La sentenza
La sentenza in commento giudica la compatibilità della negazione da parte delle autorità tedesche del riconoscimento di un’esenzione fiscale, generalmente riconosciuta nei confronti di soggetti privati di pubblica utilità illimitatamente sottoposti a imposizione fiscale, a un soggetto privato di pubblica utilità di altro stato membro, che disponga di un bene immobile gestito in locazione a uso commerciale nello stato titolare del potere fiscale qui in osservazione, con l’ordinamento comunitario e, in particolare, con la libertà di movimento di capitale.
Il soggetto privato di pubblica utilità in questione è una fondazione senza scopo di lucro che promuove e attiva servizi di formazione ed educazione culturale nel settore della musica, compreso anche l’insegnamento alla produzione di strumenti musicali; essa opera prevalentemente in Italia e promuove azioni integrate con la Svizzera. L’immobile detenuto nello stato tedesco da parte della fondazione non è utilizzato per i servizi di utilità generale e quindi la popolazione residente tedesca non beneficia delle utilità che il centro privato assicura alla collettività dello stato italiano.
Proprio questo aspetto fa insorgere il dubbio alle autorità tedesche che l’esenzione che l’ordinamento tedesco assicura ai soggetti privati che perseguono fini di interesse generale non meriti qui di essere applicata.
La Corte di giustizia ritiene che la compatibilità di tale misura da parte dello stato tedesco vada verificata con la libertà di circolazione di capitali, dal momento che nel caso in specie si è in presenza di un semplice investimento immobiliare da parte di una fondazione che svolge attività di pubblica utilità in altro stato membro. A tal proposito, la corte mette in rilievo come l’ostacolo alla libera circolazione di capitali possa aver luogo solo ove sia giustificato dall’ordinamento comunitario, nei termini restrittivi in cui esso lo consente: in particolare, è consentito un trattamento diseguale tra soggetti di diritto interno e soggetti di diritto di altro stato membro solo se le situazioni che si presentino per l’applicazione della misura tributaria siano tra loro non omogenee o se si perseguano interessi generali superiori e, comunque, il trattamento differenziato deve essere proporzionato allo scopo perseguito (p. 32).
Il commento
Nella prospettiva privilegiata da questa rivista è interessante rilevare che il governo tedesco, sostenuto da quello britannico, osserva che il caso della fondazione italiana non è paragonabile con quello di altro soggetto privato di pubblica utilità operante nello stato tedesco giacché solo quest’ultimo si incarica di perseguire utilità di interesse generale che si ripercuotono positivamente sul bilancio dello stato in termini di risparmio di risorse pubbliche e, oltretutto, il soggetto privato, riconosciuto di pubblica utilità e di diritto tedesco, è generalmente soggetto all’imposizione fiscale dello stato tedesco per tutte le sue attività a differenza della fondazione di diritto italiano. Inoltre, argomenta il governo tedesco, le condizioni con cui gli stati membri riconoscono l’utilità generale delle attività svolte dai soggetti privati possono essere molto differenti perché diverse possono essere la percezione di cosa sia qualificabile di pubblica utilità e anche l’ampiezza della nozione stessa.
A queste osservazioni il giudice comunitario obietta che la normativa tedesca favorisce i soggetti privati che in modo disinteressato perseguono fini di utilità generale, ma non pone una distinzione tra beneficiari che operano nell’ordinamento tedesco e beneficiari che operano in altro stato; pertanto, sebbene a prima vista appaia legittimo favorire chi opera nello stato membro interessato, questa distinzione non merita di essere seguita. Oltretutto, sebbene l’ordinamento comunitario non imponga a uno stato membro di trattare allo stesso modo i soggetti privati di pubblica utilità di altro stato membro, potendo esso godere di un potere discrezionale per valutare i benefici che sono prodotti sulla popolazione che rappresenta, è altresìvero che, se un soggetto privato di pubblica utilità di altro stato membro integra le condizioni dello stato membro sufficienti a riconoscergli specifici vantaggi, si determinano situazioni che diventano tra loro non più disomogenee e che, dunque, non possono essere trattate diversamente. Poiché le autorità tedesche riconoscono che la fondazione di diritto italiano persegue interessi di carattere generale anche ai sensi dell’ordinamento tedesco, ciò basterebbe per impedire che sia giustificato un trattamento differenziato.
Infine, è interessante osservare che la corte confuta anche l’argomentazione sostenuta dal governo tedesco secondo la quale un’applicazione cosìestesa della norma di beneficio renderebbe più difficile contrastare le attività di terrorismo internazionale per le quali molto spesso le organizzazioni terroristiche si avvalgono di fondazioni di utilità generale per far circolare capitali di origine illecita. La corte però obietta che, ammesso pure che una misura fiscale di esenzione abbia tale finalità di contrasto del terrorismo, ciò non può essere desunto semplicemente dal rilievo che la fondazione interessata sia esclusivamente quella che ha sede in altro stato membro e, d’altra parte, una presunzione cosìestesa renderebbe non proporzionata la negazione del beneficio fiscale, dal momento che gli strumenti di lotta al terrorismo possono essere diversi da questi e maggiormente efficaci.
Benché non sia dubbio che la finalità protetta dall’ordinamento comunitario sia quella di assicurare la libertà di circolazione dei capitali e dunque non abbia di per sé connessioni con i temi della sussidiarietà orizzontale, si può ugualmente trarre un’indicazione importante: le libertà economiche protette dall’ordinamento comunitario possono privilegiare legislazioni di favore nei confronti di soggetti di diritto privato che garantiscono interessi generali, consentendo alla sussidiarietà orizzontale di ‘trasmigrare’ da un paese all’altro nella misura in cui gli stati interessati riconoscono un ‘comune significato di interesse generale (o, come si dice nella presente sentenza, di pubblica utilità )’ tratto dalla realizzazione di condizioni che giudicano in modo equivalente.
Da ciò si possono far derivare tre considerazioni:
a) benché non possa trovare adesione un’interpretazione che riduca le esperienze di sussidiarietà orizzontale in un fenomeno che consista nella semplice riduzione degli apparati pubblici a favore del mercato, le implicazioni tra sussidiarietà orizzontale e attività economiche sono di rilievo e possono perfino tradursi in un rapporto per cui l’integrazione dei processi economici favorisce la circolazione delle esperienze di sussidiarietà orizzontale e anche il senso di una cittadinanza comune attiva;
b) nell’attuale fase storica il vantaggio che possono usufruire i soggetti privati nelle attività di interesse generale dall’ordinamento comunitario può sussistere esclusivamente in termini fiscali;
c) si può ipotizzare che una ripresa del cammino di integrazione europea sotto il profilo politico avrebbe positivi riflessi sullo sviluppo di una cittadinanza comune europea attiva.