In un clima di entusiasmo e proattività , nella giornata di martedìpiù di cento partecipanti tra operatori del Terzo Settore, funzionari pubblici, giornalisti e professionisti hanno raggiunto l’Istituto Luigi Sturzo per assistere alla presentazione ufficiale della SIBEC, la Scuola Italiana dei Beni Comuni. E’ intervenuta fra gli altri anche Nicole Alix del Credit Coopèratif Franà§ais, che ha espresso la sua ammirazione per il lavoro che da anni soggetti come Labsus conducono sul territorio nazionale.
Riportiamo qui di seguito il report della mattinata del 15 dicembre in cui si sono delineate le linee metodologiche sulla base delle quali il progetto SIBEC è stato concepito e la struttura che si pensa di dare alla Scuola per i primi quattro moduli che saranno proposti nel 2016, comunque non esaustivi di tutto quello che la SIBEC offrirà . Maggiori informazioni sono reperibili sul sito della Scuola.
Gregorio Arena: “Non ci si improvvisa cittadini attivi, necessaria formazione”
C’è un motivo per cui il tema dei beni comuni e della loro cura suscita non solo interesse, ma vera e propria empatia. Se ci pensate, non dovrebbe esserci bisogno di formare sulla cura dei beni; come per i beni pubblici e privati, è il relativo proprietario che si occupa di tutelarli e preservarli. Ma i beni comuni non hanno proprietari, sono di tutti. E l’egoismo dei fruitori di questi ultimi li condanna all’usura e al degrado, per cui se non ce ne si prende cura, complici incuria e abbandono, finiscono ben presto irreparabilmente danneggiati. Assistiamo quindi ad una scissione tra proprietà e uso, tra beni pubblici/privati e beni comuni.
Un’altra scissione che si può prendere in considerazione è quella tra appartenenza e cura che il volontariato riesce a superare. Infatti i volontari si prendono cura di coloro che necessitano assistenza pur non avendo nessun legame familiare con questi ultimi. E come i volontari, anche i cittadini attivi travalicano la scissione tra proprietà e uso, curandosi di preservare beni di cui non sono i diretti proprietari ma che vengono utilizzati da tutta la comunità . E il Regolamento di Labsus è stato lo strumento giuridico che ha permesso alle persone che volevano superare la scissione tra proprietà e uso di poterlo fare. C’è la dimostrazione concreta che è possibile eliminare queste scissioni facendo leva sul senso di responsabilità , nel senso etimologico del termine, che deriva dal verbo latino respondere, dare risposte: i cittadini attivi sono responsabili perché danno risposte. E’ vero che i cittadini attivi si occupano dei beni comuni perché vogliono vivere in città più accoglienti e ordinate, ma l’80% del loro operato è comunque imputabile all’altruismo che dimostrano mettendosi a servizio dell’interesse generale. Sono inoltre autonomi nell’attivarsi contro l’indifferenza, l’egoismo, la passività .
La crescita che sta conoscendo l’attenzione verso i beni comuni deve però far riflettere sul fatto che non ci si improvvisa cittadini attivi, che è sempre più necessaria e utile una formazione per la gestione condivisa dei beni comuni. L’obiettivo della SIBEC vuol essere, quindi, quello di formare persone capaci e sensibili nell’attivarsi per curare i beni comuni e amministratori che considerino i cittadini come portatori di risorse e di capacità e non solo di bisogni. Tutta l’Europa è costellata di relitti del Novecento: ex macelli, ex fabbriche… molteplici edifici che non hanno più una destinazione e che tendono al degrado; diventa cosìnecessario oggi più che mai formare all’interno delle nostre comunità locali figure professionali capaci di riqualificare e riportare in vita questi beni promuovendo attività economiche sostenibii, sempre nel rispetto della loro vocazione di interesse generale.
