Che c'azzecca la sussidiarietà  orizzontale con il turismo?

La propensione di "mediacenti" autorevoli a portare al di fuori della nostra possibilità  di intervento il problema lo rende più grave. Spesso, invece la soluzione dipende dai nostri comportamenti quotidiani.

Il "World economic forum’s travel & tourism competitiveness report 27", il
rapporto 27 del World Economic Forum, il prestigioso organismo indipendente internazionale che misura dal 1979 l’indice di competitività turistica di più di cento paesi, assegna all’Italia un deludente e sconfortante trentatresimo posto, ben dopo la Finlandia, il Portogallo e l’Irlanda e in lizza con le ex repubbliche jugoslave (Croazia, Serbia) e con alcuni paesi dell’est (Moldavia, Slovacchia, Ungheria).

Tredici indicatori qualitativi
La graduatoria non si basa sul numero di presenza turistiche né sul fatturato.
E’ un indice qualitativo ottenuto valutando ogni paese sulla base di tredici indicatori definiti "chiave" ai fini della competitività e dell’attrattività. Tra questi: il primo riguarda le policies di regole e comportamenti (rules e regulation), il dodicesimo la percezione nazionale del turismo (national tourism perception); e poi: il rispetto dell’ambiente, la sicurezza (safety and security), l’igiene e la salute, la qualità dei
trasporti, la professionalità del personale, le risorse culturali e ambientali, i prezzi.

C’è un solo indicatore che solo parzialmente può essere influenzato dalle politiche pubbliche: le risorse culturali ed ambientali e, vivaiddio, di certo quelle non ci mancano.
Ma tutti gli altri? Eccoci, dunque, di fronte ad un ennesimo incrocio tra attività della pubblica amministrazione e attività privata. Rileggendo questi indicatori (ambiente, sicurezza, igiene, salute, trasporti, prezzi, professionalità) si capisce come possano essere garantiti solo da una amministrazione pubblica efficiente ed efficace e da comportamenti dei cittadini professionali e civili.

Ora la nostra pubblica amministrazione è tutto meno che efficiente: forse, per la caratteristica adattiva della cultura italiana, addirittura più efficace che efficiente.

La dittatura dei furbetti e dei fannulloni
I cittadini italiani sono nella maggior parte operosi, professionali, civili, onesti e creativi; ma, anche nei servizi rivolti ai turisti, ci troviamo di fronte all’ennesimo caso dove una minoranza "fannullona" e "furbetta" diventa dominante e devastante.
Ancor più quando indirettamente spalleggiata dall’inefficienza delle amministrazioni pubbliche incapaci di rappresentare quel deterrente che aiuta ad essere onesti e corretti. Perché, è noto, l’onesta è difficile mantenerla quando si ha la possibilità di essere disonesti.

Nel 26 il business dei viaggi e del turismo ha contribuito per più del 1% al prodotto mondiale lordo e ha dato lavoro a 234 milioni di persone, con una crescita dell’8,2 per cento sull’anno precedente. Non sono pochi i paesi in cui questa attività è la più importante dal punto di vista economico. Soprattutto in molti paesi in via di sviluppo.

Com’è possibile?
Com’è possibile che un paese che ha il più alto numero di siti "patrimonio dell’umanità", il più importante patrimonio archeologico e artistico del mondo, una cucina da far gola a tutti e un clima estremamente mite, anno dopo anno perda competitività?

Non trovando una spiegazione migliore, “autorevoli” analisti hanno sentenziato che la causa principale della nostra malattia sono i prezzi alti. Sarà!
Finora ho tenuto volutamente celata la parte alta della classifica. Perché sono proprio questi analisti, “autorevoli” solo per i media, parte integrante e non marginale del problema. La loro propensione a rendere "esogene" le responsabilità, a portare al di fuori della nostra possibilità di intervento l’elemento critico, deresponsabilizzandoci incancrenisce il male. Con effetti ancor più nefasti quando, invece, il "male" dipende per buona parte dai nostri comportamenti quotidiani.

Ai primi tre posti del rapporto 27 del World Economic Forum figurano, in ordine, la Svizzera, l’Austria e la Germania. Agli ultimi, l’Angola, il Burundi e il Chad. Nella mappa allegata sono indicati i livelli di competitività dei paesi europei (il rosso più scuro indica maggiore competitività).

Ebbene: chiunque sia stato in vacanza in Francia, Olanda o Svizzera, sa benissimo che quello che da noi costa 1, lì si paga due o tre volte di più. Eppure quei paesi pullulano di turisti, moltissimi anche italiani. Chi va in Costa Azzurra o in Provenza, ad esempio, farà una certa fatica a trovare qualcosa da migliorare. Ad un prezzo mediamente più alto, corrisponde, quasi sempre, un servizio… mediamente più alto.

Tesoretto o immenso tesoro
Invece di litigare sul “tesoretto“ perché non ci decidiamo, una volta per tutte, a valorizzare questo immenso tesoro che abbiamo la fortuna, e non il merito, di avere?

L’Italia perde competitività soprattutto per la qualità dei suoi servizi e per la scarsa considerazione che mostra di avere verso i turisti (che, con incredibile miopia, accomuna i governi nazionale e locali con parte di ristoratori o albergatori).

L’Italia diventa meno "appetibile" per il turista per la sporcizia e l’incuria di ciò che è pubblico (strade, muri o treni è lo stesso) e, spesso, per l’incapacità e l’indifferenza di certe amministrazioni a rendere più difficile la vita dei "furbetti del quartierino", di coloro che trattano il turista come spugna da spremere invece che come risorsa preziosa da tutelare e conservare.

Le città pulite, non imbrattate (ma ci rendiamo conto che non c’è un muro di Roma che sotto i due metri non sia imbrattato da vernici spray che, forse in un caso su diecimila, hanno ambizioni artistiche?); le città pulite, dicevo, sicure, non inquinate, con trasporti efficienti, taxisti onesti, tariffe e prezzi monitorati e vigiliati sono evidenti obiettivi dove le amministrazioni pubbliche hanno un ruolo sostanziale e dove la gran parte di esse hanno fallito! Senza ma né bà!

"Favorire"
In alcuni settori (ambiente, sicurezza, igiene, salute, trasporti) i cittadini possono avviare iniziative autonome che lo Stato deve "favorire". Lo dice la Costituzione italiana.

In altri (prezzi, professionalità, regole e comportamenti, percezione nazionale del turismo come ricchezza) lo Stato deve cercare e stimolare, “favorire“, la collaborazione attiva dei cittadini. Sono settori dove è difficile che la cittadinanza attiva intervenga di propria iniziativa, perché non riguardano la sopravvivenza quotidiana dei cittadini, ma dove sono le politiche pubbliche che devono essere trainanti, in primis attivando la collaborazione dei cittadini. Dove lo Stato deve passare, per avere successo, da una amministrazione bipolare ad un’amministrazione condivisa.

Ecco una riforma che senza intaccare il "tesoretto" tutela un immenso tesoro e arricchisce la nazione.