In Italia a giugno 2014 più del 40% delle imprese avviate nel 2010 hanno cessato la loro attività a causa dell’abitudine sempre più diffusa di acquistare beni e servizi online, dei costi elevati di avvio e gestione delle attività commerciali, dello spostamento dei consumi verso la grande distribuzione, facendo sìche i i centri storici delle città italiane vengano progressivamente abbandonati.
Pop UpLab nasce per rianimare quei fondi commerciali lasciati inutilizzati dando la possibilità a cittadini, associazioni, aspiranti imprenditori, artisti di realizzare progetti che rianimino il centro delle città , luogo di riferimento per la vita cittadina. L’obiettivo di Pop UpLab è quello di trovare modelli di utilizzo dei fondi commerciali sfitti che promuovano nuove forme di collaborazione creativa tra cittadini, privati e amministrazioni: gestione condivisa, temporary store, coworking, fablab.
Abbiamo intervistato Cristian Pardossi ideatore dell’iniziativa Pop UpLab.
Com’è nata l’idea di Pop UpLab?
L’idea è nata nel contesto di un dibattito attorno alla crisi che ormai da tempo colpisce i centri storici dei comuni medio-piccoli, svuotandoli delle loro funzioni principali. Uno dei simboli di questa crisi è la saracinesca abbassata: abbiamo pensato dunque che coinvolgere cittadini, associazioni e soggetti economici in un progetto che puntasse a riaprire e riempire anche temporaneamente quei fondi sfitti potesse rappresentare un modo per cominciare ad invertire una tendenza che altrimenti sembra inarrestabile. Di fronte a quei fondi sfitti ci siamo chiesti: e se li prendessimo e li mettessimo gratuitamente a disposizione di chi ha una idea originale per riaprirli? E cosìè nato Pop UpLab.
In che modo dare la possibilità ai cittadini di proporre attività che rianimino i fondi commerciali sfitti dei centri cittadini per iniziative lampo di tre giorni può influire positivamente sulle economie locali dei comuni coinvolti e come, più in generale, può promuovere un nuovo concetto di cittadinanza attiva?
L’obiettivo è duplice: da una parte provare a rimettere in connessione domanda e offerta di fondi, dall’altra stimolare e supportare pratiche innovative e creative per riutilizzare gli spazi vuoti delle nostre città valorizzando non solo la componente economica ma anche la dimensione comunitaria che tali processi possono re-innescare e che per noi sono altrettanto fondamentali per il rilancio delle città . Quei tre giorni sono solo “un assaggio” di quello che possono diventare i nostri centri storici. Noi crediamo che serva ad invertire una tendenza, dimostrando che i nostri centri possono essere riusati in varia maniera creando economia e senso di comunità . Con uno sguardo di lungo periodo che sappia andare oltre alla dimensione occasionale di tante iniziative che ormai vengono fatte in molti centri (dai mercatini alle notti bianche): noi cerchiamo qualcosa di più sistematico, e crediamo che Pop UpLab possa essere l’innesco giusto per avviare questo processo.
Pop UpLab è finanziato dall’Autorità regionale per la partecipazione e ha il patrocinio dell’Assessorato regionale alla presidenza, alla partecipazione e al commercio, nonché dell’Assessorato regionale alla cultura e al commercio della regione Toscana. Come sono nate queste sinergie con l’amministrazione regionale?
E’ stata la Regione ad interessarsi al progetto. La prima esperienza svolta a Castelfranco di Sotto aveva il patrocinio della Regione toscana, che si é subito dimostrata interessata a supportare anche economicamente il progetto in altri comuni della Toscana, condividendone l’impianto e gli obiettivi. Questo interessamento e coinvolgimento diretto, oltre a farci piacere, costituisce un elemento strategico perché testimonia l’attenzione e la disponibilità della Regione su un tema cosìimportante e complesso come il rilancio dei nostri centri storici.
L’assessore ai sistemi informativi e alla partecipazione Vittorio Bugli ha affermato: “la Toscana è da più parti indicata come uno dei più significativi laboratori di innovazione istituzionale ” . Concorda?
La Regione Toscana ha fatto e sta facendo molto in questi anni per promuovere pratiche innovative di coinvolgimento delle comunità nei processi decisionali e nelle politiche pubbliche. Basti ricordare la regionale legge 69/2007 e la legge 46/2013 per la promozione della partecipazione che ha da poco una nuova Autorità regionale e che sta promuovendo questo progetto come buona pratica a livello toscano. E soprattutto il portale Open Toscana, una piattaforma del tutto innovativa e unica nel suo genere pensata dalla Regione per mettere il digitale al servizio delle comunità e accorciare le distanze tra i cittadini e la pubblica amministrazione.
Il bacino dei destinatari a cui è rivolta la call for ideas Pop UpLab è molto vario: associazioni, gruppi informali, imprese, artigiani, aspiranti imprenditori, artisti, cittadini singoli, sia italiani sia stranieri e non necessariamente residenti nei comuni coinvolti nella tre giorni Pop UpLab. La vostra iniziativa ha attirato l’interesse di altre regioni italiane?
