Una nuova realtà culturale, scientifica e non solo sta per nascere nella città di San Nicola. Una come tante, si potrebbe pensare: in realtà possiede una caratteristica che scardina qualsiasi opinione quotidiana sulla cultura. Quasi la capovolge.
La prima scuola Open Source nasce a Bari: figlia di XYLAB, progetto nato dal programma “Laboratori dal basso” promosso dalla regione Puglia, è un hackerspace (quelli buoni!), allo stesso tempo un FabLab e un centro di promozione del riuso. Insomma, un luogo dedicato all’innovazione e alla conoscenza e dove ricerca e didattica si incontrano e si “rielaborano” a vicenda, in vero senso open.
Come nasce una scuola Open Source?
L’innovazione è sempre sociale, altrimenti è speculazione sull’ignoranza degli altri. In questo slogan è racchiuso tutto il senso della scuola che sta nascendo in Puglia. Sembra ricordare il filosofico scontro tra stoici ed epicurei. La vita, la conoscenza possiederebbero già una logica, basta scoprirla. Oppure, la conoscenza è possibile soltanto tramite l’esperienza. In questo scontro, la logica open source potrebbe collocarsi tra i primi ma anche tra i secondi. Non è trasversale, sia chiaro, ma capovolge completamente lo stesso concetto di conoscenza.
E’ una risposta all’emergente domanda di cambiamento dei processi educativi, quasi alla Pink Floyd in Another brick in the wall, data da FF3300, lo studio di design nonché soggetto proponente della scuola Open Source barese.
Loro amano chiamarla, quasi parafrasando gli istituti secondari, “Istituto Didattico, Centro di Ricerca e Consulenza, Artistica e Tecnologica, per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato (digitale e non)”: un luogo, dunque, uno spazio fisico e sociale dove potranno incontrarsi hackers, artigiani digitali, maker, artisti, designer, programmatori ma anche attori del panorama sociale, culturale, politico e della pubblica amministrazione.
Come funziona una scuola Open Source?
La scuola ideata da FF3300, in collaborazione con Barimakers, 3D NEST e SocialK, sembra voglia ispirarsi e allo stesso tempo sfidare la scuola di Bauhaus degli anni Venti, la fabbrica di Adriano Olivetti e la comunità di Roycroft. Il trait d’union tra queste tre esperienze storiche e la neonata scuola è la semplice constatazione che è necessario un nuovo approccio all’educazione, che scardini e smuova la staticità dei sistemi attuali. Ma non per contrapporsi, anzi. Proprio come fece Olivetti nel sistema industriale, Bauhaus nel design e nell’architettura. Un nuovo modo di pensare e agire nella e sulla conoscenza: la metodologia utilizzata dai makers baresi consiste nel ruolo attivo dei partecipanti-studenti affianco ai docenti e ai tutor su progetti di ricerca, condividendo conoscenza e competenze, per rendere più efficienti segmenti produttivi già esistenti, abbassando i costi di produzione, stimolando l’autoproduzione come forma di auto-imprenditorialità e sviluppando capacità progettuali ibride, frutto della contaminazione fra diverse professioni.
Tutto questo all’interno di una comunità di persone, di esperienze e di idee: la condivisione di spazio, conoscenza e valori provoca un osmosi di esperienze e competenze che aumenta il valore di tutti i protagonisti del processo conoscitivo.
La partecipazione al bando di CheFare.com
La certificazione di innovatività all’idea dei giovani makers baresi arriva dal bando organizzato da CheFare, associazione no-profit creata da un gruppo di attivisti che indagano sulle trasformazioni nei processi di diffusione della cultura, che assegnerà 150mila euro a fondo perduto al vincitore.
Il progetto della scuola Open Source (stilato in maniera assolutamente open) ha superato il primo step che ha selezionato 40 progetti su 700 proposti e decreterà il vincitore attraverso la votazione indetta nel web.La votazione si è conclusa pochi giorni fa e a breve verranno pubblicati i risultati: a prescindere dal risultato del bando, l’onda della nuova scuola di Bari sta sorprendendo davvero tutti.
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