Gianluca Salvatori, Euricse: “I beni comuni non riguardano più spazi interstiziali lasciati dal privato”
Accanto al ruolo sempre più decisivo dei cittadini vi è quello delle imprese, in particolare delle imprese sociali. “Questo settore negli ultimi anni – ricorda Salvatori – ha conosciuto una crescita considerevole: dà occupazione a quasi un milione di addetti, serve quasi 6 milioni di utenti (in svariati settori come quello culturale) e sono circa 100 mila le organizzazioni attive sul territorio nazionale”. Questo avviene non solo perché sopperiscono a servizi non erogati dalle pubbliche amministrazioni, ma anche perché molte di queste iniziative nascono per rispondere a bisogni nuovi, a domande non ancora raccolte dalle istituzioni.
Se in molti casi negli ultimi 30 anni queste organizzazioni si sono mosse negli interstizi, in spazi residuali, ora si sviluppano in spazi sempre più importanti, che servono sempre più persone e che impattano maggiormente sul benessere della nostra società .
L’economia sociale che cresce è speculare al fatto che i beni comuni non riguardano più spazi interstiziali lasciati dal privato.
Ci è voluto molto tempo per liberarci da individualismi e campanilismi di cui è intrisa la cultura italiana, ma ora siamo costretti a riconoscere gli esiti negativi dell’abbandono di legami e strutture: uno dei problemi a cui la SIBEC si ripropone di trovare una soluzione è proprio quello dell’individualismo istituzionale odierno.
Anche se non viviamo una situazione altrettanto drastica e spiazzante, l’esperienza dell’architetto e urbanista Lerner, sindaco della città brasiliana di Curitiba, che ha identificato un paesaggio urbano senza connessioni e ha tentato di ricostruire un senso comunità , ci sprona a riconoscere che esiste l’esigenza di ripartire da interventi mirati su cui costruire una mitologia più lungimirante, un discorso onnicomprensivo. Come studiosi sappiamo che alimentando sperimentazioni locali, avremo molto materiale su cui fare ricerca. Non esisterebbe il progetto SIBEC se non ci fossero progetti di ricerca, la scuola quindi diventa uno spazio prezioso dove analizzare e fare ricerca.
Flaviano Zandonai, Euricse: “La partecipazione è legata anche al cambiamento di abitudini e consumi”
“Cresce la partecipazione civica nel nostro paese dopo una fase calante durata tre anni”, sottolinea Flaviano Zandonai che individua nella partecipazione sociale un meta-indice che in sé racchiude valide indicazioni anche riguardo l’andamento della partecipazione politica e del volontariato.
A questo dato si aggiunge anche il fatto che va ad affermarsi un nuovo paradigma economico, un nuovo modo di fare economia e socialità , un cambio strutturale del sistema e non solo un piccolo lifting che lascia l’assetto sostanzialmente invariato. “Dall’analisi del fare impresa oggi si nota che abbiamo smesso di pendolare tra impresa statale e impresa privata: tra i modelli che i nuovi imprenditori prediligono troviamo quello della cooperativa. Un potenziale importante da intercettare per la SIBEC”.
Tra i dati riportati da Zandonai per orientare l’operato futuro della SIBEC vi è anche quello relativo al censimento ISTAT del non profit risalente al 2011, a partire dal quale è possibile definire il peso che il tema dei beni comuni ha tra gli operatori del Terzo Settore. Infatti circa 17 mila delle organizzazioni che hanno accolto l’invito a partecipare al sondaggio ISTAT affermano di avere come mission esclusiva quella della rigenerazione dei beni collettivi.
Gianni Ferrero, Comune di Torino: “Contenuti formativi SIBEC come frutto di un patto di collaborazione”
“Il cambio di paradigma di cui parliamo sfida tutti a mettersi in discussione, prima tra tutti la Pubblica Amministrazione. Ma basta guardare i dati relativi al numero di Regolamenti adottati in svariati comuni italiani raccolti da Labsus nel suo Rapporto 2015 per capire che la sfida è stata accolta dalla PA“, sottolinea Ferrero.
Il ruolo della SIBEC deve essere dunque quello di sostituire il vecchio luogo comune che tutto ciò che riguarda la Pubblica Amministrazione è vecchio e inefficiente. Questa sfida aiuterà la PA a trovare una nuova legittimazione per il proprio ruolo.
