Tale tendenza, apparentemente in contrasto con i grandi flussi del turismo globale, ne costituisce in realtà, secondo la nota formula del glocal, l’altra faccia, una sorta di movimento antiglobalizzazione dal basso che mira al recupero di uno sviluppo sostenibile del territorio che sia rispettoso dell’ambiente, delle tradizioni e del patrimonio culturale degli antichi borghi storici d’Italia. Tali esperienze costituiscono inoltre un interessante esempio di recupero del significato antico dell’ospitalità, come l’attitudine di una comunità ad aprirsi verso l’esterno e ad attivarsi nel suo insieme per accogliere il viaggiatore.
L’albergo diffuso: un modello di ospitalità orizzontale
L’albergo diffuso o gli alberghi diffusi rappresentano un modello di ospitalità orizzontale che nasce con la finalità di recuperare e valorizzare a fini ricettivi i borghi storici. Un po’casa, un po’ albergo, questa nuova forma di ospitalità mira a soddisfare le esigenze di un turismo alla ricerca di esperienze autentiche e di una dimensione relazionale con il territorio ospitante. L’albergo diffuso è costituito da una serie di abitazioni che non distano più di duecento metri dall’edificio nel quale sono ospitati i servizi comuni propri di un albergo, la reception, la sala ristoro, gli ambienti di ritrovo.
Allo stesso tempo, l’albergo diffuso costituisce un interessante esempio di sviluppo territoriale a impatto zero, dal momento che per la sua realizzazione non è necessario costruire nulla, ma solo il restauro e la messa in rete dell’esistente. Esso funge altresì da “presidio sociale” capace di animare i centri storici attraverso la realizzazione di iniziative culturali.
A livello locale, il progetto di un albergo diffuso attiva dinamiche partecipative in quanto richiede il consenso e l’accordo di tutte le componenti presenti sul territorio, dai commercianti agli artigiani, dai residenti alle amministrazioni locali, mettendo in moto e valorizzando le dinamiche di rete all’interno della comunità e verso l’esterno.
Gli alberghi diffusi sono presenti in varie regioni italiane, ma in maniera particolare in Friuli, dove il fenomeno ha avuto origine in seguito al terremoto con l’intento di recuperare i borghi abbandonati, e in Sardegna, regione nella quale il tema del turismo sostenibile e dell’abbandono dei centri storici è particolarmente sentito e dove la formula dell’albergo diffuso ha trovato il suo primo riconoscimento legislativo (legge regionale 12 agosto 1998, n. 27).
Il turismo nei borghi e le “comunità ospitali”
Le “comunità ospitali” costituiscono un progetto promosso dall’Associazione borghi autentici d’Italia. Sono dei luoghi dove i cittadini, gli operatori turistici e gli amministratori pubblici condividono una strategia coordinata di accoglienza e una visione comune in grado di assicurare all’ospite un soggiorno diverso dalle altre forme di turismo. Simili agli alberghi diffusi nella loro struttura organizzativa, implicano un maggiore coinvolgimento della comunità ospitante che spesso costituisce la motivazione principale del soggiorno.
In quest’ambito si inserisce il progetto interregionale “Ospitalità nei borghi” promosso dalla Regione Basilicata, finalizzato alla valorizzazione di un turismo culturale, quale mezzo per contrastare il fenomeno dell’abbandono dei borghi.
Turismo sostenibile e buone pratiche amministrative
Come afferma Marc Augé un “luogo”, al contrario di un “non-luogo”, è identitario, relazionale e storico, individuando con tale definizione un contesto territoriale che rappresenta al tempo stesso uno stile di vita e un patrimonio condiviso di memorie.
Da questo punto di vista, le forme di turismo di comunità nelle intenzioni degli esperti di marketing del territorio, presentano alcuni punti di forza, quali la capacità di soddisfare le esigenze di un turista esigente ed esperto, il rispetto dell’ambiente e del patrimonio culturale, l’autenticità e l’innovatività dello stile gestionale.
A queste caratteristiche si aggiungono la capacità di attivare dinamiche relazionali all’interno del territorio, finalizzate alla salvaguardia di un saper vivere locale, e verso l’esterno, in virtù della loro capacità di riprodurre pratiche di eccellenza nella gestione amministrativa.
Il turismo di comunità si presenta pertanto come un successo del made in Italy, capace di essere esportato nei paesi in via di sviluppo, dove il tema delle rispetto delle comunità locali è particolarmente sentito e troppo spesso minacciato dall’avanzata del turismo di massa.