Detroit era una delle città più popolose degli Stati Uniti, almeno fino a qualche tempo fa. Diversi segnali, preludio all’imminente fallimento, hanno determinato la sensibile riduzione del numero di abitanti: soldi finiti per l’illuminazione pubblica, mancata erogazione di stipendi e pensioni, innalzamento della criminalità , e cosìvia. Ma il default, nel diritto statunitense, non è considerato come in Italia un crimine da punire, anzi: secondo la cultura statunitense, dagli errori si imparano nuove soluzioni e quindi, proprio dal fallimento Detroit avrebbe avuto l’occasione per rinascere.
Oggi si parla di smart cities
Il rischio di fallimento delle amministrazioni cittadine è ormai un tema all’ordine del giorno, a dimostrazione della necessità di ripensare i modelli classici di sviluppo urbano basati sulla concezione neo-liberale della città come mercato urbano di semplici proprietari: ” Il defaut non è altro che l’esito di una produzione urbana che tende a concentrare deprivazione e marginalità in alcuni territori, nei quali la proprietà e il mercato prima si indeboliscono e poi, semplicemente, vengono quasi a mancare ” come scrive Alessandro Coppola (fonte: INU). Al contrario, bisogna aprirsi a nuove politiche urbane basate sul concetto di smart city. Oggi si parla di sharing, cioè condivisione dello spazio urbano con altre forme di vita che lo abitano, attraverso pratiche che responsabilizzano il cittadino: si fanno riemergere ecosistemi prima soffocati dal cemento come gli specchi d’acqua, si tornano a coltivare le terre e cosìvia. Per sharing si intende anche una condivisione di responsabilità tra cittadini e amministrazione nella gestione dei beni comuni. Questo è quello che ha fatto Detroit dopo esser rimasta con una popolazione più che dimezzata e con interi quartieri abbandonati.
Com’è rinata Detroit?
Il sindaco David Bing ha risposto al default con un piano urbano di downsizing, riducendo le dimensioni della città di un terzo, demolendo le parti abbondonate e raggruppando gli abitanti. Le lande desolate sono state trasformate in fattorie, creando una sorta di economia autoctona che dà vita anche a un mercato, l’Eastem Market, dove vengono venduti prodotti locali. Dalle ” ceneri ” c’è stata una rinascita, cominciata grazie all’arrivo di artisti da ogni angolo d’America. A Detroit oggi si trova un’energia urbana sconosciuta nel resto d’America, ci sono ovunque caffè, locali, librerie e gallerie, soprattutto intorno alla zona universitaria. Basti pensare al programma ” Write-a-house ” lanciato con un appello dallo scrittore Toby Barlow «Offresi residenza per scrittori. Cosìrinasce la ex città dell’auto ». Quest’ultimo invita i suoi colleghi a trasferirsi a Detroit ottenendo in cambio una casa gratis ma impegnandosi a rimanervi per due anni e a lavorare lì. I ” nuovi cittadini ” saranno chiamati a svolgere ” lavoretti ” di manutenzione ordinaria mentre per opere più grandi come ristrutturazione dei tetti, delle tubature e cosìvia sarà usato il crowdfunding (raccolta di fondi online). Detroit non è stata la prima città a rinascere da politiche virtuose, basti pensare a San Francisco per il riciclo dei rifiuti, a Schà¶nau per l’energia e a Copenaghen per le sue politiche sulla mobilità .
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