Tre sono i punti che la Scuola secondo Ferrero deve affrontare:
1. La sfida del patto di collaborazione. Quando viene siglato tra PA e cittadini attivi, associazioni o rappresentanti del Terzo Settore, si deve come prima cosa affrontare lo scetticismo della domanda ” Perché proprio quell’associazione e non un’altra? ” . Il quadro normativo comunitario orienta in modo quasi esclusivo all’utilizzo del sistema concorrenziale di mercato come unico sistema possibile per individuare sul mercato l’erogatore di un servizio. La prima sfida su cui è importante concentrare ricerca e formazione è promuovere il dialogo collaborativo a discapito di quello competitivo, favorire un approccio inclusivo nella scelta di un collaboratore.
2. La responsabilità . Sulla base della mia esperienza, intendo la responsabilità in termini di sicurezza e pensando a situazioni che possono creare criticità . E’ uno dei principali ostacoli alla collaborazione tra PA e cittadini nella gestione dei beni comuni. Chi è il responsabile di quel bene, di quel che succede a quel bene?
3. Formazione alla complessità . Cittadini e PA devono imparare l’uno dall’altro, ad entrambi è chiesto di uscire da un paradigma consolidato per affrontarne un altro. Tra domanda e offerta formativa è necessario ci sia un intreccio: i formatori e gli studenti possono scambiarsi idee, prospettive, ruoli.
Produrre del materiale formativo e di ricerca è fondamentale, ma sarebbe interessante che l’istituzione formativa fosse sfidata dall’amministrazione condivisa e che i contenuti formativi fossero frutto di un “patto di collaborazione” tra formatori e portatori di un bisogno formativo.
Pierciro Galeone, IFEL – ANCI: “Ripensare la sfera pubblica, la sfida di SIBEC”
Il tema più importante per cui il contributo della SIBEC sarà decisivo è quello di capire come ripensare la sfera pubblica. C’è una sensazione di inadeguatezza che pervade l’amministrazione locale e che mette radici molto indietro nel tempo.
Emerge un problema di capacità di risposta a bisogni sociali cui sta ovviando in questi ultimi anni il fenomeno della social innovation. L’effetto immediato imputabile all’innovazione sociale si ha sul processo di risoluzione dei problemi: il modo di procedere non è più quello top down, dalle amministrazioni ai cittadini, ma bottom up. In questo nuovo approccio è il cittadino a proporre soluzioni in uno spirito di condivisione e collaborazione.
La partecipazione civica alla risoluzione di problemi collettivi è cresciuta a livello locale, nazionale e globale. Oggi il cittadino segnala un problema ma propone anche una soluzione e all’amministrazione pubblica.
Roberto Museo, CSVnet: “Quale direzione per il volontariato oggi?”
Nell’ambito della riforma del Terzo Settore il volontariato rischia oggi di rimanere soffocato tra l’istituzione della Benefit-Corporation prevista dalla legge di stabilità , l’espansione delle imprese sociali e i regolamenti comunali che inducono la PA a considerare i volontari come manovalanza a costo zero o i tappabuchi per tamponare situazioni che non riesce a gestire. La sfida è quindi quella di intercettare una tipologia di volontariato liquido che non rientra nelle categorie tradizionali con cui in Italia gli operatori del Terzo Settore e la PA si sono misurati sino ad ora.
Come CSVnet ci siamo prefissi l’obiettivo di tutelare il volontariato come luogo a disposizione dei cittadini dove incontrarsi, donare il proprio tempo, godere di questi laboratori di coesione sociale, soprattutto nelle periferie urbane, in risposta al bisogno di incontrarsi e ed di progettarsi delle associazioni. Secondo noi dovere della SIBEC è quello di custodire il bene comune più prezioso, il sapere della PA e del Terzo Settore per le generazioni a venire.
Aldo Patruno, Agenzia Demanio: ” La partecipazione dell’Agenzia del Demanio sarà concreta e contribuirà a disegnare la SIBEC ”
Oggi l’Agenzia del Demanio non si limita esclusivamente a lavorare sulla percentuale del rapporto tra deficit e PIL. La ricchezza, infatti, non è più solo quello che produciamo, ma ci sono elementi di impatto sociale che oggi entrano nella valutazione della qualità della vita dei cittadini rispetto ai quali i beni pubblici possono e devono svolgere un ruolo.
