Giova premettere che, da un punto di vista sostanziale, l’omessa disposizione di cui all’art. 22 del Regolamento di Bologna appare inidonea a caratterizzare la disciplina regolamentare di Ostuni rispetto alle discipline regolamentari sull’amministrazione condivisa, adottate fino ad ora, dalle altre amministrazioni locali. In effetti, ciò non stupisce, se si tiene conto della marginalità dell’intervento di modifica, che lascia inalterato il quadro giuridico generale, già prefigurato nell’archetipo bolognese. Allo stesso tempo, però, non ci si sente di escludere che tale omissione possa ingenerare delle spiacevoli conseguenze di tipo pratico, concernenti, in particolare, la compromissione dell’autonomia civica dei cittadini attivi, che, a norma dell’art. 3, co. 1, lett. i), costituisce un “principio generale” del Regolamento, a cui si ispira la collaborazione tra cittadini e amministrazione.
Dei quattro commi dell’art. 22, il primo rappresenta, certamente, il più importante e denso di implicazioni rispetto alle altre disposizioni presenti nel Regolamento. La norma di cui all’art. 22, co. 1, in sostanza, impone al comune la fornitura dei dispositivi di protezione individuale e, nei limiti delle risorse disponibili, beni strumentali e materiali di consumo, necessari allo svolgimento delle attività di cura e/o rigenerazione dei beni comuni urbani. Si tratta, quindi, di una “forma di sostegno” – come suggerisce, peraltro lo stesso capo VI, del Regolamento – all’autonoma iniziativa dei cittadini (attivi), che garantisce loro l’esercizio effettivo dei propri diritti-doveri civici e con cui il comune assume, in via ordinaria, l’impegno di collaborare, in vista degli obiettivi comuni.
La norma, che si applica in generale alle differenti attività di cura e/o rigenerazione dei beni comuni, assume, inoltre, una specifica rilevanza nei casi di “interventi di cura occasionali”, per i quali, data la modesta entità dell’intervento, è prevista la semplificazione dell’iter procedurale, a norma dell’art. 10, co. 4. In tali circostanze, infatti, non è necessaria la sottoscrizione del patto di collaborazione (vd. l’art. 12, co. 1) e i cittadini possono avvalersi del sostegno comunale, che si concreta, a norma dell’art. 28, del Regolamento di Ostuni (ovvero art. 29, del Regolamento di Bologna), nella pre-disposizione di ipotesi di collaborazione tipiche, funzionali ad una più celere, efficace ed efficiente azione amministrativa.
Ora, è indubbio che le incombenze imputabili al comune, riguardanti la fornitura dei dispositivi di protezione individuale, beni strumentali e materiali di consumo, possano essere agevolmente assolte anche “al di fuori” dei dettami dell'(omesso) art. 22: basti pensare alla prescrizione che impone al comune di concorrere “nei limiti delle risorse disponibili, alla copertura dei costi sostenuti per lo svolgimento delle azioni di cura o di rigenerazione dei beni comuni urbani” oppure a quella che riconosce ai cittadini attivi la possibilità di ottenere un rimborso per i costi da loro sostenuti (vd. quanto disposto dagli artt. 23, co. 1 e 6, lett. a), del Regolamento di Ostuni e 24, co. 1 e 6, lett. a), del Regolamento di Bologna).
É anche vero, tuttavia, che ciò implicherebbe una costante e reiterata valutazione di opportunità da parte del comune, da effettuare caso per caso, che, quanto meno in relazione agli interventi di cura occasionale di cui all’art. 12, appare inopportuna e non in linea con lo spirito collaborativo – tra i cittadini e l’amministrazione – propugnato nel Regolamento. Si tenga presente, inoltre, che, in questi casi, vi sarebbe la possibilità di un ulteriore aggravio procedurale, derivante dalla reiterata valutazione di adeguatezza dei dispositivi di protezione individuale, per la prevenzione dei rischi, che, invece, potrebbe essere scongiurata attraverso una complessiva valutazione ex ante, da parte del comune, afferente le ipotesi di collaborazione tipiche previste nell’art. 28.
Per queste ragioni e al fine di fugare qualsiasi dubbio interpretativo inerente il Regolamento, dal quale possa derivare una limitazione dell’autonomia civica dei cittadini, pare, dunque, auspicabile riconoscere espressamente quanto disposto dall’art. 22, del Regolamento di Bologna, sulla scorta dell’esempio seguito da tante altre amministrazioni locali.
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