia ha aderito al network globale. Non basta il copia e incolla di qualche oscuro capo dipartimento, forte del fatto che nessuno gli chiederà mai di risponderne, come è stato finora. In molte dichiarazioni pubbliche il nuovo Premier lo ha confermato: serve cambiare la PA per far ripartire l’Italia. Adesso bisogna passare ai fatti.
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