E i comuni coinvolti guardano al regolamento per i beni comuni

"L'auspicio è che queste esperienze, supportate da politiche pubbliche lungimiranti, possano moltiplicarsi, fronteggiando in maniera innovativa il tema della necessaria rigenerazione delle nostre città "

Coworking, imprenditorialità  giovanile, arte, sperimentazione, design, artigianato, laboratori, riciclo, sostenibilità  ambientale, rigenerazione urbana, fablab, progettazione e sviluppo. Questo e tanto altro è quello che si propone di sostenere e incentivare l’associazione Pop Up con le tre giorni Pop Up Lab, occasioni fruttuose per chi cerca visibilità  per il proprio progetto imprenditoriale e chi ha un fondo sfitto che non riesce a riaprire.
Sempre più spesso le attività  commerciali situate nei centri storici delle città  italiane sono costrette a chiudere. Il danno non è solo economico e la causa di questa tendenza non è da ricercarsi esclusivamente nella crisi che il nostro paese sta attraversando. I centri delle città  cessano cosìdi essere luoghi di incontro e scambio, la comunità  perde un punto di riferimento e gli stili di vita cambiano. Pop Up Lab cerca una soluzione a tutto questo,  rivitalizzando il commercio locale  con nuove pratiche di business, come i  temporary stores,  e proponendo occasioni di confronto tra progetti e imprenditori dissimili.
La regione Toscana ha creduto nel progetto con entusiasmo e, al momento, sono stati stanziati 60mila euro per i cinque comuni interessati dai Pop Up Lab. L’assessore Vittorio Bugli ha affermato a riguardo: ” La regione ha finanziato il progetto perché vorremmo estenderlo a tutto il territorio nazionale, in sinergia con politiche attive rivolte ai giovani imprenditori ” .
In occasione del  Workshop sui modelli di cogestione dei beni comuni organizzato durante la tre giorni ad Empoli, l’assessore empolese Antonio Ponzo Pellegrini delinea cosìil processo evolutivo di cui Pop Up Lab è un’espressione: ” La sfida sta proprio nel concepire un modello di governance alternativo a quello che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni: una modalità  più flessibile e meno gerarchica, più collaborativa e ” orizzontale ” , che sappia dotarsi degli strumenti amministrativi e giuridici necessari per facilitare la sperimentazione di progetti innovativi come questi e la loro trasformazione in pratiche comuni ” . Il regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni è uno degli strumenti amministrativi in grado di rivoluzionare il modo di essere amministratori e cittadini. E questo non è sfuggito ai comuni coinvolti nell’iniziativa Pop Up Lab, che si sono detti interessati ad adottare tale regolamento.
Abbiamo chiesto alla vicepresidentessa dell’associazione Pop Up Lorenza Soldani di scattare un’istantanea di questa esperienza condotta in vari comuni toscani.

Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, il percorso dei Pop Up Lab lo conferma: dopo l’esperienza pilota di Castelfranco di Sotto, le tre giorni organizzate a Campi Bisenzio ed Empoli hanno registrato un’affluenza e una partecipazione ancora più  
incoraggianti.
Ci dice quali elementi hanno concorso al successo delle sei giornate Pop Up Lab nei due comuni?
Sicuramente ha contribuito essere all’interno di una cornice regionale che ci ha permesso e ci sta permettendo anche in questa seconda tranche di Pop Up 2015, di sperimentare modalità  e approcci diversi nei vari Comuni.
L’obiettivo infatti non è solo quello di far riaprire temporaneamente (e magari per un periodo più lungo) gli spazi vuoti con progetti ed attività  innovative e creative, ma è soprattutto quello di lavorare con i Comuni che stanno partecipando a questa sperimentazione insieme alla Regione per definire delle linee guida e delle raccomandazioni che aiutino a sviluppare politiche di riqualificazione dei centri urbani.
Hanno comunque contribuito l’entusiasmo dei Comuni e dei Popuppers che si sono messi in gioco e hanno cercato di adeguare le proprie proposte e attività  creative a seconda del contesto che trovavano.