La prima esperienza di Pop UpLab ha attirato idee e progetti da tutta Italia: da Palermo a Bologna alle Marche. Prova del fatto che l’approccio convince aldilà della dimensione puramente territoriale e che risponde ad esigenze sentite in tutto il paese.
Per il lancio del progetto la scelta è ricaduta su Castelfranco di Sotto per qualche ragione in particolare?
Il progetto è nato nel contesto del mio impegno istituzionale a Castelfranco di Sotto, dove fino al Maggio scorso e per dieci anni sono stato assessore. Ricoprendo la delega all’urbanistica, alla partecipazione e al centro storico, mi sono molto dedicato a questi tre temi cercando di farlo in un’ottica di sistema integrato di politiche pubbliche. Ho sperimentato processi di democrazia deliberativa su temi spinosi e importanti, tra cui la pianificazione urbanistica e lo stesso progetto per il centro storico. Il progetto nasce in questo contesto: stavamo approvando il nuovo regolamento urbanistico che conteneva norme per facilitare il recupero e riuso degli spazi del centro, e con Pop UpLab volevamo da subito favorire un modo innovativo, partecipato e alternativo di sperimentare le pratiche di riuso degli spazi.
L’esperimento di Castelfranco di Sotto può dirsi più che riuscito: più di 50 progetti e oltre trenta fondi commerciali nel centro riaperti al pubblico per tre giorni con negozi temporanei, laboratori e creazioni di designer emergenti da tutta Italia. Si è verificata qualche criticità che bisogna evitare di ripetere nelle prossime iniziative Pop UpLab?
Come tutti i progetti sperimentali, bisogna sempre cercare di migliorare e affinare qualcosa. Allora partivamo da zero, non c’erano esperienze simili a cui guardare. Non sapevamo neppure come sarebbe andata la call o la tre giorni di apertura iniziale. A Castelfranco il progetto è riuscito, sia in termini di partecipazione, di fondi “rianimati” e di risposta della popolazione. Quello che forse è mancato fino ad ora è la seconda parte di attuazione del progetto, e cioè quella che prevedeva un impegno dell’amministrazione – una volta terminata la fase sperimentale in cui i fondi erano in disponibilità della stessa – nell’accompagnamento, agevolazione e facilitazione nei confronti di coloro che avessero dimostrato interesse a insediarsi stabilmente in un fondo del centro storico. Avendo terminato il mio mandato non me ne occupo più direttamente ma sono convinto che sia comunque una priorità anche della nuova amministrazione che si è insediata da pochi mesi. Per parte mia, con l’associazione Pop Up provo a portare questo progetto in altri Comuni interessati, cercando di potenziare e migliorare il progetto, sottolineando l’importanza e il carattere strategico anche di questa seconda fase, di cui il progetto si occuperà attraverso la restituzione alla Regione Toscana di una relazione sui principali ostacoli e sulle proposte di policy per rilanciare i centri storici. La presenza della Regione Toscana come promotrice del progetto rappresenta in questo senso un elemento che conferisce ulteriore carattere strategico al progetto e alle azioni intraprese.
Dopo l’esperienza di Castelfranco di Sotto, altri cinque comuni toscani hanno creduto nel progetto Pop UpLab. Quante proposte avete ricevuto sinora per sfruttare i fondi commerciali sfitti messi a disposizione dai privati in queste località ? Siete soddisfatti?
Le proposte che abbiamo ricevuto ad oggi sono molte cosìcome le manifestazioni di interesse e le richieste di avere maggiori informazioni. Ma la call for ideas è ancora aperta (c’è tempo fino al 7 novembre) e ci aspettiamo che in questi ultimi giorni i numeri salgano ancora. Insomma, siamo soddisfatti ma non ci vogliamo fermare qui.
Come si compone la commissione Pop UpLab adibita alla valutazione dei progetti da realizzare durante le iniziative?
La valutazione sarà effettuata da componenti delle amministrazioni coinvolte, dell’associazione Pop Up e dai soggetti partner che come noi stanno collaborando alla riuscita di questa iniziativa. Tra questi senz’altro l’INU, che è partner ufficiale del nostro progetto e ha dimostrato sin da subito attenzione ad esso, e l’associazione RENA, che ha riconosciuto le affinità di questo progetto con i suoi obiettivi di cambiamento sociale e ci sta aiutando a promuoverlo e a veicolarlo.
Quali parole sceglierebbe per fare un appello ai cittadini che avrebbero un’idea ma che non si sono ancora decisi a sottoporvela?
Pop up è una vera e propria Start up a cielo aperto. Un’occasione per tutti coloro che hanno un’idea, un progetto e non hanno mai trovato l’occasione o il coraggio di sperimentarlo. Cerchiamo progetti non solo commerciali. E’ l’idea stessa di città e di comunità che è in ballo in questo progetto. In Europa si stanno diffondendo pratiche di riuso anche temporaneo degli spazi. Anche l’Italia deve fare la sua parte e Pop UpLab rappresenta un’occasione da non perdere. Cerchiamo progetti innovativi e creativi che ci aiutino a ripensare il modo di vivere, fare comunità e creare occasioni di lavoro nelle nostre belle città .
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