L’invito più volte ribadito nel corso della presentazione ad avviare un’analisi pacata e realistica del fenomeno immigrazione, al di là di battaglie ideologiche, non può che partire da alcuni dati di fondo.
Alla fine del 2013 gli stranieri residenti nel paese sono ufficialmente 4.922.085, con un aumento rispetto all’anno precedente del 3,7 percento; il Centro Studi e Ricerche Idos stima in realtà una presenza effettiva di 5.364.000 persone in posizione regolare. Gli stranieri rappresentano l’8,1 percento della popolazione e in ventisette province superano il 10 percento, con un picco del 31 percento a Baranzate in provincia di Milano. Le donne costituiscono il 52,7 percento del totale, a conferma di una ” femminilizzazione ” dei flussi migratori.
Romania, Albania, Marocco e Cina si collocano ai primi posti tra i paesi di provenienza degli stranieri, ricoprendo da soli la metà del totale delle presenze.
Secondo l’indagine Istat sulla forza lavoro, gli stranieri occupati sono 2,4 milioni, oltre un decimo del totale. Gli effetti della crisi si sono fatti sentire anche tra gli stranieri: i flussi d’ingresso di nuovi lavoratori sono notevolmente diminuiti. Nel 2013, i visti rilasciati per soggiorni superiori a novanta giorni sono stati 169.055; attualmente sono gli ingressi per ricongiungimento familiare a determinare la crescita della popolazione straniera (76.164) e le nuove nascite (77.705).
La condizione dei minori
I minori stranieri presenti in Italia sono oltre 1 milione, di cui 925.569 quelli con cittadinanza non comunitaria. Secondo i dati dell’Istat costituirebbero il 23,9 percento dei cittadini non comunitari regolarmente soggiornati in Italia alla fine del 2013. Marocco, Albania e Cina sono i tre principali paesi di provenienza dei minori, seguiti a notevole distanza da Egitto e India.
Nell’a.a. 2013/2014 sono 802.785 gli stranieri iscritti a scuola, il 9 percento degli iscritti totali. I minori stranieri residenti in Italia si trovano in una posizione difficile per quanto riguarda l’esercizio dei diritti fondamentali. Se infatti, diversamente da quanto avviene per gli adulti, non possono essere espulsi, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi, più complessa è la questione del permesso di soggiorno e in seguito dell’acquisizione della cittadinanza.
Le seconde generazioni: a quando una legge sulla cittadinanza?
Tali elementi rendono la parità tra i minori stranieri e gli italiani ancora lontana da raggiungere, divario che diviene ancora più marcato con il compimento dei diciotto anni. A questo punto infatti il permesso di soggiorno può essere rinnovato per motivi familiari, di studio o di lavoro, ma con una maggiore discrezionalità da parte delle questure che possono richiedere verifiche delle effettive condizioni familiari o della capacità di mantenersi. Alcune modifiche relative alla durata del permesso di soggiorno, sono state introdotte dall’art. 9 del d.l. 104/13, convertito in legge 128/13.
Diverso è il discorso per quanto riguarda l’acquisizione della cittadinanza da parte delle seconde generazioni. Al momento infatti, l’acquisizione della cittadinanza è regolata dalla legge n.91 del 1992 che contiene uno degli esempi più stringenti di applicazione dello ius sanguinis, come è proprio di un paese la cui storia è stata segnata da forti ondate di emigrazione.
Arroccamenti ideologici hanno finora impedito di introdurre una modifica della legge per quanto riguarda l’acquisizione della cittadinanza da parte delle seconde generazione, vale a dire di quei ragazzi nati in Italia o che sono arrivati a seguito dei loro genitori in tenera età .
Cittadini italiani di fatto, perché spesso non hanno maturato un senso di appartenenza ad un altro paese, non lo sono di diritto. Alcune modifiche introdotte dal cosiddetto ” Decreto del Fare ” (d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge n. 98 del 2013, unite alle aperture dell’attuale governo, sembrano segnare un nuovo percorso che troverebbe una degna conclusione in una legge sulla cittadinanza che sia rispondente al mutato scenario italiano e internazionale.
Discriminazioni e tendenze xenofobe
L’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali ha registrato un aumento delle segnalazioni dei casi di discriminazione e xenofobia, nell’incremento dei quali sembrano svolgere un ruolo rilevante i mezzi di comunicazione. Il web è pieno di istigazioni all’odio razziale, agevolate dall’anonimato, che utilizzano un linguaggio stereotipato e stigmatizzante nei confronti degli stranieri. I mezzi di comunicazione non sono esenti da responsabilità ogni volta che non aiutano a fare chiarezza sul fenomeno, stimolando reazioni emotive che alimentano senso di pericolo e chiusure. Il linguaggio dell’emergenza – sbarchi, ondate, clandestini – non permette di guardare ai processi migratori come a un dato strutturale della società italiana, capace di ridefinire le forme della convivenza civile. Lo sviluppo di un paese dipende anche da questi fattori e da come saprà individuare percorsi di integrazione e condivisione.
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