1. La Regione autonoma della Sardegna riconosce che la violenza sulle donne è violenza di genere. Essa costituisce un attacco all’inviolabilità della persona ed alla sua libertà, secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalle vigenti leggi.
2. Alle vittime di violenza e ai loro figli minori è assicurato un sostegno per consentire loro di ripristinare la propria autonoma individualità e di riconquistare la propria libertà, nel pieno rispetto della riservatezza e dell’anonimato.
1. La Regione, ai sensi della legge 4 aprile 21, n. 154, e della legge 8 novembre 2, n. 328, promuove e coordina iniziative per contrastare la violenza di genere intervenendo con azioni efficaci contro la violenza sessuale, fisica, psicologica e/o economica, i maltrattamenti, le molestie e i ricatti a sfondo sessuale e non, in tutti gli ambiti sociali, a partire da quello familiare.
2. La Regione riconosce l’importanza dell’attività svolta dai centri antiviolenza e dalle case di accoglienza già operanti nel territorio regionale, valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome ed autogestite dalle donne e garantisce la promozione di nuovi centri e/o case di accoglienza avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente da enti, associazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che abbiano come scopo primario la lotta e la prevenzione della violenza sulle donne e i minori e la solidarietà alle vittime e che dimostrino di disporre di personale adeguato per i compiti predetti e di avere almeno tre anni di esperienza nello specifico settore.
3. La Regione favorisce e promuove interventi di rete di istituzioni, associazioni, organizzazioni, enti pubblici e privati o di competenze e figure professionali, per offrire alle donne, italiane o straniere, risposte differenziate rispetto al tipo di violenza subita, ai danni da questa causati ed ai conseguenti effetti.
Costituzione dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza
1. La Regione, al fine di garantire adeguata solidarietà, sostegno e soccorso alle donne vittime di violenza ed ai loro figli minori finanzia centri antiviolenza e case di accoglienza.
2. I centri antiviolenza e le case di accoglienza possono essere promossi: a) da enti locali singoli o associati;b) dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, che dimostrino di avere almeno tre anni di esperienza e di disporre di personale adeguato; c) di concerto, dai soggetti di cui alle lettere a) e b), d’intesa o in forma consorziata.
3. Alle strutture di cui al presente articolo possono ricorrere tutte le donne vittime di violenza, sole o con figli minori, indipendentemente dal loro status giuridico o di cittadinanza.
4. I centri antiviolenza e le case di accoglienza sono dotati di strutture adeguate e di personale specializzato, operano senza fini di lucro e in autonomia nelle metodologie, nella gestione e nelle modalità di rapporto con le istituzioni pubbliche o private; i centri e le case garantiscono l’anonimato della donna, salvo diversa decisione della donna stessa.
5. I centri antiviolenza sono costituiti in numero massimo di otto, dislocati in ambito provinciale.
6. Le case di accoglienza sono aperte in centri che abbiano popolazione non inferiore ai 3. abitanti. Nei comuni superiori ai 1. abitanti e nelle aree vaste può essere prevista l’apertura di più centri e case di accoglienza.
7. Il centro antiviolenza può essere comprensivo o collegato a una casa di accoglienza che deve presentare caratteri di funzionalità e sicurezza sia per le donne che per i loro figli minori.
8. Le sedi dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza possono essere di proprietà pubblica, comunale, provinciale o regionale.
9. Ogni centro antiviolenza e ciascuna casa di accoglienza sono retti da un regolamento autonomo interno che definisce il rapporto con le donne ospiti.
1. Il centro antiviolenza svolge le seguenti funzioni e attività: a) colloqui preliminari per individuare i bisogni e fornire le prime indicazioni utili; b) percorsi personalizzati di uscita dalla spirale della violenza;c) colloqui informativi di carattere legale; d) affiancamento della donna, qualora la stessa lo richieda, nella fruizione dei servizi pubblici o privati, nel rispetto dell’identità culturale e della libera scelta di ognuna.
2. Il centro antiviolenza svolge, inoltre, le seguenti attività: a) raccolta e analisi dei dati relativi all’accoglienza ed all’ospitalità; b) diffusione dei dati elaborati e analisi delle risposte dei servizi pubblici e privati contattati e coinvolti; c) formazione e aggiornamento delle operatrici dei centri e degli operatori sociali istituzionali; d) iniziative culturali di prevenzione, di pubblicizzazione, di sensibilizzazione e di denuncia in merito al problema della violenza contro le donne, anche in collaborazione con altri enti, istituzioni e associazioni; e) raccolta di documentazione sul fenomeno della violenza sulle donne da mettere a disposizione di singole persone o di gruppi interessati.
