Lo spirito del progetto è ben racchiuso nel sottotitolo dell’iniziativa: “le cose non vanno, cambiamole ora” e muove dal riconoscimento del fatto che a volte, se si vuole imprimere un cambiamento, è necessario impegnarsi in prima persona, senza delegare ad altri, in questo caso i politici, ogni potere d’iniziativa.
Un esempio di democrazia diretta
È così che funziona la democrazia diretta o almeno così funzionava nell’antica agorà di Atene, dove il popolo riunito sulla pubblica piazza legiferava su tutte le questioni di interesse pubblico. Attualmente le nuove tecnologie hanno riportato in auge l’antico modello, ridefinendo gli ambiti di applicazione del diritto/dovere di partecipazione. In questo caso ad essere chiamati in causa sono di volta in volta il modello della democrazia deliberativa o partecipativa, quali applicazioni contemporanee del modello della democrazia diretta. Tali classificazioni, pur non esenti da equivoci e fraintendimenti, lasciano intravedere un’esigenza di partecipazione che non trova più risposte adeguate nel modello della democrazia rappresentativa.
Le fasi del progetto
La redazione del testo di legge è stata preceduta da un sondaggio che si è tenuto tra dicembre 28 e gennaio 29, volto a selezionare l’area tematica all’interno della quale presentare la proposta. In questa prima fase, con il 37% dei voti, i partecipanti al sondaggio hanno deciso che l’università era il tema su cui “è più urgente cambiare le cose”, seguito dal mondo del lavoro (25%), dall’ambiente (22%) e dall’accesso alla politica (15%). In totale, nella prima fase sono pervenute 291.86 risposte.
Nella seconda fase tre atenei italiani, attraverso loro centri di ricerca – la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari, la Scuola di Specializzazione in Studi sull’amministrazione pubblica (SPISA) dell’Università di Bologna, il Centro di Ricerca Interuniversitario per i servizi di pubblica utilità (CRISP) dell’Università degli studi di Milano Bicocca – hanno redatto tre progetti di legge che sono stati sottoposti alla discussione online sul sito di MTV.
I tre progetti sono poi stati votati e con il 57% dei consensi si è collocato al primo posto quello redatto dalla SPISA, dal titolo: “La nuova università: un’esperienza da vivere”, seguito dal progetto dell’Università di Cagliari “Cittadini d’Europa, per una scuola aperta al lavoro e al mondo” (41%) e da quello redatto dalla Bocconi di Milano dal titolo “Università: il merito prima di tutto” (3%). Nella seconda fase, per la scelta dei progetti, sono pervenuti 1.3. voti. Il dibattito online è stato seguito da uno studio legale di Milano che è intervenuto sulle questioni giuridiche inerenti il progetto di legge.
L’iniziativa si è avvalsa di numerosi testimonial e ha utilizzato tutti gli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie, fra i quali un corso di democrazia dal titolo “Pillole di democrazia” che ha visto impegnati in qualità di docenti tutti i VJ di MTV e il cui Podcast è scaricabile dal sito.
La democrazia diretta e la sfida della partecipazione
Forse gli antichi legislatori ateniesi rimarrebbero quanto meno sconcertati dal vedere che tipo di applicazione ha oggi il loro modello di democrazia. In realtà, anche in tempi di democrazia rappresentativa, quasi tutte le costituzioni prevedono istituti di democrazia diretta. La Costituzione italiana in particolare, ne prevede tre: il referendum, l’iniziativa legislativa popolare e la petizione.
Iniziative come questa si collocano in un più ampio contesto di riflessione che attualmente sottolinea la crisi del modello della democrazia rappresentativa e dei partiti politici quale canale privilegiato di partecipazione. A ciò si aggiunge la crescente disaffezione dei giovani nei confronti della politica, che non lascia molte speranze sul futuro della democrazia.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la democrazia rappresentativa ha fallito uno degli obiettivi principali della democrazia moderna: permettere la partecipazione delle grandi masse alla vita politica. L’istituto della rappresentanza è stato sempre più spesso interpretato come una delega di poteri che, se da una parte assicura a tutti il diritto di partecipazione attraverso libere elezioni, dall’altra solleva il singolo da ogni responsabilità.
Per quanto riguarda, invece, la disaffezione delle giovani generazioni per la politica, questa è riconducibile ad una serie di concause, tra le quali emerge la difficoltà crescente di poter verificare i risultati delle proprie azioni e la sensazione diffusa di non riuscire a cambiare le cose. La politica appare come un’attività per “professionisti” che non riguarda i singoli cittadini, tanto più se giovani.
Tali esperimenti non devono indurre a credere che il futuro della democrazia sia nel recupero del modello della democrazia diretta. Essi riconducono piuttosto ad una considerazione di fondo, ricordata in un editoriale apparso su questa rivista : le democrazie contemporanee sono sempre più destinate a divenire delle “democrazie miste”, all’interno delle quali diversi modelli si sovrappongono e integrano tra loro, nel riconoscimento del fatto che nessuno da solo è più in grado di fare fronte alle molteplici esigenze di partecipazione e alle sfide lanciate dalla democrazia di massa.