Il quadro analizzato nel corso del Convegno evidenziò l’assenza di qualsiasi iniziativa del Governo nazionale per la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Liveas), il pesante taglio delle risorse del fondo nazionale, gravi ritardi legislativi in alcune realtà regionali in tema di riorganizzazione dei servizi socio-sanitari. Accanto a queste gravi carenze si registrò anche il consolidarsi di alcune situazioni regionali e territoriali d’eccellenza, impegnate a operare per un progressivo miglioramento dell’azione di programmazione e di gestione delle politiche sociali nel solco tracciato dalla 328/2.
La proposta che scaturì dal Convegno fu quella di dare vita a livello nazionale a un Osservatorio sull’applicazione della legge 328/2, proponendosi di diffonderne l’esperienza anche a livello regionale, al fine di contribuire a ridurre le differenze di offerta di qualità e quantità dei servizi presenti nel contesto nazionale, e a far affermare ovunque i contenuti più innovatori della legge.
Ad un anno di distanza possiamo registrare alcuni cambiamenti che vanno sottolineati con soddisfazione. Alcune delle regioni che erano in ritardo rispetto al processo di innovazione della politiche sociali stanno recuperando, predisponendo e approvando atti normativi di riorganizzazione del welfare regionale. Le buone pratiche promosse a livello territoriale e/o regionale per affrontare emergenze sociali legate alla non autosufficienza o alla povertà sono da sottolineare positivamente, ma se restano isolate non sono in grado di rispondere alla crescente domanda di prestazioni da parte delle persone e delle famiglie. Aspetti qualificanti della riforma quali la trasformazione e la riorganizzazione delle Ipab, l’individuazione di strumenti legislativi e gestionali per affermare una reale politica di integrazione socio-sanitaria, la ricerca di più rigorosi metodi di affidamento dei servizi e di accreditamento dei gestori, sono temi affrontati in una parte non marginale del territorio nazionale.
L’applicazione della legge 328/2 nelle regioni e nei comuni procede con evidente difficoltà per scarsità di fondi e ultimamente anche per l’eccessivo frazionamento di competenze fra diversi assessorati, cui abbiamo assistito al rinnovo delle giunte dopo le ultime elezioni regionali, che costituisce un costante limite all’azione legislativa e gestionale.
Nel contempo l’attuale Governo nazionale, anch’esso criticabile per aver ripartito la responsabilità delle politiche sociali e sanitarie tra più ministeri, ha dato un segnale importante integrando il Fondo nazionale per il 26 con 3 milioni di Euro anche se largamente insufficiente per adeguare il fondo al livello 25 e ben lontano dalle necessità da noi rappresentate; inoltre è da apprezzare l’intenzione di definire i Livelli Essenziali in campo sociale, di costituire un Fondo nazionale per la non autosufficienza e di affrontare il tema del sostegno alle persone e alle famiglie, in particolare a quelle in situazione di povertà.
A fronte di queste positive intenzioni emerse nei primi mesi di attività del Governo permane il rischio che tutto ciò non sia sufficiente ad imprimere quella svolta nel governo delle politiche sociali che ha animato il legislatore e le parti sociali, che hanno contribuito alla elaborazione della legge.
Infatti, è necessario che il Governo apra il confronto sui Livelli Essenziali con la consapevolezza dell’unitarietà del sociale e della necessaria definizione unitaria dei Liveas stessi e che ciò comporta l’avvio di un importante lavoro tecnico-politico e l’assunzione di un impegno finanziario adeguato che dovrà, anche se con gradualità, andare a soddisfare le esigenze di una politica sociale moderna. Anche il Fondo nazionale per la non autosufficienza e le misure contro la povertà devono costituire strumenti con cui fornire livelli essenziali di assistenza alle persone e alle famiglie che ne avranno bisogno, integrandoli con le misure in atto nelle diverse realtà regionali e territoriali.
A livello regionale e locale, quella che abbiamo definito “l’alleanza per il welfare” composta da Istituzioni Locali, Terzo settore e Organizzazioni Sindacali deve produrre azioni fortemente innovative. Lo scopo è quello di superare le criticità che abbiamo riscontrato nell’applicazione della legge 328/2 nel territorio, anche attraverso il definitivo completamento dei processi normativi regionali per l’istituzione o la valorizzazione delle sedi e degli strumenti di confronto, di collaborazione e di coordinamento con i comuni e le altre autonomie locali, dando corpo, così, ad una rete diffusa di servizi e prestazioni sociali adeguati ai bisogni dei cittadini e più omogenei su tutto il territorio nazionale.
L’Osservatorio nazionale sulla 328/2 vuole attivare un impegno congiunto tra istituzioni locali e forze sociali al fine di: porre la legge al centro dell’iniziativa politica per favorirne l’attuazione; stimolare le buone pratiche in tema di programmazione, gestione, partecipazione, integrazione con le politiche sanitarie, della formazione e del lavoro, attivazione dei soggetti; monitorare e valutare i risultati della sua applicazione, studiarne i possibili miglioramenti.
