Nel marzo del 2010 centinaia di cittadini aquilani, muniti di carriole, scendevano in strada per ripulire alcuni luoghi simbolo del centro storico dalle macerie del terremoto. Attraverso lunghe catene umane, il popolo delle Carriole, rimuoveva (e differenziava) ciò che era rimasto per strada dopo il tragico sisma del 6 aprile 2009. L’azione dimostrativa suscitò l’interesse di molti italiani che accorsero in sostegno. Quell’azione diede inoltre, per la prima volta, testimonianza di quanto i cittadini aquilani volessero rendersi protagonisti della rinascita della propria città .
In verità la storia ci dice che gli stessi avessero già dato dimostrazione del loro attivismo nell’immediato secondo dopoguerra, attraverso uno sciopero alla rovescia ispirato alle esperienze siciliane guidate da Danilo Dolci, per lo sgombero dalle macerie di parte del centro storico in seguito agli sventramenti fascisti. In quell’occasione alcuni attivisti furono arrestati e subirono processi per aver disobbedito alle leggi e occupato indebitamente il suolo pubblico.
Quasi in una perversa continuità storica, diversi processi vedono ancora oggi coinvolti i manifestanti del popolo delle Carriole per aver violato le ordinanze che impedivano l’accesso alla ” zona rossa ” , l’area del centro storico oggetto di presidio militare fino al gennaio di quest’anno. Ancora una volta, infatti, l’attivismo civico è stato considerato un intralcio all’azione pubblica e, pertanto, perseguito come reato.
Esperimenti di progettualità civica
A partire dal 2001, la riforma costituzionale dell’art. 118 ha riconosciuto ai cittadini – singoli o associati – il favore delle istituzioni nel contribuire all’interesse generale. In virtù di tale significativa innovazione, i cittadini non sono più considerati meri portatori di bisogni ma acquistano un ruolo centrale nella proposta di soluzioni, mettendo a disposizione le proprie risorse, energie e competenze.
L’Aquila, come altre città italiane, aveva appena intrapreso il percorso di attivismo dal basso a beneficio della cura dei beni comuni urbani quando il sisma ha stravolto la normalità e costretto la cittadinanza ad una doverosa riflessione. Venuta a mancare nella sua indiscutibile solidità , l’intera città è stata riconosciuta d’un colpo come un bene comune. Il forte desiderio di riappropriazione e la volontà di prendersene cura, a dispetto di quanti continuavano a dichiarare a parole il proprio impegno, hanno dato la spinta iniziale ad una rinnovata coscienza civica.
Le azioni dimostrative sono state man mano affiancate da una crescente progettualità . In pochi mesi si sono moltiplicate le iniziative di partecipazione collettiva volte all’informazione e alla discussione delle scelte pubbliche e, soprattutto, sono nate numerose realtà civiche no-profit allo scopo di contribuire attivamente ad una ricostruzione sostenibile, rispettosa dell’identità locale e proiettata verso scenari di sviluppo. Alcune delle tante iniziative hanno innescato dialoghi costruttivi con l’amministrazione comunale fino alla definizione di vere e proprie collaborazioni regolamentate, di volta in volta, da accordi perlopiù episodici e non inseriti in un quadro complessivo.
Il Regolamento in sette punti
Sull’esempio delle esperienze virtuose avviate dai comuni di Bologna prima e Siena poi, il 25 agosto scorso, il Consiglio Comunale di L’Aquila ha approvato il ” Regolamento dei patti di collaborazione con i cittadini per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni urbani ” .
Il testo, che riprende la traccia segnata dalle altre amministrazioni, introduce il patto di collaborazione tra cittadini e amministrazione finalizzato ad interventi di cura, gestione condivisa e rigenerazione di spazi ed edifici pubblici, garantendone in ogni caso la fruizione collettiva e gratuita. La versione aquilana ha apportato alcuni adattamenti al contesto locale, dovuti ragionevolmente alle dimensioni del contesto urbano ed alle difficoltà poste dalla fase di ricostruzione post-sisma, ma anche a ragioni culturali e politiche.
