Da quando nel 2014 è stato approvato il primo Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, di strada ne è stata fatta parecchia. Quattro anni dopo, il 21 dicembre 2018, si è verificato un altro primo caso, ovvero quello di un Regolamento adottato da un’unione di più Comuni. È questa la circostanza che ha visto il Consiglio dell’Unione della Romagna Faentina adottare a ridosso dell’anno nuovo il Regolamento per la cittadinanza attiva e i beni comuni che, sulla scia dei suoi simili, disciplina e permette la partecipazione nella gestione dei beni comuni ai cittadini, liberando così risorse prima latenti all’interno della comunità.
Un processo partecipato
Il percorso che ha portato all’adozione del Regolamento ha inizio già nell’estate 2017, quando il progetto “Patto di governance collaborativa” presentato dall’Unione si è collocato al primo posto nella graduatoria per il sostegno ai percorsi di partecipazione.
E così i cittadini dei sei Comuni che nel 2009 diedero vita all’Unione – Brighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Faenza, Riolo Terme e Solarolo – dal primo gennaio 2019 hanno a disposizione uno strumento con cui prendersene cura.
La portata innovativa che qui vogliamo evidenziare è come, appunto per la prima volta, più Comuni abbiano unito le proprie funzioni in merito, attribuendole all’Unione. Per approfondire alcuni aspetti del processo abbiamo intervistato Andrea Piazza, Servizio Affari Istituzionali dell’Unione della Romagna Faentina.
Cosa vi ha spinto ad approvare un Regolamento a livello di Unione dei Comuni? E in cosa si distingue dal prototipo di Labsus?
L’Unione della Romagna Faentina dal 1° gennaio 2018 gestisce in forma associata per i sei Comuni membri tutti i servizi comunali, includendo quindi anche funzioni sia di diretta erogazione di servizi (servizi sociali ed educativi, lavori pubblici, anagrafe) sia di pianificazione e controllo (urbanistica ed edilizia, servizi finanziari). L’ente Unione è quindi diventato sia la struttura tecnica di riferimento dei Comuni, sia il livello politico dove si prendono decisioni molto rilevanti per i cittadini.
Dopo questa fase di “costruzione dell’Unione” si è posto ora il tema di come aumentare da una parte la partecipazione degli organi istituzionali dei Comuni (e su questo è in atto una revisione dello Statuto dell’Unione che riporta ai Comuni molte competenze deliberative su affari di natura prettamente locale), dall’altra la partecipazione dei cittadini. Su questo fronte fra 2017 e 2018 l’Unione della Romagna Faentina ha portato avanti un percorso di partecipazione dal nome Fermenti volto a definire un “Regolamento della partecipazione” di Unione, che ha visto i cittadini di tutti i sei Comuni esprimere una priorità nei confronti di uno strumento che consentisse di sviluppare e mettere in pratica il civismo diffuso delle nostre comunità, attraverso i patti di collaborazione (i risultati sono illustrati nel dettaglio nel Documento di Proposta Partecipata che si allega). Fermenti è stato co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e ha visto il supporto di una società di consulenza esterna.
Si specifica che il testo è frutto dell’elaborazione con i cittadini, a cui si è aggiunta un’opera di confronto con i testi di Regolamenti adottati da altri Comuni dell’Emilia-Romagna (in particolare Parma per le azioni solidaristiche, che sono state introdotte per prevedere anche patti aventi come oggetto beni comuni “immateriali” come le relazioni interpersonali e la coesione sociale).
Il testo si distingue dal prototipo di Bologna secondo tre aspetti:
1) è un Regolamento di Unione e quindi deve incidere sulle competenze dell’Unione. Nella disponibilità dell’Unione non vi è infatti il patrimonio dei Comuni aderenti, per cui gli articoli che facevano riferimento in maniera più dettagliata alla riqualificazione del patrimonio pubblico sono stati sfumati. È comunque prevista la possibilità di incidere su questo fronte previo consenso della Giunta comunale del Comune interessato.
