Normal 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Con la decisione in commento, il consiglio di stato, riformando la sentenza del giudice di prime cure, ritiene legittima l’aggiudicazione di un appalto per la fornitura di medicinali ad una fondazione, cosìsuperando concezioni restrittive in ordine alla natura dei soggetti legittimati ad accedere ai contratti pubblici.
A questa importante conclusione, in particolare, il collegio perviene leggendo in senso ampio l’art. 34 del d.lgs. 163/26 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) ovvero considerando non tassativo il contenuto di tale norma.
La pronuncia in esame censura la decisione del t.a.r Lazio nella parte in cui annulla l’aggiudicazione di un appalto per la fornitura di medicinali a causa della partecipazione nel raggruppamento aggiudicatario di una fondazione. Al riguardo, il t.a.r. aveva ritenuto che l’elencazione dei soggetti ammessi alle gare ( art.34) fosse tassativa e che, in mancanza di espressa previsione, le fondazioni non potessero essere ammesse alle gare pubbliche; ciò in quanto esse, ai sensi dell’art.14 e seguenti del codice civile, hanno specifiche peculiarità . Si tratta, infatti, di un soggetto costituito da un patrimonio, personificato dall’ordinamento per la realizzazione di uno scopo determinato considerato di utilità sociale. Ne consegue, secondo questa impostazione fatta propria dal giudice di primo grado, che la rilevanza sociale dello scopo, di carattere non lucrativo, impedisce qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, il cui elemento fondamentale è costituito, invece, proprio dalla divisione degli utili tra i soci.
Il giudice laziale nell’argomentare la propria, negativa, decisione in ordine alla possibilità di far partecipare le fondazioni a gare pubbliche, aveva sottolineato che anche il regime fiscale di favore di cui le fondazioni godono avrebbe avuto riflessi consistenti sulla parità di condizioni tra concorrenti.
Come si diceva, tuttavia, la sesta sezione del consiglio di stato si sgancia da questa impostazione aderendo invece ad una interpretazione più ampia della norma di cui all’articolo 34 codice contratti.
Pur partendo dalla considerazione secondo cui la gara oggetto di specifico esame si configura come la prosecuzione di una attività di fornitura già assicurata dal medesimo soggetto, ma ora previa una nuova procedura selettiva aperta, il collegio afferma che quanto alla natura dei soggetti legittimati ad accedere ai contratti pubblici sia la previsione legislativa nazionale (art. 3, punto 19, del codice dei contratti) che la normativa comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n ° 24/18/CE) riferiscono i termini di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi ad ” una persona fisica o una persona giuridica o un ente senza personalità giuridica che offra sul mercato rispettivamente la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti la prestazione di servizi ” .
Ne consegue, sulla base delle citate disposizioni, che non vi è ragione di escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possano soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come ” imprenditori ” , ” fornitori ” , o ” prestatori di servizi ” ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest’ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.
In definitiva, il Collegio ritiene che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’operatore economico che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà delle forme (persone fisiche o giuridiche).
A supporto di tale tesi il collegio richiama la più recente giurisprudenza comunitaria secondo la quale per impresa, pur in mancanza di una sua definizione nel trattato, deve intendersi qualsiasi soggetto che eserciti attività economica a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. Ed ancora, si richiamano decisioni della corte europea ove la stessa afferma che costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato; che l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un’attività economica possa essere considerato impresa.
Il consiglio, pertanto, conclude affermando che la definizione di impresa non discende da presupposti soggettivi quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito quindi di un’attività di impresa anche quando non sia l’attività principale dell’organizzazione.
Infine, la considerazione secondo la quale le fondazioni godano di un regime fiscale di favore non incide sulla dinamica concorrenziale in quanto il regime fiscale di favore assiste anche altri soggetti (le cooperative) senza che si possa sostenere che queste siano escluse dagli appalti pubblici (anzi sono espressamente contemplate nell’art. 34 del codice).
In ultimo, si aggiunga che anche le onlus, secondo la recente giurisprudenza amministrativa, possono essere ammesse alle gare pubbliche quali imprese sociali cui il d.lgs. 155/26 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale anche se non lucrativa.
In definitiva, una fondazione seppure non persegua utili, o meglio, seppure gli utili siano reinvestiti nell’attività , ciò non esclude che essa svolga attività di carattere economico con modalità tali da consentirle di permanere sul mercato e di concorrere con altre strutture enti o società commerciali che operano nello stesso settore.