Da quattro anni consecutivi la Fondazione Casa della carità pubblica un volume in cui scandaglia il problema della sofferenza urbana: i suoi fondatori, il professor Benedetto Saraceno e don Virginio Colmegna, hanno avuto il compito di aprire la serie di interventi dell’annuario 2013. Dalle note biografiche dei quattordici autori che hanno portato il loro contributo all’opera, emerge una marcata eterogeneità : psichiatri, antropologi, economisti, giuristi. Queste diverse provenienze determinano, inevitabilmente, approcci differenti che generano notevoli salti logici tra un capitolo e l’altro. Si passa dagli slum indiani alle politiche sociali della Lituania, dalle teorie di Adam Smith alle riforme del sistema sanitario brasiliano, dalle convenzioni ONU alla Casa delle donne di Milano. Nell’affrontare questi sbalzi d’argomento, si rischia che il lettore si trovi d’improvviso calato in un nuovo contesto che, attraverso un’analisi di poche pagine, non riesce ad attirare dovutamente la sua attenzione.
Il nesso che lega i differenti apporti presenti nel libro si ritrova nell’attenzione verso l’individuo debole e nella sua interazione con la società . Poveri, immigrati, malati mentali, disabili, nuove forme di famiglia: sono alcune delle categorie che più rischiano di essere oggetto di emarginazione. Nei nostri stati e nelle nostre città c’è la tentazione di alzare muri, materiali o ideali, per escludere chi è percepito come diverso. Lo scopo di questi scritti è, invece, evidenziare come l’alterità non sia una situazione congenita, ma nasca da diffidenza, paure ed egoismi. Una cittadinanza aperta a tutti si fonda su collaborazione e fiducia, cosìda poter partecipare ad un bene veramente pubblico e ad una dimensione veramente comune, nel tentativo di raggiungere una felicità dalla portata collettiva: ” la felicità dei bisognosi garantirebbe la felicità di tutti, è questa la tesi sostenuta dagli interventi scelti per questo annuario ” , viene scritto.
Non solo belle parole: gli autori portano esperienze pratiche a giustificazione di quanto sostengono, affinché possano essere analizzate e ripetute in ulteriori contesti.
Tanto la proposta di collaborazione tra privati quanto lo stimolo verso la coscienza collettiva e, in via consequenziale, verso l’esercizio pubblico del potere: entrambi gli aspetti sono necessariamente presenti all’interno del libro. E’ vero che in primo luogo devono essere i cittadini stessi, partendo dal basso, a trovare nuovi modi di farsi forza l’un l’altro, ma, allo stesso tempo, una simile forma di resistenza attiva deve essere sintomatica non di un contrasto con la società al potere, ma di un cambiamento di mentalità riguardo al senso di cittadinanza. Sdoganare la ritrosia ad un diffuso impegno sociale dimostrando come sia fattibile, semplice, importante la partecipazione di ciascuno per essere d’aiuto ed incoraggiamento a chi si trova nella sofferenza: l’invito è ad agire, facendo tesoro delle esperienze di chi s’è già mostrato sensibile all’intervento.
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