Questo lavoro deriva dalla necessità di ampliare gli schemi dell’analisi economica a fenomeni che fino ad ora sono risultati di difficile comprensione tramite i tradizionali modelli utilizzati dagli economisti. Lo studio dei beni comuni (commons), infatti, è tuttora al centro del dibattito sia per quanto riguarda l’analisi economica di questo tipo particolare di beni, e per le conseguenti strategie da adottare per una loro gestione efficace, sia per la rilevanza che essi assumono all’interno della comunità di riferimento in cui si situano.
Sono beni centrali per i processi di produzione e per diverse altre attività umane, come vedremo. I tradizionali modelli economici basati sulla figura dell’homo oeconomicus considerano questi beni come fonte di inefficienza e causa di social dilemma. La soluzione suggerita è quella di un vincolo esterno capace di limitare l’utilizzo della risorsa, lo stato o il mercato, e la trasformazione del bene da commons a commodity da gestire tramite l’assegnazione di diritti esclusivi di proprietà . Un recente filone di ricerca capeggiato da Elinor Ostrom ha dimostrato tramite numerosi cases studies che sono molteplici le risorse comuni gestite in forma autorganizzata da parte di comunità , più o meno grandi. Questi esempi mostrano che è possibile gestire forme diverse di commons tutelando sia l’efficienza che la sostenibilità sociale e ecologica.
Per studiare questo tipo di fenomeni è necessario considerare la rilevanza di fattori comunemente tralasciati dalla teoria economica: norme, consuetudini, modi di pensare, processi di comunicazione tra gli individui, fiducia tra gli appartenenti a un gruppo, sono fattori che influenzano l’interazione e in determinati contesti portano gli agenti a cooperare, come numerosi esperimenti comportamentali dimostrano, rendendo possibile la gestione in forma associata questi beni. L’agente è quindi considerato bounded rationality in questo approccio.
Se superiamo la classificazione economica dei beni e consideriamo i commons come “risorse gestite in modo comune da un gruppo di persone soggette a dilemmi sociali” è necessario considerare la rilevanza che l’esclusione da questi beni comporta, per via degli alti costi sociali che provocherebbe. I beni comuni diventano, in questo senso, ” beni principali ” o ” beni di cittadinanza ” , capaci di garantire la reale agency dell’individuo all’interno della comunità . Da beni scarsamente produttivi, dunque, essi diventano centrali nella vita della comunità se gestiti in modo cooperativo. Infine, verrà analizzato l’aspetto redistributivo che essi generano se considerati come infrastrutture, beni utili per molteplici scopi.
In allegato la tesi di Giuseppe Simone
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