3. I centri antiviolenza e le case di accoglienza mantengono costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche cui competono l’assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati e sviluppano con protocolli appositi e linee guida le relazioni con i servizi sociali dei comuni, i servizi sanitari delle ASL e le strutture scolastiche anche al fine di garantire risposte adeguate alle diverse condizioni di provenienza.
1. Alle case di accoglienza e al personale, dotato di adeguata professionalità e comprovata esperienza nel settore, sono garantite la riservatezza e la sicurezza. Le case sono strutture di ospitalità temporanea per le donne ed i loro figli minori che si trovano in situazione di necessità o di emergenza; il personale coordina le ospiti nell’autogestione della casa.
3. L’accesso alle case di accoglienza avviene unicamente per il tramite del centro antiviolenza, secondo le valutazioni ed i pareri espressi dall’equipe di accoglienza.
1. Gli enti locali singoli o associati possono stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, per lo studio, redazione e gestione del progetto antiviolenza, nonché per definire le modalità di erogazione dei servizi e degli interventi e assicurare la continuità del progetto stesso.
1. I servizi dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza sono gratuiti.
2. Il soggiorno nelle case di accoglienza per le donne ed i loro figli minori è gratuito fino ad un massimo di centoventi giorni, salvo diverse previsioni e necessità documentate dal personale responsabile. Qualora si trovino in disagiate condizioni economiche vengono affidati ai servizi sociali del territorio di appartenenza.
1. La Regione emana norme perché i comuni garantiscano adeguata assistenza finanziaria alle donne che vengano a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata dal personale dei centri antiviolenza, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di stupri, violenze e abusi sessuali, fisici o psicologici e che si trovino nell’impossibilità di rientrare nell’abitazione originaria.
2. La Giunta regionale, ad integrazione di quanto previsto nell’articolo 14 della legge regionale 6 aprile 1989, n. 13, e successive modifiche e integrazioni, può finalizzare la riserva di alloggi per situazioni di emergenza abitativa a casi di donne vittime di violenze in famiglia laddove siano iniziati i relativi procedimenti giudiziari.
1. La Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale, sentita la Commissione consiliare competente, stabilisce i criteri e le priorità per la concessione di contributi diretti a finanziare le attività e le strutture di cui alla presente legge; gli adempimenti connessi all’attuazione degli interventi sono demandati all’Assessorato regionale dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale che vi provvede conformemente a linee guida appositamente emanate, contenenti, tra l’altro, gli standard funzionali ed i protocolli di prima accoglienza riferiti ai centri antiviolenza ed alle case di accoglienza.
2. I fondi stanziati dalla Regione sono erogati entro i sessanta giorni successivi al ricevimento delle domande di concessione dei contributi.
1. I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge sono cumulabili con quelli previsti dalle normative comunitarie e statali, sempre che non sia da queste diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime.
2. La convenzione di cui all’articolo 6, comma 1, prevede le forme da adottare per garantire la regolarità delle erogazioni e la continuità del servizio.
1. I soggetti promotori di cui all’articolo 3 presentano ogni anno alla Giunta regionale una relazione sull’andamento e sulla funzionalità dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza.
2. La Giunta regionale, tramite l’Assessorato regionale dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale assicura annualmente la rilevazione sistematica del fenomeno della violenza contro le donne, individua le “buone prassi” e predispone una relazione per definire i criteri di cui all’articolo 9, comma 1, anche in funzione della predisposizione dei documenti di programmazione e bilancio della Regione.
1. Gli oneri previsti dall’applicazione della presente legge sono valutati a decorrere dall’anno 28 in euro 1.2. per l’anno 28 e in euro 1.8. per gli anni successivi; nel bilancio di previsione della Regione per gli anni 27-21 sono apportate le seguenti variazioni: in aumento Strategia 5 – Sanità e politiche sociali Funzione obiettivo 3 – Attività per l’inclusione sociale
2. Le spese per l’attuazione della presente legge gravano sulla suddetta UPB del bilancio della Regione per gli anni 27-21 e su quelli corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.
1. La presente legge entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna.