Cittadini attivi e cultura, un binomio possibile

Con la crisi della politica, delle istituzioni e della rappresentanza diventa più che mai urgente il ricorso a istituti, dispositivi e pratiche che siano in grado di rivitalizzare le forme della democrazia rappresentativa.

Dire che siamo di fronte a mutamenti delle forme di azione pubblica e dei sistemi di regolazione significa riconoscere che cambia o sta cambiando il modello di amministrazione pubblica, che oggi si caratterizza per un policentrismo basato sulla presenza di una pluralità di attori e per modalità di azione che accentuano la dimensione negoziale. In contesti di governance, infatti, emerge sempre più quella funzione intermediaria della p.a. che ha come diretto contraltare la rilevanza del ruolo dei cittadini. Questi ultimi non sono più considerati esclusivamente come testimoni passivi, ma come persone che si attivano, che possono prendere parte alla vita pubblica e alle decisioni in materia di politiche, soprattutto quelle a loro più prossime. E’ a partire dagli anni ’9 che si comincia a parlare, infatti, di processi, pratiche, esperienze e percorsi di tipo partecipativo/deliberativo sia in Europa che in Italia.

Capacità e incapacità della pubblica amministrazione

In questo scenario diventa rilevante sia il rapporto con la società civile che le condizioni che alimentano la sfera pubblica ovvero quella dimensione e quello spazio in cui le questioni e le materie di interesse collettivo vengono discusse con i cittadini e non appartengono più a ristrette cerchie di esperti, al chiuso delle stanze della politica, alla pubblica amministrazione tout court o esclusivamente alle arene di eletti secondo i principi della democrazia rappresentativa. Con la crisi della politica, delle istituzioni e della rappresentanza diventa, infatti, più che mai urgente il ricorso a istituti, dispositivi e pratiche che siano in grado di rivitalizzare le forme della democrazia rappresentativa che necessita di sostegno e supporto per riprendere vita, sostanza e contenuti. Pratiche concrete che mettano al centro la società civile e i cittadini e che possono tradursi nel quotidiano in un miglioramento dei servizi, in un apprendimento alla co-progettazione, in un accrescimento della civicness e in una responsabilità condivisa su materie pubbliche.
Il nuovo ruolo auspicato per la pubblica amministrazione (leggi enti locali) di regia, mediazione, coordinamento, ricomposizione degli interessi, terzietà ecc. nella pratica, però, stenta ad affermarsi. I cambiamenti sono molto lenti e a volte ostacolati dalle stesse capacità o incapacità politiche e amministrative, da diversi gradi di consapevolezza legati alle trasformazioni del contesto e dall’istituzionalizzazione di una certa cultura burocratica e di pratiche che si sono andate cristallizzandosi nel tempo. La stessa prospettiva della governance coesiste insieme ad una prospettiva di government in relazione sia agli interventi di riforma istituzionale del legislatore che alla riorganizzazione degli enti locali, orientati a ragionare in termini di strutture, architetture, organizzazione con i loro discorsi e le loro retoriche relative al controllo di gestione, ai carichi di lavoro, all’efficienza interna.

Innovazione e partecipazione

In questo quadro di riferimento è stato analizzato il processo partecipativo adottato dal Comune di Forlì che ha condotto all’istituzione del Tavolo della Cultura. A partire da questa esperienza l’Autrice si è interrogati su quanto tali processi partecipativi possano essere un modo per generare e moltiplicare discussione, relazioni pubbliche e senso civico. Quanto la p.a. possa innovarsi a partire dal miglioramento delle sue attitudini a costruire le condizioni, le forme, le possibilità degli attori di partecipare alle scelte di politica pubblica. Quanto e come gli enti locali possano agire secondo una responsabilità amministrativa se non proprio partecipativo/deliberativa, nel senso più stretto del termine, almeno diretta, processuale e orientata all’ascolto.
Dall’indagine che è stata svolta sul campo per quasi due anni (25 – 27) si evidenzia che nonostante i miti razionali della partecipazione le p.a. funzionano ancora secondo logiche gerarchico-funzionali, i cittadini sono visti tendenzialmente come consumatori/clienti/utenti e non come cittadini con capacità critica e di attivazione, che molta importanza viene attribuita alla fornitura di beni e servizi mentre la capacità politica di cui si alimenta la democrazia appare svalutata.

Mettendo in relazione la retorica della partecipazione con il concreto amministrare del Comune di Forlì, i processi e l’organizzazione, l’Autrice si è chiesta in primo luogo come poteva esserci coinvolgimento reale e non formale della società civile se lo stesso livello di partecipazione interna alla pubblica amministrazione risulta così carente, se i rapporti tra dipendenti e dirigenti, sono così poco orientati a criteri di fiducia, di informazione, di confronto, se in sintesi il modello organizzativo che prevale è così scarsamente inclusivo, culturalmente poco aperto e per nulla orientato alla riflessione. Se si stempera quell’atteggiamento di superiorità del Comune rispetto ad altri interlocutori soprattutto esterni e le ragioni riguardano i cambiamenti strutturali, la carenza di risorse, i tagli alla spesa, le problematiche connesse alla rappresentanza e alla politica e la stessa crisi della funzione pubblica e del ruolo della p.a., tuttavia permane una frammentazione delle politiche pubbliche, degli uffici e dei servizi amministrativi, delle materie e una difficoltà oggettiva di comunicare, di aprirsi verso l’esterno e di dare vita a un rapporto diverso e non unilaterale con i cittadini.

Le tante culture della partecipazione

Dalla ricerca emerge, inoltre, che quando si parla di questi temi in realtà si fa riferimento a tante idee e culture di partecipazione. Così se da un lato la p.a. non è un corpo integrato, omogeneo, compatto che ragiona e decide all’unisono e tanti sono i contrasti interni, i modelli e le applicazioni, dall’altro anche la cultura della partecipazione e della condivisione dei cittadini è carente e multiforme.
Il contesto amministrativo risulta spesso poco favorevole alla collaborazione, alla cooperazione, alla condivisione a causa di mappe cognitive e schemi di azione cristallizzati, di stili di leadership gerarchici e chiusi, anche in presenza di modelli organizzativi predisposti per integrare. Mentre nella città i conflitti, i contrasti e i problemi di convivenza crescono (anche se per Forlì non drammaticamente come in altre aree) e non vengono affrontati in modo adeguato. In questo modo quel che si costruisce spesso è separatezza, privatismo, trattamento opaco di questioni e materie, blocchi comunicativi. L’orientamento che si persegue è spesso quello di una de-politicizzazione delle materie pubbliche a favore dell’importanza del tecnicismo che conduce a una riduzione della portata pubblica delle materie e della loro rilevanza collettiva. Se l’ottica è legata ad aspetti pratici, tecnici e funzionali, tutt’al più l’idea che attecchisce è quella di una partnership, di un lavoro di rete più che di una partecipazione dai caratteri sostanziali e progettuali.
In ogni caso nonostante le problematiche, le difficoltà o i punti deboli queste esperienze risultano, a nostro parere, positive perché gettano le basi per l’apertura al trattamento pubblico e alla discussione comune di certe materie, a pratiche di ascolto e di democrazia partecipativa.

Citazione suggerita:

DALL’AGATA C., Innovazione organizzativa e istituzionale della pubblica amministrazione. Un approccio interpretativo e l’analisi di un dispositivo partecipativo nel settore della cultura, in Labsus Papers (29), Paper 12.



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