Dalla pubblicazione delle “Linee guida per una Riforma del Terzo Settore” del 13 maggio 2014 il governo ha mostrato immediatamente l’importanza che tale terzo settore, “ma in realtà è il primo”, mostra per il suo peculiare ruolo, che “si colloca tra lo Stato e il mercato, […] che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà”.
La volontà quindi di superare “un dibattito che si trascina ormai da troppi anni” , attraverso una consultazione aperta alle stesse compagini sociali, chiamate a manifestare le proprie osservazioni nel primo mese successivo all’avvio dell’iter riformatore, mira ad attuare un Welfare partecipativo ispirato ai principi di equità, efficienza e solidarietà sociale idonei a realizzare una governance finalmente partecipativa.
Tale ambizioso fine si basa su un altrettanto difficoltoso obiettivo di superare definitivamente l’argine (artificiale) posto nella dicotomia pubblico/privato proprio mediante una profonda valorizzazione della sussidiarietà , sia nel suo asse verticale che, soprattutto, in quello orizzontale.
L’Iter legislativo
Analizzando brevemente l’iter legislativo, successivamente alla conclusione della fase di consultazione pubblica il Consiglio dei Ministri ha presentato alla Camera il proprio “disegno di legge delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” n. 2617 che constatava di 7 articoli, delineanti principi generali, le finalità e criteri generali della riforma (artt. 1-2), le attività di volontariato e promozione sociale (art. 3), l’impresa sociale (art. 4) e il servizio civile universale (art. 5), le disposizioni fiscali e di sostegno economico (art. 6) e concludendosi con le disposizioni finali e finanziarie ( art. 7).
Successivamente, il 31 marzo 2015 la XII Commissione permanente degli Affari sociali ha licenziato un nuovo testo posto in discussione alla Camera avente 2 articoli aggiuntivi: l’art. 4 intitolato “Riordino e revisione della disciplina del Terzo settore e codice del Terzo settore” , con il quale si è delimitato l’ambito di incidenza della riforma sul Codice civile prevedendo la raccolta delle varie disposizioni di settore in un unico codice apposito nonché la realizzazione di un Registro unico del Terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali volto a riunire in un unico registro tutti gli agenti sociali, e il neo articolo 7 relativo alle modalità di vigilanza, monitoraggio e controllo.
Il testo licenziato dalla Camera dei Deputati il 9 aprile 2015 e trasmesso al Senato ha mantenuto le rilevanti modifiche proposte dalla Commissione, aggiungendo una specifica definizione di “Terzo Settore” , fino ad allora assente e spesso confusa tra alternanti interpretazioni, e una crescente importanza riconosciuta alle società di mutuo soccorso, inserite espressamente nell’art. 4 accanto all’attività di volontariato e di promozione sociale.
Alla fine dell’ordinario iter legislativo previsto, il testo di riforma del Terzo Settore pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 giugno 2016 ha avuto un’ulteriore modifica rispetto al contenuto proposto dalla Camera in prima lettura: la legge n. 106 del 6 giugno 2016 consta di 12 articoli, aggiungendo ai 9 precedenti l’espressa statuizione sulla revisione del titolo II del libro primo del codice civile (art. 3), un progetto già delineato nelle Linee guida iniziali al fine di garantire un’organicità della riforma coerente con il riordino dell’intera disciplina del Terzo Settore; la creazione della “Fondazione Italia Sociale” (art. 10), definita come una ” fondazione di diritto privato con finalità pubbliche ” volta a create, anche dal punto di vista economico, l’incontro tra pubblico e privato essenziale per permettere un effettivo sviluppo del Terzo Settore. Il testo di riforma del Terzo Settore si conclude con la previsione dell’obbligo annuale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di relazionare alle Camere i risultati conseguiti nella gestione del Terzo Settore (art. 12).
Il Commento
Analizzando la riforma, non ci si può esimere dal sottolineare positivamente l’iter che dapprima il governo e poi le Camere hanno voluto seguire per arrivare al testo definitivo: l’apertura dei lavori avvenuta con una consultazione aperta alle varie realtà sociali, certamente le più interessate e consapevoli delle conseguenze che un tale progetto porta con sé, rappresenta di fatto un unicum nella storia della legislazione, manifestando, finalmente, la consapevolezza della necessità di un coinvolgimento delle realtà che, effettivamente, si troveranno coinvolte (e in parte sconvolte) dal nuovo assetto. A ciò hanno fatto seguito le varie modifiche, riportate precedentemente, apportate nel corso delle varie fasi di approvazione delle due Camere, che hanno saputo declinare consapevolmente i principi espressi dal governo nelle Linee guida per la riforma del Terzo Settore, conservandone non solo lo spirito ma anche gli istituti proposti inizialmente (rispetto ai quali meritano una menzione negativa la sola elisione delle proposte iniziali inerenti l’istituzione di una Authority del Terzo Settore dedita a garantire una maggiore trasparenza e celerità nello svolgimento delle pratiche burocratiche e la specifica menzione di “Consiglio permanente del Terzo settore” che doveva coadiuvare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali).
Il testo come pubblicato in Gazzetta ufficiale appare perciò capace a modificare radicalmente pressoché qualsiasi normativa inerente il terzo settore (si pensi alla legge sul volontariato n. 266/1991 che quella delle Associazioni di promozione sociale n. 383/2000 ma anche a come un progetto del genere necessiti di profonde modifiche dello stesso Libro I Titolo II del Codice Civile) proponendo una riforma idonea a dare il giusto risalto non solo agli enti non profit operanti in tale settore, ma volto anche a riconoscere l’importanza del c.d. privato sociale e dell’impresa sociale; sarà dal ruolo che questi riusciranno a ritagliarsi nello scenario sociale che passerà il vero banco di prova per il definitivo rilancio del Terzo Settore.
Un disegno tanto partecipato e condiviso quanto approfondito e coerente con gli scopi e le necessità già illustrate da anni dagli operatori del settore, che si trova ora a dover superare il definitivo banco di prova con l’emanazione, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, dei decreti legislativi attuativi.
La riforma del Terzo Settore sarà completata quindi attraverso i vari decreti che il Governo dovrà adottare entro il 18 maggio 2017 (ovvero 12 mesi dopo l’entrata in vigore della legge, avvenuta il 3 luglio 2016 e considerato il termine di 45 giorni prima della scadenza previsto dalla legge).
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