Il fondo sfitto viene messo a disposizione dal proprietario per l’allestimento del temporary store in occasione della tre giorni Pop Up Lab e per tutto il mese successivo senza che gli venga corrisposto un affitto.  Ad Empoli su 18 fondi rianimati, 4 sono diventati la sede definitiva per le attività  commerciali che vi si erano installate temporaneamente.
Perché il proprietario di un fondo sfitto dovrebbe essere interessato a mettersi in gioco con Pop Up Lab?
Sono sempre di più i fondi che rimangono sfitti per anni. Senza manutenzione e adeguamenti (ad esempio la certificazione energetica necessaria per affittare o vendere un fondo) rischiano di rimanere chiusi e diventare un peso sempre più grande per i proprietari. Pop Up vuole essere un’occasione per tutti, anche per chi con un fondo può contribuire alla ” riapertura della città  ” e contribuire a dare indicazioni per facilitare la nascita di nuove forme di riqualificazione e rilancio del centri urbani.

Il prossimo appuntamento Pop Up Lab si terrà  a Quarrata (PT) e la Call For Ideas scade il 6 febbraio 2015.
Come sta procedendo la ricerca di realtà  commerciali e proprietari di fondi sfitti per i temporary store?  C’è maggior affluenza di imprenditori dalla Toscana o da altri regioni d’Italia?
Quarrata sarà  una scommessa ancora più grande perché la tipologia di fondi è molto particolare, si tratta delle mostre dei mobilifici e quindi le superfici sono molto grandi. Sarà  ancora più necessario un lavoro di confronto e di costruzione condivisa degli obiettivi.
La maggior parte dei partecipanti, inoltre, viene dalla Toscana e noi ci teniamo che ci sia una buona percentuale che proviene dall’area in cui si organizza Pop Up. Questo favorisce una maggiore possibilità  che l’attività  rimanga sul territorio.

Un interessante articolo del professor Stefano Micelli  descrive le differenze tra ” makers ” e ” artigiani ” e le difficoltà  di comunicazione che a volte si riscontrano tra le due categorie: gli uni orientati alle tecnologie, in aperto dialogo con potenziali concorrenti e acquirenti tramite i social media, votati al riciclo e al riutilizzo, gli altri più legati ad una tradizione di alta formazione, non desiderosi di condividere il proprio know how, radicati maggiormente nel contesto locale di origine e restii al moderno.
Ha avuto modo di constatare queste due ” anime ” dell’artigianato durante i Pop Up Lab che si sono succeduti?
Più in generale, è stato difficile far convivere imprenditori di diversa natura e con differenti esigenze negli stessi spazi?
Cercare di abbinare progetti che possano completarsi è una delle nostre maggiori scommesse. Quando un ” vecchio ” artigiano inizia ad interessarsi di nuove tecnologie è una conquista perché è più frequente che i ” nuovi ” makers abbiano voglia di imparare tecniche tradizionali.
Mettere insieme progetti e attività  diverse non è solo un modo per usare al meglio i fondi che vengono offerti dai privati e che spesso sono pochi rispetto alle proposte che riceviamo, è anche un’opportunità  di contaminazione positiva.

Sempre ad Empoli, durante la tre giorni Pop Up Lab, è stata allestita la mostra #Community, che presenta la rigenerazione urbana come una rigenerazione di relazioni.
Pensa che il Regolamento per i beni comuni e, in generale, un’amministrazione condivisa dei beni comuni tra cittadini e governi locali potrebbero essere occasioni per rigenerare relazioni come lo sono i Pop Up Lab?
Partendo dal coinvolgimento e dal confronto, anche quando si trattano argomenti all’apparenza più tecnici come i piani urbanistici, si arriva sempre a lavorare  sulle relazioni e la rigenerazione del tessuto sociale e culturale di un luogo.
Noi crediamo molto che, sempre insieme alle Istituzioni, si possa fare un percorso importante di co-progettazione di un nuovo modello di gestione dei beni comuni.

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