Tratto da Repubblica.it

… quella ricchezza nascosta che bisogna ritrovare? É una cosa che non compare nelle statistiche del Pil o del tasso di sviluppo. Si tratta di quel complesso di "fiducia, senso di obbligazione e di responsabilità verso gli altri e verso le istituzioni, solidarietà e partecipazione". Così lo definisce Roberto Cartocci, docente di Metodologia della scienza politica a Bologna. E lui il cacciatore di tesori. Quello che disegnato queste inedite "Mappe del tesoro", raccolte in un volume del Mulino.

La ricchezza collettiva è, in poche e sbrigative parole, il senso civico, sono le relazioni libere e disinteressate che legano fra loro i cittadini di una comunità. Una mappa difficile da disegnare, anche se l’argomento è fra i più in voga nel campo delle scienze sociali. Cartocci ha misurato il "capitale sociale" delle 13 province italiane, aggiornando e approfondendo il fondamentale lavoro di Robert Putnam ("La tradizione civica nelle regioni italiane"), pubblicato nel ’93 ma basato su dati del ventennio precedente.

La copertina del volume di Cartocci è una mappa d’Italia strappata a metà, lungo i confini meridionali di Toscana, Marche e Umbria. Lungo due fiumi: da Fiora a Tronto.

Purtroppo, o inevitabilmente, assomiglia a uno di quei manifesti leghisti di vent’anni fa, quando la propaganda secessionista progettava di tirar su un muro a metà dello Stivale. Il muro, se si calcola la distribuzione del "capitale sociale", esiste. E non è dissimile da quello che divide le regioni più ricche da quelle più povere: "Redditi più bassi e carenza di capitale sociale coincidono. Il problema dell’analista è capire qual è la causa e qual è l’effetto".

Ma, in ogni caso, la mappa riserva nel dettaglio qualche bella sorpresa. Il "capitale sociale" è un bene comune, riserva benefici agli individui e alla comunità, ma si tratta di benefici disinteressati. Ha cioè a che fare anche con i valori, e cioè con "una dimensione irriducibile a considerazioni di vantaggio personale e di consapevole utilità per il singolo". Tiene insieme una comunità, le dà un senso. Ma come misurarlo? Cartocci mette a punto quattro indicatori empirici: diffusione della stampa quotidiana, livello di partecipazione elettorale, diffusione delle associazioni dello sport di base, diffusione delle donazioni di sangue. Una semplificazione, ma indispensabile. I primi due indicatori riguardano aspetti della relazione fra cittadini e comunità politica. Gli altri due la diffusione del senso di obbligazione e la socialità, la disponibilità a impegnarsi per gli altri.

La diffusione della stampa vede in testa Trieste (175 copie giornaliere ogni 1 abitanti) e in coda Crotone (18 copie, un decimo). Le province con diffusione più elevata sono concentrare nel Centro-Nord, soprattutto sulle due rive del Po e sulla costa tirrenica. La Sardegna si distingue: è al quinto posto nella scala regionale, supera Lombardia, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto e Piemonte. La geografia della partecipazione elettorale (dati dal ’93 al 21 di politiche, europee e referendum) vede in testa Emilia Romagna, Toscana e Umbria. In coda Campania, Sicilia e Calabria. La Sardegna, qui, si colloca al di sotto della media.

Gli altri due indicatori provano a misurare il "dono di sé", di tempo, denaro, e perfino sangue. Sono le risorse di altruismo e di obbligazione verso gli altri che alimentano il cosiddetto Terzo Settore, l’arcipelago del volontariato che si colloca fra Stato e mercato. La mappa dell’offerta di sangue vede in testa Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto e Lombardia. Il dettaglio provinciale riserva una sorpresa: la provincia con il più alto numero di donatori in Italia è Ragusa. L’unica altra provincia meridionale fra le prime 1 è Matera. Palermo sta nella stessa classe di Reggio Emilia, Bologna, Perugia, Bolzano, Sondrio.

L’associazionismo sportivo è l’ultimo indicatore di "capitale sociale" misurato dalle mappe di Cartocci. Anche qui resiste un forte divario Nord-Sud.
In tutte le 11 regioni del Centro-Nord esistono in media 2,5 società sportive ogni 1 abitanti, con la sola eccezione della Lombardia che sconta i tassi più bassi nell’area metropolitana di Milano (così come Roma in rapporto al Lazio). Le aree metropolitane, in genere, sono le più deboli. Il primato è della Valle d’Aosta, con quasi 4 società su mille abitanti.

E, alla fine, il punto sulla ricerca della dotazione di "capitale sociale". C’è quella frattura fra Centro-Nord e Centro-Sud, quella linea Fiora-Tronto: sopra questa linea si trovano solo 6 province con valori negativi, quelle della fascia pedemontana (Vercelli, Varese, Sondrio) più Imperia, Macerata e Ascoli Piceno. Si vede una distribuzione più frastagliata al Centro-Nord, e una più omogenea al Centro-Sud.

I valori medi di questa ricchezza vedono ampiamente al primo posto l’Emilia Romagna, seguita da Toscana e Friuli Venezia Giulia. La Sardegna è l’unica regione centromeridionale con un valore positivo, superiore a quello delle Marche.

Il dato sconfortante è in questa domanda che Cartocci si fa: "Perché lo squilibrio in termini di risorse di capitale sociale è rimasto pressoché invariato dopo due decenni e più?". La ricerca di Putnam, infatti, approdava a risultati analoghi. L’Italia era e rimane un Paese spaccato, sia per distribuzione di ricchezza economica sia per "capitale sociale". In Europa non c’è altra nazione che abbia una analoga polarizzazione fra regioni ricche e povere, salvo (per difetto) la Germania riunificata nel ‘9.

Il deficit di "capitale sociale" di cui soffrono gli italiani, soprattutto nel Mezzogiorno, "non significa assenza di solidarietà, ma assenza di una solidarietà che abbia un orizzonte congruente con l’assetto politico-istituzionale di una grande democrazia". Significa che prevalgono forme "più coriacee" di solidarietà, come il familismo e il localismo.

Queste mappe, scrive Cartocci, riecheggiano la formula di Metternich, l’Italia "mera espressione geografica". Con una complicazione, che riguarda la politica. Le due aree più distanti in termini di sviluppo economico e "capitale sociale"presentano differenze minime nella distribuzione delle preferenze politiche. Poiché i due poli sono separati da una minima quota di voti, non possono rinunciare a frazioni di elettorato al Nord o al Sud. Il rischio è quello dell’inazione, dell’immobilismo, dell’incapacità di ricucire quello strappo sulla mappa del tesoro.