Con la creazione dell’Osservatorio i diversi soggetti istituzionali e sociali aggiungono alla loro autonoma iniziativa una sede comune e stabile per mettere in atto tutte le iniziative utili per attuare le linee di politica sociale tracciate dalla legge 328/.
Sarà pertanto fondamentale raccordare ogni proposta di riforma dello stato sociale e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali con le previste misure di attuazione dell’art.119 della Costituzione sul federalismo fiscale, che prevede il finanziamento delle funzioni di ogni livello territoriale mediante compartecipazioni al gettito dei tributi erariali e risorse perequative per i territori con minore capacità fiscale, nell’ambito del coordinamento generale della finanza pubblica.
L’OSSERVATORIO SULLA LEGGE 328/2
1. LE RAGIONI
La proposta di dar vita ad un “Osservatorio” sulla legge quadro sui servizi sociali – sullo stato di attuazione di questa, sull’approfondimento dei suoi contenuti e sulle possibilità di aggiornamento e di rilancio all’indomani della riforma della Costituzione del 21, nasce dal Convegno nazionale del settembre scorso (Legge 328/2: una sfida ancora aperta) come primo concreto passo di quella auspicata “Alleanza per il welfare” tra istituzioni e parti sociali, necessaria per vincere la sfida, appunto ancora aperta, lanciata cinque anni fa nel campo delle politiche sociali dalla legge quadro 328.
Una sfida impegnativa perché richiede capacità di: leggere i bisogni della società; organizzare la rete dei servizi e controllarne l’efficienza, l’efficacia e la qualità; promuovere e sostenere le iniziative della comunità locale; creare un sistema di formazione professionale rispondente a un qualificato livello di programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi; realizzare l’integrazione delle politiche; gestire nel territorio in forma associata le risorse necessarie.
2. GLI ATTORI
Attori dell’Osservatorio sono: le Confederazioni sindacali Cgil Cisl e Uil e il Forum nazionale del Terzo settore, l’Anci, l’Upi, la Lega delle autonomie.
Lo Stato rappresenta il primo naturale interlocutore dell’Osservatorio in quanto in grado di modificare lo scenario e di orientare le politiche sociali, in ragione delle competenze che l’ordinamento gli attribuisce:
– tutela e promozione, attraverso normative generali o di settore, della pari dignità di tutti i cittadini e dell’universalità di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali;
– determinazione ed esigibilità dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; —- reperimento delle risorse finanziarie necessarie per rendere effettivamente realizzabili i principi e gli obiettivi di pari opportunità e di non discriminazione, di diritti di cittadinanza e di qualità della vita, di eliminazione o di riduzione delle condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare proposti dalla legge quadro;
Altro interlocutore fondamentale sono le Regioni, le quali assumono un ruolo particolarmente significativo in quanto titolari di competenze legislative esclusive, conferite loro dalla riforma costituzionale del 21, e quale primario livello di integrazione dei soggetti pubblici, privati e del terzo settore operanti nel sistema del sociale.
3. GLI OBIETTIVI
L’Osservatorio si caratterizza come sede propositiva per l’adeguamento della legge quadro alla nuova domanda sociale e quindi per la modifica, ove necessario, dei modelli normativi, finanziari ed organizzativi. Deve cioè sapersi accollare un ruolo di stimolo all’approfondimento ed al dibattito sulle tematiche del sociale nonché di rilancio del metodo del dialogo, della consultazione, della collaborazione, della concertazione per il raggiungimento di obiettivi insieme individuati tra le istituzioni e tra queste, le Organizzazioni sindacali ed il Terzo settore.
A questo fine l’Osservatorio si pone l’obiettivo di qualificarsi quale sede permanente di :
VALUTAZIONE CRITICA per il raggiungimento delle finalità e l’attuazione degli strumenti della legge quadro ( valutandone l’attualità; aggiornando o predisponendo nuovi sistemi di valutazione dei bisogni sociali; ridefinendo priorità e ricercando strumenti operativi delle politiche sociali).
ANALISI della normativa nazionale e regionale (sul versante soprattutto della coerenza tra finalità perseguite e soluzioni adottate, con attenzione in particolare alle criticità sul territorio);
CONFRONTO delle concrete esperienze locali, anche ai fini della diffusione delle buone pratiche;
VERIFICA, anche attraverso indicatori e misuratori innovativi della qualità di servizi e prestazioni, dei risultati conseguiti.
STIMOLO al fine di superare limiti condivisi nell’applicazione della Legge 328/2 a livello nazionale partendo dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, e territoriale partendo da: l’accesso ai servizi, la programmazione partecipata , l’integrazione delle politiche sociali con quelle sanitarie, educative, formative e del lavoro.