L’80% del patrimonio pubblico non ha alcun valore se consideriamo la compravendita di immobili a reddito, la logica di mercato non è funzionale al recupero e rivalorizzazione di questi beni comuni di cui i comuni sono proprietari. Dobbiamo assumere i principi dell’amministrazione condivisa per la gestione di questo patrimonio immobiliare pubblico per farlo divenire un bene comune.
In Italia sono presenti 1700 stazioni ferroviarie dismesse: con Anas stiamo per sottoscrivere un protocollo per il riutilizzo delle case cantoniere, e non solo per convertirle in strutture di ricezione turistica, ma contemplando anche cammini ciclo pedonali, equestri, culturali.. il tema è quindi come gestiamo questi beni, quale progetto delineiamo per recuperarli.
L’investimento di fondi pubblici per la ristrutturazione di questi immobili è impensabile e sconsiderata, ma non per questo la loro gestione può prescindere dal lato economico amministrativo. Per questo è fondamentale predisporre una formazione ad hoc per i decisori politici e i cittadini che si dovranno occupare di queste questioni.
L’Agenzia Demaniale si renderà assolutamente disponibile nella promozione e nello sviluppo della gestione condivisa del patrimonio pubblico perché nascano modelli concreti nuovi in sostituzione alle oramai fallite logiche tradizionali.
Di Marco, Federnotai: ” L’attuale fruizione dei beni porterà ad una nuova condizione giuridica destinata a preservare l’utilità e la fruibilità del bene, non la titolarità “
L’esperienza professionale del notariato è collegata al principio di sussidiarietà . Esiste, infatti, una dimensione orizzontale in cui lo Stato e il notaio affiancano il cittadino per un’azione congiunta, ovvero la notifica dell’acquisto di un immobile o la costituzione di una società , il cui risultato possiamo considerare un bene comune vero e riconosciuto da tutta la comunità .
Quella dei beni comuni non è solo una sfida culturale e professionale stimolante, ma studiarla significa affrontare un cambiamento che nel diritto civile è già in atto. Il Codice Civile si basa sul binomio proprietà pubblica – proprietà privata , ma ad oggi si assiste alla scissione sempre più evidente tra titolarità e godimento di un bene. Attualmente essere proprietari di un bene porta svantaggio per via dell’aumentata mobilità , delle limitate possibilità di investimento per le fasce più giovani eccetera..
Anche se la normativa in materia fiscale ha come fulcro la titolarità in proprietà , in assenza di norme che disciplinino altre situazioni di godimento del bene che ne prescindono, insorgono nuovi bisogni (a scopo residenziale e non) che travalicano la titolarità del bene.
I demografi non si concentrano più sulla densità di popolazione per metro quadrato, ma piuttosto sugli utilizzatori delle città ; l’aspetto pratico che ne consegue è la disposizione di una nuova condizione giuridica destinata a preservare l’utilità e la fruibilità del bene, non la titolarità .
La criticità che potrei individuare è che l’istanza di cura dei beni comuni si accompagni a quella dell’eliminazione delle regole: la voglia di democrazia diretta rischia di portare alla delegittimazione dei rappresentanti eletti. La necessità di partecipazione congiunta tra soggetto pubblico, privato e intermediari (come i notai) deve evitare il rischio di delegittimazione che comporterebbe l’appellarsi a regole sfumate o inesistenti.
Paolo Fontana, Euricse: “Far convivere anime diverse all’interno della SIBEC per costruire una cultura comune”
Abbiamo co-progettato l’assetto di questa Scuola con soggetti potenzialmente interessati alla SIBEC ancora prima che esistesse. Abbiamo coinvolto professionisti afferenti a diversi ambiti, provenienti da tutt’Italia e con portatori di idee diverse per ottenere un equilibrio efficace tra teoria e pratica, tra periferie urbane e centri, tra beni materiali e immateriali (come la conoscenza).
