La causa
Due vigilanti privati, accusati di esercizio abusivo dell’attività di vigilanza privata, hanno opposto ricorso di fronte alla corte di cassazione rispetto a una decisione del Tribunale di Matera che li ha visti soccombere. In particolare, in uno dei motivi del ricorso, i vigilanti contestavano la conclusione del giudice di merito in relazione alla qualificazione dell’attività che essi avevano svolto successivamente all’adozione del provvedimento di revoca della licenza di vigilanza privata da parte del prefetto di Matera; essi sostenevano che dopo tale revoca avevano svolto un’attività di vigilanza ” passiva ” consistente solo nell’uso di ponti radio senza impiego delle armi e che dunque questo tipo di attività non andava ricompresa tra quelle che necessitano dell’acquisizione della specifica licenza.
La sentenza
La corte di cassazione rigetta l’interpretazione proposta dai ricorrenti confermando un proprio consolidato indirizzo secondo il quale l’attività di vigilanza assicurata per garantire la sicurezza di proprietà private esposte a rischio necessita di specifica licenza indipendentemente dal modo in cui essa viene garantita e quindi a prescindere dal fatto che in tale attività i vigilanti impieghino le armi.
Sostanzialmente la corte di cassazione non accede alla qualificazione proposta dei ricorrenti di distinguere tra un’attività di vigilanza attiva e una passiva con relative e sottintese differenti discipline. Pertanto, secondo la suprema corte, il giudice di merito non avrebbe compiuto alcun errore nel non escludere l’attività riguardante la mera comunicazione di situazioni di pericolo attraverso ponti radio e ricetrasmittenti tra quelle necessitanti di specifica licenza prevista dalla disciplina sulla polizia di stato.
Considerazioni
La decisione affronta il tema assai dibattuto anche nella pubblicistica non scientifica delle ronde e della loro ammissibilità . Ancorché nella causa i ricorrenti non erano semplici cittadini ma vigilanti che avevano protratto la propria attività nonostante la revoca del titolo di legittimazione, la motivazione della cassazione sembra voler esprimere un’indicazione di carattere generale in grado di condizionare anche la possibilità dei cittadini di organizzarsi e svolgere attività di vigilanza, cosiddetta ‘passiva’. La corte suprema ritiene che non possa essere distinta un’attività di vigilanza passiva da una di carattere attiva e che entrambe queste attività non possono essere svolte senza preventiva autorizzazione.
Cosìriassunta la decisione sembrerebbe precludere ogni spazio alla possibilità che l’art. 118, quarto comma, della costituzione sia impiegato per la funzione di sicurezza. In verità una tale conclusione non sarebbe totalmente corretta. Infatti, ciò che il giudice ritiene determinante per negare l’autorganizzazione a fini di sicurezza da parte dei cittadini è la vigilanza posta al fine di mettere in sicurezza beni di proprietà privata. A ben vedere, tuttavia, tale presupposto non è preclusivo dello svolgimento delle attività di sussidiarietà orizzontale in assoluto. Infatti, ciò che distingue tali esperienze da altre forme di attività , è la cura dei beni comuni che, proprio perché nella disponibilità di tutti, non possono essere condizionati nel loro accesso. Non è dubbio che anche la sicurezza rientri tra i beni comuni perché rappresenta la condizione essenziale per consentire a ciascuna persona di realizzare i propri desideri in un contesto ordinato di convivenza. La sicurezza, però, è attività complessa che si compone di molti elementi: alcuni di questi, l’uso della forza repressiva e la tutela dei beni privati, sono senz’altro preclusi ai cittadini anche se per motivi diversi, altri, quali la cura di un territorio, la diffusione di una cultura della legalità , che in altri termini potrebbe essere denominata come attività di prevenzione collettiva, è viceversa nella disponibilità dei cittadini che dunque possono organizzarsi al fine di perseguire tali finalità di interesse generale.
Una cittadinanza molto attenta ai temi della legalità e alla cura di un territorio, e perfino alla sua bellezza, svolge un’attività di vigilanza, ma in questo caso la vigilanza non avrebbe come oggetto la tutela della proprietà privata o l’inviolabilità della persona, questioni che attengono invece alle forze di polizia pubblica o a quella privata regolarmente autorizzata. Questo presuppone la possibilità di garantire da parte delle istituzioni spazi di ‘movimento’ dei cittadini con riferimento alla cura dei propri territori, incoraggiandoli a impegnarsi sul territorio al fine di averne una migliore conoscenza e un presidio attivo non violento e tale garanzia può essere offerta proprio dall’applicazione della sussidiarietà orizzontale. Un esempio di vigilanza positiva potrebbe consistere nella possibilità dei cittadini di gestire spazi o edifici che sono abbandonati dalle amministrazioni pubbliche o dai privati dove spesso allignano nel degrado attività criminose.
Il discrimine, insomma, per ammettere un esercizio autorganizzato di vigilanza sta in cosa s’intende tutelare: qualora si proteggano beni privati o si preveda comunque l’esercizio della forza a limitazione delle libertà , l’autorganizzazione non è consentita; qualora invece oggetto di tutela sono i beni comuni, essa sarebbe consentita.