L'universo dei rondisti: dal fai-da-te agli appelli pubblici

Assistiamo ad una polarizzazione dei casi attorno a cinque profili-tipo di ronda.

I gruppi di cittadini che in tutta Italia si stanno attivando in questa direzione sono stati oggetto di ampio dibattito e attenzione mediatica durante le ultime settimane ed i casi di cittadini che si uniscono in nome della sicurezza e che aderiscono alle ronde si moltiplicano.

Ma il fenomeno non è nuovo, e Labsus si è già occupato più volte in passato di cittadini che volontariamente collaborano con enti locali e forze dell’ordine. Tralasciando qui il rapporto tra sussidiarietà e sicurezza, sviluppato in un articolo dedicato, cercheremo di ricostruire le principali esperienze attive sul territorio nazionale e le tendenze che al momento occupano spazio in numerose testate locali.

Grazie all’assiduo impegno dell’Osservatorio Media, straordinariamente impegnato in questa ricerca oltre i limiti della sussidiarietà, siamo riusciti a tracciare una mappa dei principali profili che il fenomeno sta assumendo nel nostro paese.

Ad essere analizzati sono stati, come già in parte anticipato, quotidiani locali e nazionali, siti internet e altre fonti di vario tipo. I criteri utilizzati nella classificazione si basano principalmente sulle caratteristiche dei cittadini attivi che aderiscono alle ronde e sul rapporto che essi intrattengono con i soggetti pubblici o con i partiti.

Il risultato: una polarizzazione dei casi attorno ad alcuni profili-tipo di ronda, a cui si aggiungono esperienze ben al di fuori della legalità.

Congedati impegnati

Al primo profilo appartengono le ronde composte da ex membri delle forze dell’ordine, su iniziativa o in collaborazione con gli enti locali: è questo il caso dell’esperienza di Viareggio, dove il sindaco ha stipulato un accordo con dei bersaglieri a riposo che pattugliano le strade e disincentivano la microcriminalità.

L’utilizzo di ex militari a riposo, quindi di persone con esperienza nel campo della sicurezza, è alla base del Gruppo volontari per la sicurezza istituito ad Assisi dal Comune nel 24. In entrambi i casi i volontari non intervengono direttamente, ma sono dotati di apparecchi con cui contattare le forze dell’ordine.

Un aspetto del caso di Assisi è però degno di nota: le ronde, avviate su richiesta degli ordini religiosi presenti nella città, sono una parte del più generale progetto di riqualificazione degli spazi urbani e dell’illuminazione cittadina.

A Savona sono poi attivi i nonni civici, impegnati in prossimità delle scuole o di giardini e parchi.

Quando il Comune chiama

Non sono poche le esperienze nelle quali il coinvolgimento di semplici cittadini e pensionati è richiesto dagli stessi sindaci. In questi casi i volontari intraprendono percorsi di formazione, vengono dotati di cellulari e segni di riconoscimento, agiscono in stretto coordinamento con la polizia locale.

Fanno parte di questa modalità di collaborazione tra ente pubblico e privati numerosi casi già riportati da Labsus, si veda sopra tutte l’esperienza di Borgo Panigale (BO). Questa chiamata dei cittadini assume varie declinazioni: monitoraggio di discariche abusive, disincentivazione della microcriminalità, attenzione alla vita di quartiere, e così via.

A Torino si assiste dal 1998 a una collaborazione tra Comune e Coordinamento comitati spontanei torinesi, impegnati a sorvegliare alcune aree a rischio della città. Altre esperienze si possono vedere a Capriata d’Orba (AL) e a Traversetolo (PR), dove pensionati vigilano su giardini pubblici e luoghi affollati.

Volontari di strada

I più conosciuti sono i City Angels, attivi in Italia dal 1994. Sono associazioni di volontari che tra vari impegni in ambito sociale (assistenza a anziani, immigrati, senzatetto, tossicodipendenti) girano per le città segnalando situazioni di disagio e di emarginazione.