La SIBEC si rivolge principalmente a due categorie di utenti: amministratori, funzionari e tutti gli ingranaggi della macchina pubblica e professionisti dei settori profit (geologi, avvocati, ingegneri, architetti) e non profit (federazioni, consorzi, cooperative, associazioni).
Le attività e la struttura della SIBEC
Il tempo che abbiamo deciso di dedicare alle lezioni frontali è limitato al quantitativo di nozioni teoriche che abbiamo reputato indispensabili per avere gli strumenti nella pratica. Il docente è il curatore del modulo, ma non è il solo realizzatore delle attività formative. Ci saranno quindi quattro docenti/curatori/responsabili che aiuteranno gli studenti a definire il paradigma teorico in cui andranno a muoversi. Un facilitatore affiancherà ognuno dei docenti: il suo compito sarà quello di tradurre in casi pratici e esempi concreti l’assetto teorico presentato dal docente, aiutare gli studenti quali sono le potenzialità pratiche delle teorie esposte e proverrà dal mondo accademico o da quello professionale. In aggiunta a queste due figure ne abbiamo predisposta una terza, un’ ” antenna ” , ovvero un esperto locale che accompagni gli studenti dentro un’esperienza di gestione condivisa di un bene comune, un’esperienza concreta in cui mettere in pratica tutto quel che verrà appreso durante i quattro moduli. Ogni studente sarà supportato da un tutor didattico che avrà il compito di aiutare i corsisti a sviluppare il project work: individuare le pratiche replicabili nel proprio contesto di origine ed elaborare un progetto di gestione dei beni comuni su cui potrà confrontarsi con docenti e compagni attraverso i tutor per capire come migliorarlo. Il progetto che richiederemo ad ogni corsista di presentare ha l’obiettivo di far si che soluzioni, conoscenze, intuizioni discusse in ogni modulo vengano assimilate. Il primo modulo si terrà a Milano con il tema ” beni comuni e società della condivisione ” : si definirà cosa sono i beni comuni sotto il profilo economico, sociale, culturale.. L’obiettivo è quello di far comprendere che un approccio multidisciplinare allo studio di questi concetti è l’unico che permetta di sviscerare un tema cosi complesso come quello dei beni comuni. Il secondo modulo verrà condotto dal presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo. Si discuterà dell’impatto dei beni comuni sul territorio, di come i costi per il territorio possono diventare risorse, come vanno utilizzate al meglio, valorizzate, e quando parliamo di risorse non si intendono solo quelle economiche, ma includiamo anche i concetti di rete, comunità e tutte le risorse attivabili che ne derivano. Il terzo modulo si terrà a Firenze e si concentrerà su governance e modelli organizzativi. Si cercherà di delineare quali forme prendono i beni comuni, quale governo è necessario per valorizzare un bene comune, quali modalità sono indispensabili per intercettare partnership col privato, come creare occasioni di sviluppo che diventino occasioni di coesione sociale. E’ in questo modulo che è prevista la trasferta per lo studio di un bene comune in quei territori. Il quarto ed ultimo modo prenderà in esame i concetti di manutenzione e sostenibilità . Una volta che il bene comune è stato identificato, che ci sono le risorse e un progetto per valorizzarlo, è fondamentale capire come progettare con lungimiranza, come organizzare un business plan o ideare un modello di sviluppo sostenibile nel tempo. Questo modulo vuole dare strumenti per sviluppare capacità manageriali e gestionali, importanti quanto quelle imprenditoriali e creative, far dialogare aspetti di leadership e creatività con aspetti gestionali. L’idea che soggiace al corso e alla SIBEC è quella di creare un laboratorio itinerante in cui docenti e discenti si scambiano conoscenze, in cui la pratica insegna alla teoria. Il progetto SIBEC avrà successo se verrà considerata essa stessa un bene comune, se un corsista un domani sarà un docente o tornerà nel luogo d’origine a mettere in comune con i suoi concittadini quello che avrà appreso. SIBEC sarà un bene comune se contaminerà i territori e si lascerà contaminare dai partecipanti.
Lo Storify della presentazione di SIBEC:
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