Gli autori descrivono gli effetti derivanti dall’adozione di un modello di organizzazione e gestione del settore dei SPL alternativo rispetto a quello tradizionale, il modello dei cd. self-directed services. Scopo del lavoro è quello di dimostrare che una più attiva e propositiva partecipazione dei cittadini anche nell’ambito della scelta e dell’organizzazione dei pubblici servizi a livello locale contribuisce ad una più efficiente realizzazione dell’interesse collettivo.
Punto di partenza è il dato empirico. Attraverso lo studio approfondito di alcune realtà locali inglesi in cui ha preso piede il modello dei self-directed services definito “in Control”, gli autori dimostrano che l’adozione del self-directed services assicura il supporto necessario affinché ciascun membro della comunità possa esprimere in piena libertà le proprie preferenze sui servizi ad essi offerti permettendo così di creare delle soluzioni personalizzate che possano garantire livelli efficienti nella prestazione dei pubblici servizi a costi più bassi e permettere una maggiore partecipazione alla vita della società. Si verrebbero in tal modo a definire i contorni di una nuova realtà in cui a ciascun cittadino è dato il potere di individuare i servizi da fornire, di scegliere tra coloro che sul mercato hanno il compito di fornirli e di sapere con esattezza in che modo il denaro pubblico viene impiegato.
L’approccio partecipativo è di certo il fattore che contraddistingue questo modello da quello tradizionalmente adottato dalle comunità locali. L’idea di fondo poggia ancora una volta sull’assunto che lo Stato, nella veste di fornitore di pubblici servizi, non può da solo tener conto delle reali e specifiche esigenze di ciascun membro della collettività. Il ruolo del governo dovrebbe essere, al contrario, quello di garantire a ciascun individuo la libertà di effettuare le proprie scelte a livello collettivo e in maniera responsabile. Solo in questo modo la partecipazione dei cittadini non sarebbe sterile ma decisiva per la tutela dell’interesse collettivo. Lungi dall’assolvere un mero ruolo consultivo, il cittadino diventa, dunque, parte attiva del processo decisionale e il suo apporto determinante circa l’impiego del denaro pubblico e la realizzazione degli obiettivi delle politiche pubbliche nel settore.
All’interno di un sistema democratico e liberale, infatti, il modello dei self-directed services funziona proprio perchè consente di mettere in moto idee, know how, energie di migliaia di persone che efficientizzano il sistema nella ricerca delle soluzioni più ottimali. La partecipazione è efficiente perché mette a disposizione della massa degli utenti gli strumenti con i quali autoamministrarsi e autoprodurre ciò di cui hanno bisogno. Secondo gli autori, la partecipazione è “il miglior antidoto” contro la dipendenza da servizi standardizzati. Anzi, essa rappresenta un fattore vitale non solo per introdurre modalità di erogazione dei servizi esistenti più personalizzate e maggiormente conformi alle reali necessità e aspirazioni individuali, ma altresì per tenere sotto costante monitoraggio i bisogni emergenti e per distribuire le entrate pubbliche senza alcun spreco di risorse.
Per garantire che il sistema funzioni, gli autori suggeriscono l’adozione del meccanismo dei “personal budget”. La crescita delle aspettative della collettività in termini di qualità, flessibilità e personalizzazione dei servizi pubblici assieme alle limitate capacità finanziarie di cui speso le amministrazioni dispongono per garantire la fruizione di servizi di qualità a costi ragionevoli e accessibili a tutti, sono gli elementi che spingono verso la ricerca di formule innovative radicali e di strumenti per dare concretezza a queste formule. Si tende a creare in tal modo una realtà in cui ciascun individuo si vede assegnato un “indicative budget”, attraverso il quale individuare le combinazioni di servizi che assumono rilevanza in relazione ai propri bisogni e a quelli della propria collettività. Attraverso la predisposizione di un “support plan” – che tenga conto delle varie categorie sociali, delle minoranze o della natura dei servizi pubblici (salute, educazione, lavoro, famiglia, sanità) oggetto di fruizione – e la sua successiva approvazione da parte delle autorità locali in funzione di controllo, il budget da indicativo diviene reale e consente di rispecchiare le reali scelte collettive. Una volta predisposto e approvato il piano, le risorse cominciano a essere irrogate agli utenti e per il loro tramite ai prestatori di servizi prescelti dagli utenti.
La funzione di questo piano, perciò, non è più semplicemente quella di indicare o elencare i servizi che le autorità locali mettono a disposizione della collettività, bensì di evidenziare i bisogni per i quali i cittadini manifestano una maggiore domanda, i termini e le modalità di approvvigionamento compatibili con le risorse a disposizione. Lo scopo è quello di trovare il modo migliore per adattare i servizi pubblici alle reali necessità dei cittadini. Il modello dell’auto organizzazione dei pubblici servizi si propone, dunque, di allocare il budget a disposizione di ciascun utente in modo da poter individuare il supporto e i servizi di cui ha bisogno, e garantire al contempo equità e trasparenza nel rapporto tra il denaro da spendere e i bisogni della collettività. Garantire equità significa che persone con bisogni simili accedono a servizi qualitativamente simili. Di certo il sistema dei personal budgets promuove la scelta fra diversi operatori e quindi è destinato a incidere anche sulla competitività del mercato dei servizi pubblici.