Valle D’Aosta, Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Campania: sono le regioni di provenienza dei corsisti di questa seconda edizione SIBEC, appena conclusa. E nella maggior parte dei casi, i loro progetti di cura e gestione condivisa, presentati e discussi nel corso della tre giorni pugliese, riguardano beni comuni individuati nel loro territorio di riferimento: risorse latenti da far emergere, spazi pubblici da ripensare, nuovi processi e alleanze inedite da innescare, per generare impatto e valore condiviso.
Progetti diversi, visione comune
Un ecomuseo diffuso del sale e del mare, la riqualificazione partecipata di un’ex area militare, una scuola come hub di comunità ; una casa delle associazioni e dei cittadini attivi, la sicurezza delle scuole come bene comune, il recupero di un immobile in disuso per unire sport, welfare, socialità ; la valorizzazione di un’ex scuola materna da parte della comunità di quartiere, la rigenerazione di un ex hotel in stato di abbandono, il rilancio di un mercato rionale riconcettualizzato come bene comune; la cura condivisa ed il restyling creativo di una scalinata urbana, il ripensamento di un modello di offerta e di governance per un centro sociale sottoutilizzato, il piano di comunicazione per un grande progetto di gestione condivisa… Insomma, quasi un programma di sviluppo integrato del territorio (commons oriented), l’insieme dei project work presentati in questa seconda edizione SIBEC.
Ogni corsista, incrociando il suo bagaglio di vita e professionale con gli strumenti analitici ed operativi proposti nel corso dei diversi moduli, ha presentato la propria idea progettuale con lo scopo di condividerne ratio, metodi, azioni, criticità , possibile impatto: grazie ad un dibattito aperto con i discussant – Pasquale Bonasora (Labsus), Roberto Covolo (ExFadda), Teresa Masciopinto (Banca Etica) e con l’intero gruppo SIBEC, facilitato dalla tutor Laura Beriotto (DMAV consulting), che li ha seguiti nello sviluppo delle competenze chiave durante l’intero percorso.
Oltre i “modelli”: l’esperienza, viva e narrante, di ExFadda
Un’esperienza, non un modello: inizia così il racconto di ExFadda da parte di Roberto Covolo, che ne coordina persone e attività sin dalla sua fondazione nel 2012. La storia dell’immobile “prima di ExFadda”, un ex stabilimento vinicolo di 3mila metri quadri di volte a stella e 10mila di parco, è una storia che sembra di avere già sentito, in giro per l’Italia: opere pubbliche con ingenti investimenti in termini di risorse finanziarie, ma con scarse azioni di coinvolgimento della comunità , ed una riflessione pressoché assente sulle ipotesi di gestione successive alla riqualificazione. Poi, dal 2005, arrivano i Bollenti Spiriti: il famoso programma della Regione Puglia per le politiche giovanili, con i suoi 169 “Laboratori urbani” per riutilizzare beni immobili pubblici in disuso, come infrastrutture creative per e dei giovani.
ExFadda è uno di questi (il più noto, sicuramente), divenuto nel tempo l’emblema di un rivoluzionario modo di pensare le politiche educative stesse, un luogo di possibilità più che uno spazio rifunzionalizzato, e che oggi si definisce come incubatore leggero di nuovi progetti, per cominciare.
“Non sistemare i giovani ma incoraggiarli”, recitava l’approccio anti assistenzialismo del programma. Ed ExFadda, chiedendo ai ragazzi “cosa vuoi fare” e non “di cosa hai bisogno”, dando voce e spazio alle loro vocazioni, rendendoli attori protagonisti dei processi di rigenerazione (“umana più che urbana”, dice Covolo), progettando e costruendo (anche e soprattutto, fuor di metafora: con martelli e picconi) insieme con loro gli spazi, sembra andare nella strada giusta. Così, in pochi anni, i progetti proposti e attuati dai ragazzi del territorio si sono moltiplicati (vedi qui per scoprirli tutti), registrando una partecipazione incrementale dei partecipanti, producendo diverse forme di reddito, alimentando un circolo virtuoso di relazioni che ne costituisce ora presupposto funzionale e amplificatore d’impatto.
Se non è un modello, ExFadda è certamente un caso da continuare a studiare e seguire con attenzione, per chi crede che un diverso “modello” di sviluppo locale stia gradualmente emergendo: in questa come in altre esperienze innovative in Italia, che fanno dell’autorganizzazione consapevole delle comunità un dispositivo di cambiamento sociale, economico, culturale.
…La fine è il nostro inizio!
ExFadda è stata l’ultima tappa del laboratorio di formazione itinerante 2017. Amministratori pubblici, professionisti del terzo settore, cittadini attivi, differenti per provenienza geografica, formazione culturale, fascia d’età , hanno condiviso riflessioni, analisi, aspettative per un obiettivo comune: praticare, ciascuno secondo le proprie capacità e competenze, la cura e la gestione condivisa dei beni comuni, come dispositivo fondante di un modello più inclusivo e sostenibile di utilizzare le risorse. Le idee, i progetti, le relazioni nate con la SIBEC costituiscono solo dei tasselli iniziali di quello che, ci auguriamo, diventi pian piano un composito mosaico di esperienze: pratiche diverse ma unite, che comunicando e restando “legate” da uno stesso filo possano, davvero, fare la differenza.
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