Secondo gli intenti dell’Auser questa Guida, presentata a Bologna e curata dall’associazione Servizi nuovi, con la quale Auser storicamente collabora, "vuole essere uno strumento nato per offrire un supporto nel mettere in pratica la sussidiarietà orizzontale. Un concetto complesso, interpretato in maniera diversa e difficile da applicare".
La guida rappresenta il frutto di un ragionamento e di una elaborazione sul tema della sussidiarietà che l’Auser ha avviato da tempo e che ripercorriamo in estrema sintesi.
Il principio di sussidiarietà si riferisce ad attività che i cittadini svolgono in modo libero, autonomo, volontario. Prendiamo ad esempio il tema della solidarietà, nel senso comune di un trasferimento di risorse (monetarie o reali) a chi ne ha bisogno e non è in grado di procurarsele da solo. Un conto sono, secondo la guida, i trasferimenti realizzati attraverso le attività di prelievo e di spesa gestite dalla mano pubblica; un altro sono quelli che prendono corpo in base ai comportamenti delle persone, si tratti delle infinite forme di assistenza che si realizzano all’interno delle famiglie, dell’aiuto tra vicini, o di iniziative diversamente ‘strutturate’.
Da un lato la solidarietà ‘istituzionalizzata’ dei sistemi di welfare; dall’altro fattori di coesione operanti all’interno del tessuto sociale, in ragione dei ‘modi di sentire’ (o anche di ragionare) dei suoi membri.
La sussidiarietà, passa appunto per questa seconda strada, la quale, naturalmente, ne contiene anche il ‘punto d’onore’.
Pregi e limiti della sussidiarietà
Bisogna sapere, precisa l’Auser, che a percorrerla si incontra un problema di notevole rilievo.
Per chiarirlo, l’Auser fa riferimento alle categorie concettuali elaborate da Sen e lo fa nei termini che proverò a illustrare.
Proprio in quanto liberi, autonomi, volontari, i comportamenti legati al principio di sussidiarietà appartengono alla sfera delle cosiddette ‘obbligazioni imperfette’, cioé di quelle obbligazioni che risultano cogenti soltanto nella misura in cui sono vissute come tali, piuttosto che stabilite e rese vincolanti dalla legge: insomma, obbligazioni ‘interne’ piuttosto che ‘giuridiche’. Secondo l’Auser, questo dato di ‘imperfezione’ può essere guardato, al tempo stesso, come un pregio e come un limite.
Come un pregio, perché certamente coincide con una manifestazione di vitalità del tessuto sociale, che autonomamente, appunto, trova in sé stessa fattori di coesione e di ‘sviluppo umano’.
Ma, al tempo stesso, come un limite; perché il carattere non-giuridico delle obbligazioni, impedendo di garantirne gli effetti, impedisce anche di utilizzarle come basi sulle quali affermare diritti esigibili: questione non trascurabile, perché invece, secondo Sen, e secondo l’Auser, quando sono in discussione i ‘settori centrali’ del welfare (ma non soltanto questi) occorre ragionare proprio in termini di diritti esigibili e dunque, per converso, di ‘obbligazioni perfette’.
“Le obbligazioni imperfette, sia pure così importanti, non dovrebbero portare a indebolire l’impegno e il sostegno nei confronti delle obbligazioni perfette in capo allo Stato sociale, che si deve occupare di assistenza sanitaria, dei sistemi di sicurezza e di previdenza sociale”.