I numeri, le cifre, le storie di una eccellenza italiana. Quel che racconta l ' Atlante Sprar 2015

Un modello, questo, che se continuasse a crescere – oltre a garantire condizioni di vita migliori per i rifugiati – continuerebbe ad apportare miglioramenti all’interno dell’intero dispositivo italiano di erogazione dei servizi pubblici. In particolare, sarebbe l’intero sistema del welfare – state, dello stato sociale, a giovarsene. Riuscendo cosìad attrarre risorse, ad assumere personale qualificato e a garantire sempre più servizi. Confrontando questo assunto con i dati del Rapporto, con la fotografia, cioè, contenuta nell’Atlante Sprar2015, se ne ha conferma. Che esiste ” una governance positiva multilevel in tema di accoglienza ” come ha spiegato il presidente della fondazione Cittalia, Leonardo Domenici, durante la presentazione del rapporto. C’è una rete virtuosa composta da cooperative sociali, associazioni di volontariato e comuni titolari dei progetti, fatta di attori locali che interagiscono tra di loro e con il servizio centrale nazionale, attraverso la formazione, il monitoraggio e la rendicontazione delle attività  e delle spese.

Welfare per tutti, nessuno escluso. Assistenza sanitaria, formazione, istruzione e attività  multiculturali. Quasi 300.000 nuovi servizi erogati in un anno. Ottomila figure professionali coinvolte. Si va dagli operatori sociali dell’accoglienza, ai mediatori culturali, dagli operatori legali, agli insegnanti di italiano, è l’Italia che accoglie e include; è il modello Sprar, cresciuto negli ultimi anni sia in termini quantitativi, ma anche qualitativi. Perché al di là  dei numeri, delle cifre fredde con cui, sempre più spesso, vengono affrontate le questioni che riguardano i richiedenti asilo, ci sono le storie a confermare che laddove cresce l’accoglienza giusta, crescono anche i territori, in termini di risorse e servizi offerti. Migliorando la qualità  della vita anche per i residenti.

La giusta accoglienza. Ci sono per esempio i rifugiati e richiedenti asilo che si prendono cura del patrimonio artistico di Capua, restaurando e recuperando mobili antichi, chiese, immobili pubblici, grazie ad un progetto nato nel 2014 che ha visto la collaborazione di cittadini residenti e migranti, nella conservazione delle ricchezze storico – culturale della cittadina campana. ” Un vero e proprio laboratorio è stato avviato, con l’obiettivo di indirizzare i migranti verso percorsi altamente professionalizzanti ” , cosìha raccontato il responsabile dello Sprar di Capua: ” abbiamo coinvolto sei richiedenti asilo provenienti da Pakistan, Cameron, Nigeria e Guinea Bisseau, seguiti da un nostro operatore e da un esperto in attività  di restauro. Al momento siamo impegnati in una serie di sopralluoghi in alcune chiese antiche della città  ” . In generale, l’idea è quella di mettere a sistema le diverse comunità  territoriali che ospitano i rifugiati, con i talenti e le competenze delle persone ospitate. Accade a Caltanissetta, dove è nata una speciale collaborazione tra il corpo dei vigili urbani e i rifugiati accolti nella città  siciliana. Il comandante dei vigili urbani ha manifestato la necessità  di organizzare un corso di lingua inglese rivolto al corpo della polizia municipale e si è rivolto, così, a Rahaman, giovane rifugiato proveniente dal Pakistan accolto nello SPRAR di Caltanissetta che in tal modo ha cominciato a dare lezioni di inglese al corpo dei vigili urbani perché ” voglio aiutare le altre persone. Nel mio paese sono stato un insegnante e mi piacerebbe continuare a farlo ” ha confidato Rahaman, che ogni settimana incontra venti alunni, insegnando ai vigili urbani i fondamenti della lingua inglese, con particolare riferimento alle norme del codice della strada. A Pavia, invece, la locale università  – in collaborazione con la Fondazione Cittalia e il Servizio centrale – ha destinato 14 borse di studio a giovani rifugiati accolti nei progetti della rete Sprar locale. Non soltanto. Anche il vitto e l’alloggio è garantito agli studenti, selezionati secondo criteri di merito e sulla base della conoscenza della lingua italiana e di quella inglese; in questo modo, otto profughi provenienti da Afghanistan, Cameron, Gambia, Iran, Nigeria, Togo, Turchia e Ucraina avranno la possibilità  di riprendere gli studi interrotti (perché in fuga da zone di guerra o da gravi violazioni dei diritti umani) mettendo allo stesso tempo, a sistema, in Italia, le proprie capacità  e competenze. E’ il caso del laboratorio di giornalismo ” Temporary journalist ” attivato da uno Sprar di Bologna, un progetto che mira a far collaborare giornalisti professionisti e richiedenti asilo con due televisioni locali: TRC, prima Tv per numero di ascolti anche in Emilia Romagna e Nettuno TV, televisione ufficiale della Fortitudo Basket, punto di riferimento per l’informazione sportiva cittadina.

Da Nord a Sud, dunque, esiste un Paese che sa accogliere. E’ il Centro – Sud a farlo molto di più. Basti pensare che solo la Calabria, Puglia, Sicilia e il Lazio coprono da sole più della metà  dei posti messi a disposizione dal servizio centrale Sprar. Nel 2015 sono state avviate anche alcune sperimentazioni. Ovvero, le esperienze di ” accoglienza in famiglia ” attivate nei Comuni di Torino, Parma e Fidenza, che – se potenziate – potrebbero contribuire a colmare alcune lacune strutturali politiche, sociali ed economiche del nostro ordinamento, le cui mancanze ricadono in primo luogo sulle persone titolari di protezione internazionale.

Istantanee di speranza E’ dalla fotografia dell’accoglienza italiana contenuta nell’Atlante Sprar2016 che si coglie una speranza: un desiderio di pace e libertà , per chi viene dall’altra parte del Mediterraneo, e allo stesso tempo è un monito per i governi europei; perché di fronte a mutamenti epocali siano chiamati a interrogarsi, con responsabilità , su quali politiche per l’immigrazione porre in essere.

Accogliamoli tutti, parafrasando il titolo dell’ ultimo libro di Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato. Non si tratta di solidarietà  paternalistica, né di cedere alla retorica del multiculturalismo. Si tratta di comprendere come governare al meglio un fenomeno politico, quello dei rifugiati che premono alle frontiere europee in cerca di accoglienza, ma soprattutto di un’altra idea di cittadinanza.

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