Serviranno anni per ricostruire il patrimonio verde della città , iniziando dai parchi ormai devastati dell’Anconella e dell’Albereta, spazi importanti per la cittadinanza. Proprio quest’ultima, nelle vesti di istituzioni e volontari, ha messo in moto una catena di solidarietà riconosciuta anche dal Sindaco, Dario Nardella, che attraverso un tweet ringrazia anche i migranti all’opera.
Un’ammirevole iniziativa di rigenerazione urbana, occasione per ragazzi rifugiati e richiedenti asilo di “poter dimostrare la propria gratitudine nei confronti di una città che li sta accogliendo”, come afferma Andrea Ricotti, direttore e coordinatore del centro di accoglienza di Via Slataper, di cui riportiamo l’intervista che ci ha rilasciato.
Tre assi per tre tipologie di utenze: tra difficoltà e potenzialità
Potrebbe fornirci una breve presentazione del centro di accoglienza di Via Slataper?
Il centro è nato da un mese e mezzo e si trova in una zona periferica della città , nel quartiere Rifredi. Lo stabile, occupato fino ad un anno e mezzo fa e successivamente sgomberato per motivi sanitari, è stato da noi completamente trasformato. Oggi la struttura mette a disposizione degli ospiti alloggi e ambienti comuni, disposti sui vari piani, nei quali poter cucinare e mangiare. Offriamo, inoltre, corsi di formazione per imparare l’italiano e la possibilità di esser coinvolti in progetti di natura sociale.
Chi sono i vostri ospiti?
Nel centro di accoglienza agiamo principalmente su tre assi, accogliendo tre tipologie di utenze:
– adulti che versano in condizioni di marginalità
– nuclei familiari con minori, che hanno subìto uno sfratto o che, vivendo in occupazione, sono stati soggetti a sgomberi
– rifugiati e richiedenti asilo
Lavoriamo con i canonici centri di accoglienza all’interno dello SPRAR fiorentino (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e con il PACI, centro polifunzionale per richiedenti asilo e rifugiati, con cui collaboriamo dal 2010. L’idea alla base è stata quella di creare sìun centro d’accoglienza, ma che fosse anche un punto d’incontro e confronto tra diverse realtà . Spesso in Italia ci si concentra su una singola tematica e penso che questo tenda, in molti casi, all’isolamento. Nel nostro centro riteniamo fondamentale alimentare la crescita delle persone, attraverso un confronto con la diversità , che porta alla conoscenza e al cambiamento. La nostra sfida pertanto è stata quella di creare un luogo in cui ci fossero aree condivise, in cui promuovere attività più o meno quotidiane di incontro, durante le quali le varie tipologie di persone potessero entrare in relazione. Per noi questo è allo stesso tempo elemento di difficoltà e forte potenzialità .
Sconcerto, entusiasmo, gratitudine
In questi giorni i ragazzi del suo centro hanno collaborato al fianco di Istituzioni e altri volontari nella rigenerazione delle zone più colpite dal nubifragio. Da chi è partita l’iniziativa e in che modo è stata presa la decisione di coinvolgerli?
Il Comune si è trovato in seria difficoltà nella gestione di una delle arterie principali della città di Firenze. La caduta degli alberi ha provocato danni sia nelle aree verdi, che lungo strade. Tra sabato e domenica, dopo aver realizzato l’entità dei danni, ci hanno contattato dagli uffici comunali, chiedendo se ci fossero migranti disposti ad offrire il loro aiuto. E’ stata una richiesta semplice e diretta, cui è seguita una breve riunione all’interno del centro, durante la quale abbiamo parlato con i trenta profughi attualmente ospitati, che si sono resi disponibili all’unanimità . Si tratta di giovani provenienti da Pakistan, Bangladesh, Gambia, Senegal, Mali, Togo, la cui età si aggira dai diciannove ai ventisette anni.
La domenica pomeriggio siamo arrivati sul posto come mediatori, coinvolgendo i ragazzi nella rimozione dei numerosi alberi caduti a terra e nello spostamento di rami e fogliame ai lati delle strade.
Qual è stata la loro reazione?
Credo che da parte loro ci sia stata la combinazione di due reazioni. Hanno sicuramente accolto la possibilità di poter fare qualcosa con entusiasmo, perché nell’attesa di ricevere i documenti, come richiedenti asilo, non possono cercare lavoro o intraprendere percorsi di formazione e, dunque, vivono una condizione di poca mobilità , limitandosi solamente ad imparare l’italiano. Molti di loro sono arrivati in Italia un mese fa e hanno ancora difficoltà nell’orientarsi in città . La tendenza generale è, quindi, quella di rimanere all’interno del centro di accoglienza, uscendo solo per piccoli spostamenti, come per andare in Questura e in Prefettura per i documenti, alla Asl o al supermercato per fare la spesa. Dall’altra parte i ragazzi ci hanno confidato che non si aspettavano che il loro operato avesse una tale risonanza mediatica, ma una volta superato lo sconcerto, hanno realizzato di poter dimostrare la propria gratitudine nei confronti di una città che li sta accogliendo.
Ragazzi in attesa di conoscere il proprio destino, di capire se potranno rimanere in Italia e lavorare, superando un’immobilità non scelta e che, spesso, viene scambiata per negligenza. Giovanissimi che, nel momento in cui sono entrati nel centro di accoglienza di Via Slataper, hanno destato diffidenza e preoccupazione nel vicinato, ma che oggi, proprio da quest’ultimo ricevono donazioni di oggetti di uso quotidiano e aiuto volontario.
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