Al convegno, organizzato dall’associazione culturale studentesca Yer (Young European Reformists) nella facoltà di Scienze politiche, hanno partecipato personalità della politica, del diritto e dell’economia, tutte materie che si intersecano nel groviglio interpretativo ed attutivo della riforma ormai non più tanto nuova.
Tra i protagonisti anche il Presidente di Labsus Gregorio Arena.
Riforma del titolo V: un processo tutto giurisprudenziale
Questo il contenuto fondamentale dell’intervento del Prof. Roberto Bin, docente di diritto costituzionale presso l’università degli studi di Ferrara.
Il giurista, infatti, evidenzia come, alla maggiore autonomia riconosciuta sulla carta alle regioni, con l’inversione delle competenze prevista dall’articolo 117 post-riforma, sia corrisposta una sostanziale inerzia da parte del legislatore che ha costretto la Corte costituzionale ad esprimersi più volte per cercare, interpretandone l’assunto, di attuare il nuovo dettato costituzionale nel miglior modo possibile.
E’ stata la Corte, infatti, a parlare per esempio della sussidiarietà verticale non come uno strumento per dare più potere agli enti locali, ma innanzitutto come assicurazione dei diritti dei cittadini.
Ma perché la riforma del titolo V ha avuto così tanti problemi di attuazione?
L’idea di Bin in proposito è quella per cui quando le riforme si fanno senza prestare attenzione ai problemi che si vogliono risolvere, facendo finta che non esistano, alla fine quei problemi rispuntano con tutta la loro forza destabilizzante.
Una legge può essere efficace solo se arriva a suggellare una certa consuetudine consolidata dal tempo.
Legge sul federalismo fiscale: un sistema troppo complesso
Il Prof. Giorgio Brosio, docente di finanza pubblica e governo locale presso l’università di Torino, è invece intervenuto sull’attuazione dell’articolo 119 cost. e sulla legge appena approvata in materia di federalismo fiscale. Una legge che porta con sé non pochi problemi di natura culturale e gestionale, ma anche prettamente finanziaria.
Un sistema di federalismo in Italia è sicuramente utile, ma necessita di alcune condizioni imprescindibili che possono essere riassunte in:
- una opinione pubblica matura;
- istituzioni appropriate per il coordinamento tra diversi livelli di governo;
- una forte responsabilizzazione dei governi locali (vincoli di bilancio, meccanismi sanzionatori, ecc…).
Inoltre, non vanno sottovalutati i forti divari territoriali che riguardano sia la ricchezza che l’efficienza. Basti pensare che la regione più ricca d’Italia, la Lombardia, ha un reddito procapite due volte e mezzo più grande rispetto a quello della regione italiana più povera che risulta essere la Calabria.
Ma i maggiori dubbi del Prof. Brosio riguardano il sistema di finanziamento che la nuova legge prevede per l’implementazione del federalismo. Un sistema complesso soprattutto in materia di schemi di trasferimento che, se teoricamente favoriscono l’autonomia regionale, in pratica non farebbero altro che rendere tutte le regioni, ad eccezione della Lombardia, più o meno dipendenti dallo Stato.
Gregorio Arena: tra il ghiacciaio e la casa
Dai primi interventi ci si rende conto di quanto tutto sia ancora sospeso.
Solo l’ultimo comma dell’articolo 118 della Costituzione, sembra davvero prendere vita e corpo grazie ai cittadini. Ed è proprio a proposito di questo comma e del nuovo principio di sussidiarietà orizzontale che interviene il Prof. Gregorio Arena, presidente di Labsus e docente di diritto amministrativo presso l’università di Trento.
La pubblica amministrazione ha sempre avuto, dice Arena, una struttura forte e resistente ai vari cambiamenti politici, anche a quelli più radicali. Un corpo pesante che cambia con il ritmo del ghiacciaio: solo tornando a distanza di tempo ci si accorge di quanto il ghiacciaio si sia "mosso". Tuttavia, ogni tanto possono verificarsi fratture nel ghacciaio, che ne velocizzano il movimento. Anche la pubblica amministrazione ha conosciuto delle fratture nel suo movimento. E non sempre queste sono avvenute in corrispondenza con le fratture politiche.In particolare, tre sono le fratture più importanti che hanno prpfondamento segnato e modificato la morofologia e la dinamica della pubblica amministrazione. Esse coincidono con:
- l’istituzione delle regioni nel 197;
- la legge sul procedimento amministrativo n. 241/199
- la riforma del titolo V della Costituzione con l’introduzione dei concetti di sussidiarietà verticale e orizzontale.
Il processo non è ancora terminato ed altre piccole grandi fratture potranno comparire sulla superficie del ghiacciaio ma un importante traguardo è già stato raggiunto: i cittadini non sono più considerati dei semplici amministrati. La Costituzione, in seguito alla riforma del 21, ha preso atto di una realtà esistente già da tempo in Italia. Quella realtà fatta di tanti cittadini che singolarmente o associati si prendono cura dei beni comuni e (quindi anche) della democrazia, stanchi e insoddisfatti di vivere nel guscio comodo dell’amministrato. I cittadini attivi insomma, quelli che anzichè stare a guardare il degrado dei beni comuni, fanno qualcosa per evitarlo.
Ma chi sono i cittadini attivi?
Sono tutti quei cittadini che si collocano al centro tra i veri e propri volontari e quelli che invece sono i cosiddetti free-riders, ovvero i cittadini parassiti. Sono semplici cittadini che, consapevoli del proprio ruolo nella società e della complessità dei problemi nella cura dei beni comuni, si attivano in tempi e modi diversi con la consapevolezza che l’arricchimento dei beni comuni comporta l’arricchimento di tutti.
Il vecchio paradigma bipolare nel rapporto tra privati e pubblica amministrazione, ha contribuito al diffondersi dell’idea che l’interesse pubblico costituisca monopolio esclusivo dei burocrati. Il 118, ultimo comma, della Costituzione spezza questa logica. E innesta l’idea del public interest all’inglese. Per cui i cittadini non devono più sentirsi ospiti, bensì padroni di casa nella Repubblica.
I cittadini come analisti della società
Uno degli interpreti di questo nuovo modo di intendere il ruolo dei cittadini, è sicuramente Cittadinanzattiva, il cui Segretario Nazionale, Teresa Petrangolini, è intervenuta al seminario per esporre esperienze e traguardi raggiunti.
In particolare, la Petrangolini ha parlato di audit civico, ovvero quel sistema di monitoraggio e controllo che i cittadini portano avanti in diversi settori. Molto importante l’audit civico in sanità che col tempo è diventato uno dei criteri con i quali ben nove regioni decidono se confermare o sostituire i direttori generali e lo stesso budget da destinare alla sanità.
Qual è il potere dei cittadini attivi?
I cittadini hanno più potere di quanto normalmente si pensi: hanno il potere importante di cambiare con le loro azioni e, a volte, le loro battaglie, la mentalità e le abitudini di un Paese. Essere cittadini non significa solo votare e pagare le tasse, ma organizzarsi autonomamente per la tutela dei propri diritti.
Il peso delle associazioni della società civile è ancora basso, ma alto è il grado di fiducia che queste associazioni hanno presso la popolazione. Far corrispondere un peso politico a questa fiducia significherebbe dare piena realizzazione ai principi di sussidiarietà e democrazia.
Conclusioni
Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al Prof. Stefano Ceccanti, senatore del Partito Democratico che, auspicando in una più celere e completa implementazione della riforma oggetto del dibattito, ha lanciato l’idea, in una prospettiva futura, di svolgere le elezioni del Senato in concomitanza con quelle regionali.