I nove dialoghi che compongono il libro, una miniera di citazioni preziose e di autorevoli fonti, affrontano in maniera chiara i principali temi di politica economica (e non solo) dell’attualità: crisi economica, diseguaglianze, degrado ambientale. Temi ampi e articolati, che riguardano le vite di tutti, ma che – proprio in barba alla loro complessità – troppo spesso si prestano a banalizzazioni mediatiche e strumentalizzazioni politiche.
È possibile presentare le diverse posizioni in materia senza mistificare? Come riuscire nell’intento di approfondire senza annoiare? Mario Morroni immagina che quattro personaggi, ciascuno con il suo background politico, culturale, sociale, si trovino “costretti” a conversare su questi grandi temi, bloccati dalla nebbia nella sala d’attesa di un aeroporto: Agata, italiana e professoressa di economia in un’università inglese, di stampo keynesiano; Max, tedesco, docente di economia e finanza negli Stati Uniti (nonché consulente di “un’importante organizzazione internazionale”…), sfacciatamente neoliberista; Silvano, italo-francese e neo-dottore di ricerca in economia ambientale, su posizioni più radicali dei due professori ed in parte vicine ai teorici della decrescita; Sarah, infine, giovane antropologa inglese a digiuno di economia, che con le sue domande riesce però a far emergere i punti salienti – e più problematici – degli argomenti trattati.
Il senso del titolo è svelato nel primo capitolo: nell’affrontare il tema delle politiche di austerità come risposta alla crisi economica, Agata e Silvano mostrano a Sarah come il parallelismo tra debito statale e debito privato (usato spesso da media e politici per giustificare i tagli alla spesa pubblica) sia del tutto fuorviante, benché arroccato sul senso comune, ovvero sull’esperienza diretta delle persone. Un po’ come accade spesso in fisica, nota efficacemente Sarah: “Ciò che è vero non si vede. Noi vediamo il Sole cambiare posizione durante il giorno, non la Terra”. E così, tra un botta e risposta e l’altro (in cui il neoliberista Max sembra essere, quanto meno, in imbarazzo) il pensiero corre rapido a Galileo Galilei, condannato non tanto per aver difeso la rivoluzionaria teoria copernicana, quanto per averla diffusa e tradotta in un linguaggio “dialogico”, comprensibile ai più.
Va da sé come in tale pensiero si riflettano le intenzioni stesse di Morroni: “Ho deciso di scrivere questo libro perché credevo fosse giusto che le persone prendessero coscienza della realtà per poter andare al di là della cortina fumogena creata dal dibattito politico, perché capire serve per partecipare. La politica ha abdicato a tecnici ed economisti che di solito provengono dalle grandi banche e che lavorano in istituzioni chiave come il Fondo monetario Internazionale, la Commissione europea, la Troika. E’ necessario che i cittadini tornino ad essere protagonisti consapevoli della vita pubblica”.
Dal moltiplicatore fiscale all’efficienza paretiana, dalle bolle speculative alle politiche dei cambi: strumenti e concetti dell’analisi macroeconomica vengono sapientemente declinati nel corso della storia, con un linguaggio accessibile anche alle menti meno inclini a questo tipo di riflessione. Solo sviscerando attentamente tali concetti, sforzandosi di spiegarli – ciascuno dalla sua particolare angolatura – a chi non li conosce ma vuole davvero capirli, i quattro personaggi possono addentrarsi in un vivace e sano confronto su alcuni dei temi più caldi dell’attualità: l’aumento delle diseguaglianze negli ultimi 30 anni, la crisi del Welfare State e le privatizzazioni, il rapporto tra Stato e mercato, il futuro dell’Unione Europea, l’opportunità delle riforme strutturali, la drammatica crisi ambientale, le politiche industriali e l’innovazione.
Nel quinto dialogo trova spazio anche la teoria dei commons di Elinor Ostrom, tirata giustamente in ballo da Silvano come tertium datur nell’eterna diatriba tra “più Stato” o “più mercato”. Sul punto interviene lucidamente Agata (mentre Max, che a stento avrebbe potuto controbattere davanti all’evidenza dei fallimenti del mercato, esce di scena), sottolineando l’importanza di “sfruttare in modo intelligente gli aspetti complementari tra l’azione statale, il ruolo dei mercati e la gestione dei beni comuni da parte dei cittadini che si auto-organizzano”, ed il potenziale trasformativo della gestione condivisa dei beni comuni sul modello stesso di amministrazione locale, “riducendo l’uso della delega e favorendo la creazione e lo sviluppo di forme di democrazia dal basso”.
Nulla è come appare è un libro che consigliamo quindi a tutti: a chi vuole andare davvero a fondo, pur non avendo studiato economia politica all’università; a chi non si accontenta di critiche “facili”, troppo spesso semplicistiche, al pensiero dominante, né, tanto meno, si lascia abbindolare dall’opprimente e arrogante visione mainstream dell’economia. A chi è disorientato, non essendoci più alcuna corrispondenza biunivoca tra rappresentanza politica e visione economica, ma si rifiuta di accettare in maniera dogmatica l’una o l’altra teoria. A chi vuole capire per partecipare davvero, per tornare ad essere protagonisti consapevoli delle scelte individuali e collettive.
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