In un contesto attuale, dove sia il cinema che la letteratura ci raccontano la difficoltà di essere giovani in Italia, è di fondamentale importanza che gli attori sociali, che si trovano nelle posizioni chiave di produzione di welfare, comincino a trovare spazi nuovi di interfaccia. Dirigenti e funzionari del settore pubblico e del privato sociale si sono riuniti a Firenze con l’obiettivo di aprire una finestra di riflessione sui fattori più importanti che possono favorire lo sviluppo di cittadinanza e autonomia dei giovani.
Le quattro giornate di Firenze
Dopo la prima giornata di apertura del workshop, i lavori delle successive due giornate sono stati suddivisi in tre laboratori gestiti dai formatori della Cooperativa Il Sestante (Treviso) in qualità di partner tecninco del workshop. Il primo, il lab A: il potere dei giovani nei processi di cittadinanza attiva fra coinvolgimento e partecipazione organizzato da Piergiulio Branca e Marco Emilio ;il secondo, il lab. B:metodi e strumenti per la partecipazione giovanile nei percorsi di empowerment della comunità locale, tenuto da Mirko Pizzolato e Andrea Conficoni; l’ultimo, il lab. C: giovani, casa, lavoro: percorsi di promozione dell’autonomia, organizzato da Alberto Baccichetto e Paolo Paroni. Il lavoro di ogni laboratorio è stato poi riportato nella Tavola rotonda dell’ultimo giorno dove erano presenti alcuni rappresentanti delll’Agenzia Nazionale per i giovani (dott.ssa Paola Trifoni), della Regione Veneto (dott.Francesco Gallo), della Rete Iter (il presidente Giulio Salivotti), della Regione Toscana (dott. Giovanni Pasqualetti).
È estremamente difficile sintetizzare il lavoro di quattro giorni davvero intensi e produttivi. Ma due sono gli elementi fondamentali emersi dai lavori della conferenza: 1. il ruolo di strumenti metodologici adeguati allo sviluppo di comunità; 2. le istanze emerse come fattori generativi per l’autonomia e la cittadinanza dei giovani.
Gli strumenti per lo sviluppo di una comunità
Il primo punto sembra scontato, ma non lo è affatto. Negli ultimi anni molte esperienze di partecipazione sono nate dall’alto, per volontà politiche in crisi di legittimità, e spesso deludendo le aspettative dei cittadini e della società civile. Insomma non basta una partecipazione formale, ma è necessaria una partecipazione anche sostanziale. E per realizzarla, per creare le condizioni reali di “una periferia che possa influenzare e incidere il centro” diventa necessario dotare le persone di metodi, strumenti, competenze per affrontare le dinamiche complesse dei processi decisionali. La Costituzione riconosce e legittima tutto questo attraverso l’art.118 u.c. nell’esercizio della cittadinanza attiva. Misurare l’influenzamento, la conoscenza dei processi, il senso di responsabilità, di proprietà e di autonomia è possibile nel momento in cui può non apparire più come l’impresa più ardua se si cominciamo a vedere gli ostacoli alla qualità della propria vita, come speranze di cambiamento.
La ricerca-azione, utilizzata come approccio di sfondo per le attività del workshop, è stato lo strumento principale di lavoro. Un approccio democratico alla comunità, che ha la duttilità di poter facilitare le interazioni fra le persone e che può far crescere la soggettività di una comunità attraverso l’empowerment. Ovviamente in questo il ruolo degli operatori di terzo settore come faciliatori dei processi è la chiave di volta se vogliamo costruire percorsi di autonomia e responsabilizzazione: gli strumenti devono rimanere dei mezzi e mai non diventare dei fini dell’intervento stesso. Altrimenti rischiamo di rimanere sempre in vecchi schemi di un welfare assistenziale che presuppone la risposta ai bisogni dei giovani .
L’autonomia e la cittadinanza dei giovani
Per questo motivo le politiche giovanili devono essere fatte con i giovani e non per i giovani. Le istanze emerse hanno evidenziato proprio questo: l’importanza della creazione delle condizioni per lo sviluppo dell’autonomia nei processi decisionali a partire dalla programmazione degli interventi, passando per la collaborazione per la definizione e la promozione delle strategie di sviluppo della cittadinanza giovanile, fino alla valutazione stessa delle azioni attivate. Nella società ci sono competenze, capacità già stabilite culturalmente che le organizzazioni- politiche e non- devono riconoscere, rispettare e far ri-fiorire.
L’autonomia delle generazioni future è un bene verso cui tutta la società è chiamata a prendersi cura. I giovani sono in quella fase centrale della vita in cui sviluppare e crescere in autonomia è centrale. Come ha ricordato Gregorio Arena, presidente di Labsus, nel suo intervento nella fase conclusiva del worskshop, “fare allora politiche giovanili senza tener conto che sono loro in quella fase cruciale di realizzazione dei propri progetti di vita, non ha senso se non lo si fa con loro. É in questo senso che il modello dell’amministrazione condivisa è adatto per la collaborazione con i cittadini, per rendere non solo loro, ma soprattutto i giovani autonomi”.