Infine l’Osservatorio deve caratterizzarsi come sede di promozione per la concreta attuazione dei principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale ai fini della realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
4. STRUTTURA E STRUMENTAZIONE
Almeno nella prima fase ed in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, struttura e strumentazione dell’Osservatorio possono coincidere con la somma delle strutture e delle strumentazioni esistenti presso i soggetti che aderiscono all’Osservatorio stesso.
Per il funzionamento e la rappresentanza politica dell’Osservatorio si prevedono due livelli:
– il primo un Tavolo di indirizzo politico, cui affidare la strategia generale e la scelta delle priorità da affrontare;
– il secondo di Coordinamento, elaborazione e ricerca;
5. LIVELLI DI RAPPRESENTANZA E DI OPERATIVITA’
L’ Osservatorio nazionale verrà progressivamente strutturato anche a livello regionale, dove opererà tenendo conto delle peculiarità legislative ed organizzative delle varie situazioni locali, rilanciando e rafforzando la funzione concertativa sul territorio.
DICHIARAZIONE CONGIUNTA SUI LIVEAS
Le Organizzazioni rappresentative delle Province, degli Enti locali, del Terzo settore e le Organizzazioni Sindacali firmatarie esprimono forti preoccupazioni riguardo la mancata definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali da parte dello Stato, che impedisce l’individuazione e la garanzia dei diritti sociali costitutivi la cittadinanza.
Chiedono pertanto al Governo di procedere alla definizione degli stessi in modo organico ed unitario non limitandosi pertanto ad ipotesi di frazionamento per tipologia e settori di intervento- e di assumere nella redazione del provvedimento in oggetto gli orientamenti di seguito espressi su cui le Organizzazioni firmatarie concordano.
1. L’articolo 117 lett. m della Costituzione ha reso cogente per lo Stato la definizione dei livelli essenziali per garantire i diritti di cittadini e per uniformare le prestazioni sociali nel territorio nazionale tra aree regionali ed all’interno delle stesse. Tale determinazione da parte dello Stato deve essere il risultato di un processo di confronto e di intesa istituzionale con le Regioni e le Autonomie Locali, alle quali compete garantire prestazioni e servizi compresi nei livelli. Il sistema integrato che si fonda anche sul principio di sussidiarietà orizzontale oltre che verticale richiede che i Liveas siano definiti con la partecipazione ed il consenso delle forze sociali.
2. La definizione dei Liveas, data la natura complessa dei bisogni sociali richiede – per equilibrare la garanzia del diritto al benessere delle persone e delle famiglie con la necessaria flessibilità delle risposte – l’individuazione di un sistema omogeneo di interventi, presidi e servizi con standard definiti. Il riferimento, per una corretta impostazione dei Liveas, resta quello della legge 328/2, in particolare l’art.22 e le normative connesse. Su questa griglia debbono essere definiti ulteriori indicatori nazionali quali/quantitativi da raccordare ai bisogni della popolazione
3. La definizione non può essere subordinata alle risorse attualmente disponibili e richiede una valutazione dell’impatto economico complessivo nazionale, regionale e comunale e la conseguente ripartizione dei costi della spesa sociale tra le diverse istituzioni coinvolte (Stato, Regioni, Comuni) che tenga conto della necessità di perequazione tra aree territoriali. In questo quadro vi è la necessità di adeguare le risorse nazionali attualmente sottodimensionate, agli standard europei in rapporto al Pil, visto che con la dotazione del Fondo nazionale si garantiscono soltanto alcuni diritti soggettivi e si sostengono alcuni interventi che non rappresentano certo livelli essenziali.
4. L’obiettivo può essere raggiunto con una gradualità definita, anche in rapporto alla necessità di perequazione tra le aree territoriali.
5. I Liveas richiedono un quadro di riferimento nazionale per quanto concerne le professioni sociali.
6. Contestualmente all’avvio del processo dei Liveas va assunto l’impegno da parte dei soggetti istituzionali, in raccordo con le parti sociali, ad attivare il sistema informativo sociale. Base conoscitiva indispensabile della rete dei servizi, della domanda sociale, delle risorse in campo per una programmazione partecipata più coerente con la realtà e per la correzione delle disfunzioni.
7. I Liveas vanno raccordati con la ridefinizione dei Lea sanitari, come elemento necessario al raggiungimento del massimo livello di integrazione socio-sanitaria, ma anche per ampliare e qualificare l’offerta. L’integrazione va estesa agli aspetti educativi, formativi e lavorativi per affrontare in una visione unitaria il benessere delle persone delle famiglie.
8. Va definito compiutamente il sistema univoco di valutazione delle condizioni economiche (Isee) garantendo maggiore tutela del reddito da lavoro dipendente e da pensione prevedendo un coordinamento nazionale.