La sentenza
La vicenda esaminata dal Consiglio di Stato trae origine dall’impugnazione dinanzi al T.A.R. del Lazio della concessione edilizia n. 643 del 30.4.1991 con la quale la Regione Lazio, nell’esercizio dei poteri sostitutivi riconosciutile – data l’inerzia del comune di Roma- , aveva assentito la costruzione di tre palazzine da parte della Società S.P. a r.l. su terreno di sua proprietà ubicato nel comprensorio dell’Acqua Traversa, in Roma.
Il titolo edilizio in questione era stato impugnato con ricorso n. 4754 del 1992 dall’associazione ” C.V. ” e da cittadini abitanti nelle adiacenze, nonché dal comune di Roma con ricorso n. 6706 del 1992. L’adito tribunale accogliendo il ricorso proposto dal comune e dai privati aveva annullato la concessione edilizia in oggetto.
Tale sentenza viene cosìimpugnata con l’appello in esame al Consiglio di Stato dalla Società I.T. S.r.l. (subentrata alla Società S.P. a r.l.) deducendo quattro motivi di impugnazione, che il Collegio respinge, con integrale conferma della sentenza emanata dal T.A.R.
Il primo motivo addotto dall’appellante è rappresentato dalla tardività dei ricorsi accolti dal T.A.R. sia da parte del comune di Roma, sia da parte dei privati resistenti, ma esso viene disatteso in quanto la parte che eccepisce la tardività del gravame non avrebbe provato in modo rigoroso l’altrui piena conoscenza del provvedimento, da cui decorrerebbe il termine decadenziale per il ricorso; inoltre, essendo ricorsa in tale fattispecie la formazione del silenzio assenso, i privati non sarebbero stati in grado di ricollegare l’avvio dei lavori al rilascio di un titolo formale.
Con il secondo motivo l’appellante deduce il difetto di legittimazione al ricorso in capo all’associazione ” C.V. ” , in quanto non ricompresa nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art. 13 della l. 8 luglio 1986, n.349, come pure quello dei cittadini, i quali non avrebbero collegamento con la zona oggetto del provvedimento. Anche tale mezzo viene disatteso in quanto innanzitutto la norma sopra citata rappresenterebbe un criterio di legittimazione aggiuntivo e non sostitutivo rispetto a quelli già elaborati dalla giurisprudenza per quanto riguarda la azionabilità in giudizio degli interessi diffusi; inoltre, per quanto riguarda i cittadini, mancando nella fattispecie una prova rigorosa che dimostri il contrario il Collegio considera sussistente il loro collegamento con la zona interessata dalle costruzioni, legittimando di conseguenza tali ricorrenti.
Il Collegio respinge inoltre il terzo motivo, secondo cui vi sarebbe applicabilità ai terreni in oggetto della convenzione di lottizzazione R.-A. risalente all’anno 1935, la cui operatività sarebbe però subordinata a delle condizioni che in questo caso non si sarebbero verificate.
Infine è infondato il quarto motivo con il quale la Società appellante deduce di avere interesse all’annullamento dell’atto con il quale la Regione aveva sospeso in via cautelare la concessione in attesa della verifica della regolarità della procedura che aveva condotto al rilascio.
Il commento
La sentenza in esame rileva in questa sede per la parte in cui prevede e definisce come acquisita l’azionabilità in giudizio dei c.d. interessi diffusi riconfermando la tesi più volte ma non sempre sostenuta della legittimazione a ricorrere riconosciuta in capo ad associazioni anche non iscritte nell’apposito elenco ministeriale di cui dell’art. 13 della l. 8 luglio 1986, n.349, nonché dei singoli cittadini legittimati ai sensi dell’art. 10 della legge n.765 del 1967.
Tale sentenza si inserisce quindi all’interno del lungo percorso che ha portato nel nostro ordinamento alla tutela di questi diritti, definiti ” adespoti ” , ma di cui oggi è conclamata la rilevanza grazie soprattutto alle aperture giurisprudenziali che hanno permesso gradualmente di ampliare le figure di legittimazione processuale in particolar modo sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale.
Con la decisione il giudice ribadisce che il criterio di legittimazione ” legale ” riconosciuta alle associazioni dalla legge in epigrafe si aggiunge e non si sostituisce a quelli elaborati in precedenza dalla giurisprudenza, quindi ne consegue che le figure legittimate non si esauriscono in quelle espressamente ivi previste, ma che invece ” il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica) ” , purché perseguano fini di tutela ambientale statutariamente ed in modo non occasionale e che abbiano adeguato grado di rappresentatività e stabilità nell’area in cui sarebbe situato il bene che si assume leso.
Il Collegio si pronuncia altresìsulla legittimazione dei cittadini, ovvero dei soggetti singoli, qualora vi sia la presenza dell’elemento differenziante della vicinitas, cioè del collegamento con la zona oggetto del provvedimento, che nella fattispecie è assunto sussistere in base alle residenze dichiarate da tali soggetti e mancando una specifica contestazione che dimostri il contrario. I cittadini sono quindi riconosciuti diretti portatori di quegli interessi la cui tutela era storicamente esclusivo appannaggio degli enti pubblici e che si intendeva dovesse essere in qualche modo filtrata attraverso l’interposizione di tali enti legittimati.
Il riferimento a tale elemento pare però sovrabbondante dato che, se nella logica seguita dal Collegio, parrebbe necessario ai fini dell’estensione a tali soggetti della legittimità a ricorrere, in realtà esso introduce un articolo, l’art. 10 della legge n.765 del 1967, che invece non prevede requisiti alcuni per il ricorso ( ” Chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto e ricorrere contro il rilascio della licenza edilizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione ” ).
Se è dunque vero che in questa sede il Collegio ribadisce il superamento dell’interpretazione della esclusiva legittimazione a ricorrere delle associazioni iscritte all’albo ministeriale, per quanto attiene alla legittimazione processuale dei cittadini pare finalmente opportuno abbandonare la storica impostazione restrittiva della giurisprudenza sulla possibilità di ” chiunque ” di tutelare gli interessi diffusi, valorizzando cosìappieno l’iniziativa dei ” singoli ” , cui fa espresso riferimento l’art. 118, ultimo comma, Cost., anche nella funzione di controllo dell’attività dei pubblici poteri.
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