A differenza di molti partecipanti alla ronde, gli iscritti alle associazioni frequentano corsi di formazione e possiedono nozioni basilari in primo soccorso, alcolismo e tossicodipendenza.

Oltre alle esperienze milanesi, si segnalano quelle di Napoli, Bologna, Bergamo, Pescara e Livorno.

Noi facciamo da soli

Tv e giornali ne parlano, e le ronde diventano una realtà. Gruppi autogestiti si moltiplicano in tutto il territorio nazionale. Impossibile mapparli tutti: non esistono dati a causa del loro carattere spontaneo ed estemporaneo, ed inoltre non operano in collaborazione con gli enti locali.

Per la maggior parte si tratta di residenti che organizzano ronde a seguito di furti e rapine, come avviene a Fiumicino. Un caso eclatante si segnala a Bari, dove a seguito di gravissimi atti di bullismo nelle scuole diversi genitori, coordinati da un’associazione civica e dotati di moto, binocoli e Gps, hanno deciso di pattugliare il territorio e le discoteche.

Si segnalano inoltre diversi casi in provincia di Macerata e di Ancona già interrotti per intervento diretto del Prefetto.

I militanti

La bandiera della sicurezza ha un colore: aumentano al Nord le ronde politicizzate. Lega (presente con la rete Veneto Sicuro), Fiamma Tricolore e Azione Giovani creano propri gruppi di sorveglianza del territorio a Torino, Lodi, Milano, Udine, Trieste ed in altre realtà di provincia.

A Treviso la Lega collabora con la Protezione Civile nel pattugliamento del territorio fin dallo scorso dicembre. Il fatto che una struttura pubblica venga utilizzata da un partito, oltre a sollevare numerose polemiche, ha portato ad un’interrogazione parlamentare sul caso. Pur non vietandola, la Procura ha comunque definito inopportuna l’esperienza.

Altra iniziativa promossa dalla Lega è Genova sicura, che opera in coordinamento con le forze dell’ordine ma senza accordi con il Comune. Caravaggio, definita dai quotidiani spagnoli El Pais e El Mundo “la città più xenofoba d’Italia”, ospita invece una ronda di volontari di area leghista integrata da poliziotti in pensione ed ex-militari.

E anche qui non mancano le varianti originali, come le ronde rosa a Roma, composte esclusivamente da donne su iniziativa de La Destra. E si potrebbe continuare a lungo.

Una fotografia fuori fuoco

Ma una divisione netta tra le modalità sopra descritte è spesso faticosa, i confini sono sfumati: iniziative nate spontaneamente possono poi trovare l’appoggio delle forze dell’ordine – è il caso di Albissola (SV) – o si può assistere all’infiltrazione politica in gruppi inizialmente autogestiti. In alcuni casi il Comune si trova a dover dialogare con esperienze molto diverse. Recentemente a Padova la presenza simultanea di più ronde (una delle quali composta da soli extracomunitari) ha provocato una confusione tale da richiedere l’intervento straordinario delle forze dell’ordine.

Ma i casi descritti fin qui non restituiscono la completezza del quadro. La paura percepita e la sensazione di uno Stato assente arrivano a spingere alcune persone a cercare una giustizia privata. Il fenomeno non è nuovo, come mostra il caso di Fiuggi. E i casi di aggressioni armate riportate dalla cronaca recente sono tristemente troppi: a Torino sono state arrestate recentemente cinque persone che partecipavano a raid armati ai danni di tossicodipendenti. Nell’estrema periferia sud di Roma si registrano numerose imboscate ai danni di membri delle comunità rom, non quantificabili per il timore dei clandestini di denunciare le violenze subite.

Quello che resta al termine di questa breve inchiesta è una fotografia ancora fuori fuoco: si intuiscono le figure, ma non si delineano i contorni.



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