2) Vi è la necessità di mantenere un forte raccordo con i Comuni, che sono enti elettivi, di primo livello, verso i quali i cittadini nutrono una forte identificazione, e quindi se l’Unione interviene per mezzo della struttura tecnica, il Comune interviene con la firma da parte del Sindaco. Parallelamente, su Faenza (Quartieri) e Riolo Terme (Frazioni) si è deciso di prevedere un forte ruolo per gli organismi di decentramento presenti.
3) Si è cercato inoltre di dettagliare la procedura di definizione del patto di collaborazione, attraverso una porta di ingresso per le proposte (Servizio Affari Istituzionali – struttura di coordinamento), ed un successivo inoltro per competenza ai Servizi deputati alla vera e propria definizione dei contenuti a seconda della proposta di collaborazione (es. Servizio Ambiente e Manutenzione del verde per parchi e giardini). In quest’ottica si sono anche aggiunti i modelli contenuti nell’Allegato B (bozza di proposta e bozza di patto, con note esplicative).
Come sono stati coinvolti i cittadini nel processo? Come pensate di comunicare questa novità?
Una prima fase di coinvolgimento è stata quella del percorso Fermenti, a cui sono seguite, fra settembre e novembre 2018, tre riunioni di una “cabina di regia della partecipazione” coordinata da due referenti politici (i due assessori alla partecipazione, di Unione e del Comune di Faenza). Il lavoro è stato incentrato sulla definizione di dettaglio del regolamento. Hanno partecipato, oltre ad alcuni referenti tecnici interni agli uffici dell’Unione, alcuni assessori e consiglieri comunali, più rappresentanti dei quartieri, di associazioni di volontariato e singoli cittadini. Questo lavoro di “affinamento” ha fatto introdurre, ad esempio, le proposte di collaborazione per servizi ecosistemici (e qui il pensiero va ai parchi naturali e ai fiumi del nostro territorio – Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola; fiumi Marzeno, Lamone, Senio, ecc.) e ha rafforzato il ruolo dei Quartieri all’interno del regolamento. C’è stato un grande consenso sull’argomento, anche con consiglieri di opposizione (es. Movimento 5 Stelle), facilitata anche dal fatto che parallelamente ai lavori della cabina di regia il Consiglio dell’Unione abbia approvato all’unanimità una mozione del Movimento 5 Stelle a sostegno dell’introduzione di ulteriori elementi di partecipazione nello Statuto dell’Unione (siamo al momento al lavoro su questo fronte).
Per la comunicazione del regolamento, sicuramente un punto di debolezza riguarda la mancanza di un ufficio dedicato alle attività di partecipazione (parliamo di un solo addetto del Servizio Affari Istituzionali, che quotidianamente si occupa di attività di segreteria per il Consiglio Comunale di Faenza), tuttavia si è cercato di diffondere il più possibile questa innovazione, dandone comunicazione scritta a tutti i dipendenti (circa 500) e a tutti gli assessori dei Comuni, attraverso incontri singoli con alcuni responsabili più direttamente coinvolti (Dirigente Lavori Pubblici, Capo Servizio Ambiente) e attraverso altri incontri di approfondimento con i responsabili della partecipazione nei vari Settori. Non si esclude di realizzare una conferenza stampa o comunicati quando saranno approvati i primi patti di collaborazione.
Quali vantaggi credete che possa apportare allo sviluppo del territorio?
I vantaggi possono essere riassunti in tre punti:
1) Aumento della conoscenza e della legittimità dell’Unione dei Comuni come interlocutore diretto dei cittadini dei sei Comuni aderenti. Al momento pochi cittadini conoscono l’Unione e forse ancora meno potrebbero averne una visione positiva, vi è le necessità di superare questo gap.
2) Semplificazione delle procedure per le collaborazioni fra cittadino e pubblica amministrazione, portando a patti di natura flessibile ma certi nei loro contenuti.
3) Aumento del capitale sociale del territorio, favorendo la nascita di collaborazioni anche tra i cittadini stessi, in particolare qualora si realizzino azioni ricadenti nella categoria delle azioni solidaristiche.
ALLEGATI (1):