“Gli anni ’7 – ha detto Arena, riprendendo un intervento della plenaria della mattinata – sono gli anni della partecipazione, gli anni ’8 quelli della trasparenza. La partecipazione in quella accezione non ha infatti funzionato perché il potere decisionale è stato spostato altrove. Negli anni ’8 si è dunque imposto il tema della trasparenza come conoscenza del processo decisionale. Non a caso, la legge è arrivata nel 199, al termine di un decennio informato da questa discussione”.
Comincia, insomma, ad andare in crisi il paradigma bipolare, dove il cittadino è solo beneficiario delle politiche. “Gli anni ’9 – ha proseguito Arena – potrebbero essere gli anni della semplificazione, dove prende piede la discussione sulla Pa. Con l’apertura alla concorrenza, infatti, il tema dell’efficienza dell’amministrazione diventa un problema anche delle imprese, ed emerge la semplificazione”.
“In questi ultimi anni, con l’introduzione del 118 ultimo comma, si crea una frattura del monolite per cui la Pa è l’unica titolare dell’interesse generale. I cittadini diventano co-amministratori. Concretamente i cittadini che si attivano si prendono cura dei beni comuni del territorio, sia materiali che immateriali. Tutto questo è giustificato dal principio di sussidiarietà”.
“C’è un’altra accezione – ha ricordato Arena – che vede nella sussidiarietà la legittimazione al ritrarsi dei poteri pubblici. Il problema è che questa interpretazione non è coerente con il dettato costituzionale e non risponde al problema della complessità. La società presenta alle istituzioni nuovi problemi e bisogni ai quali la Pa non può rispondere da sola. Ci si priverebbe di tutte le risorse che i cittadini hanno in mano”.
Il presidente Labsus ha chiarito anche la differenza tra sussidiarietà e volontariato: “i volontari sono impegnati, devono avere competenze, operano entro organizzazioni; i cittadini attivi, soli o insieme, vedono un problema e si chiedono cosa possono fare. Fino al 21 non avevano alcun titolo a intervenire. Ora sono legittimati, ma spesso gli amministratori non lo sanno. Eppure sono linfa vitale per la democrazia”.
Come si è evoluta la presenza delle persone nella vita pubblica? “Siamo passati – ha spiegato Arena – dal voto, alla partecipazione, ai processi decisionali inclusivi e, oltre, al fare cose: alla sussidiarietà orizzontale che parte da un interesse concreto. Alla base c’è un mix di egoismo e altruismo, che distingue la sussidiarietà dal volontariato”.
Arena ha ripreso anche il tema della ricchezza in connessione alla qualità dei beni pubblici. “Dal punto di vista del reddito individuale – ha sottolineato – l’Italia è ancora un paese con un certo benessere, ma c’è estrema povertà dei beni pubblici. Una famiglia italiana, a parità di reddito, è molto più povera di una famiglia francese o tedesca. I beni comuni fanno la differenza sulla qualità della vita”.
La risposta potrebbe essere quella di “un piano nazionale di manutenzione dei beni comuni”. “Bisognerebbe creare un quadro di riferimento che desse legittimità a tutte le esperienze e i soggetti della sussidiarietà orizzontale, per potersi sentire non ospiti ma padroni di casa della Repubblica”. E questa, ha concluso Arena, “è la battaglia di Labsus”.
I casi che analizzati nella sessione coordinata da Arena sono raccontati qui.