Sulla scorta dell’analisi avviata dal prof. Giglioni, la lettura del testo può essere articolata in base a sette criteri: i principi, i soggetti coinvolti, le ricadute organizzative, il modello di amministrazione, la rilevanza dei beni privati, gli strumenti di sostegno e le garanzie.
Sul piano dei principi, il testo aquilano conferma la centralità della sussidiarietà orizzontale tralasciando tuttavia i principi di fiducia reciproca e autonomia civica. I patti di collaborazione sono altresìriconosciuti come ” atti amministrativi di natura non autoritativa ” .
I soggetti che possono sottoscrivere il patto di collaborazione sono individuati, analogamente a quanto fatto dai comuni pionieri, nei cittadini attivi in forma singola o associata.
Sotto il profilo organizzativo, la funzione della gestione della collaborazione viene affidata all’Ufficio per Relazioni con il Pubblico (URP), nonché Ufficio Partecipazione. Questa scelta, seppure abbia agevolato il ruolo del Comune nella fase di redazione del Regolamento, potrebbe implicare una difficoltà nella successiva fase di applicazione allorché il personale impiegato si troverà a far fronte ad un duplice carico di responsabilità , indebolendone cosìl’efficacia.
Il modello amministrativo proposto rimanda ad un modello di tipo autorizzatorio, ponendo una contraddizione quantomeno in termini con i principi sopra delineati. Le proposte di collaborazione, dopo essere state valutate sotto il profilo tecnico dagli Uffici comunali coinvolti e portate a conoscenza del costituendo Consiglio Territoriale di Partecipazione, vengono infatti sottoposte all’approvazione del Consiglio Comunale. Nei casi in cui gli interventi comportino modifiche sostanziali del bene, è inoltre prevista la preliminare approvazione da parte della Giunta Comunale. Sembra più che legittimo ipotizzare che quest’ultima scelta, possa implicare un inevitabile allungamento dei tempi di sottoscrizione del patto.
In relazione alla rilevanza dei beni privati, il Regolamento aquilano si allinea agli altri nel prevedere azioni di cura, gestione e riqualificazione su beni privati ad uso pubblico, previo consenso della proprietà o attraverso procedure di esproprio ai sensi dell’art.838 del Codice Civile.
Le misure di sostegno avanzate fanno riferimento a meccanismi di esenzione e agevolazione fiscale, analoghi a quelli utilizzati per Enti che non perseguono fini di lucro, nonché al possibile concorso pubblico nel finanziamento e nell’affiancamento ai fini della sicurezza e della progettazione. Quest’ultimo aspetto denota una certa diffidenza nei confronti del potenziale successo dell’operazione.
Infine, venendo all’ultimo punto in analisi, a garanzia dei patti di collaborazione viene contemplata una conciliazione non vincolante da parte di un Comitato di tre membri.
Le prospettive
L’approvazione del Regolamento a L’Aquila va guardata con favore per tre buone ragioni. In primo luogo, viene formalmente riconosciuto il valore aggiunto rappresentato dalla cittadinanza attiva nel processo di rinascita, materiale e immateriale, della città rendendo cosìobsoleto l’ostacolo culturale che ha determinato le conseguenze penali sul popolo delle Carriole. In seconda battuta, i cittadini attivi, e quanti siano intenzionati ad attivarsi, potranno ora intraprendere iniziative di cura, gestione e riqualificazione dei beni urbani nell’ambito di uno schema chiaro. Posto che alcuni aspetti saranno certamente verificati in fase di applicazione, il testo è sottoposto ad un periodo di sperimentazione durante il quale potranno emergere nuovi punti di vista fino ad ora non considerati.
Infine, nel confermare il processo di ampia diffusione dello strumento nel contesto italiano, L’Aquila – a dispetto delle oggettive difficoltà – dimostra di voler scommettere sulla sperimentazione di un nuovo modello di amministrazione condivisa nonché di regolamentazione dei beni comuni urbani. Il valore di tale scommessa è alto quanto lo è la difficoltà che essa stessa comporta.
Valeria Baglione
architetto e dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e sviluppo locale.
VicePresidente Policentrica Onlus (L’Aquila)
In allegato il testo del Regolamento approvato a L’Aquila.
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