Come ricordato nella presentazione, “la manifestazione ha in primo luogo lo scopo di sviluppare negli individui come nelle collettività, negli enti locali come nelle imprese capacità operative e di azione responsabile finalizzate ad una città ecologica e solidale, fondata su nuovi stili di vita, improntati su una cittadinanza consapevole e partecipata”. Tale iniziativa si inserisce all’interno di un progetto più ampio che è il “Decennio di educazione allo sviluppo sostenibile”, lanciato dall’Unesco per il periodo 25–214, per il quale è stato prodotto anche l’opuscolo che alleghiamo.
La settimana Unesco, giunta alla sua quarta edizione, prevede quest’anno oltre 6 iniziative in tutta Italia e vedrà coinvolti numerosi soggetti, istituzionali e non. Il programma, che trovate qui, è vasto e difficilmente sintetizzabile ma può essere consultato agevolmente grazie alla suddivisione degli eventi su base regionale.
In linea con le indicazioni fornite dall’Unesco la maggior parte delle iniziative non avrà un carattere soltanto episodico, ma si porrà come inizio o parte integrante di percorsi educativi di lunga durata, finalizzati a stimolare la partecipazione attiva dei cittadini nei processi di sviluppo di una cultura della sostenibilità.
Verranno utilizzati strumenti comunicativi non convenzionali per questo tipo di iniziative come, per esempio, il teatro, allo scopo di coinvolgere i più giovani non solo come spettatori passivi ma come attori della società, e i social network, per dare vita a una rete di scambio e di promozione di comportamenti sostenibili.
In una recente pubblicazione curata da Aurelio Angelini, presidente del comitato scientifico Unesco-Dess, dal titolo “Nulla si butta, tutto si ricicla. Rifiuti: le criticità, la governance e la partecipazione” (Milano, Franco Angeli, 29), si riporta l’accento proprio sul tema della collaborazione tra cittadini e istituzioni nella risoluzione delle questioni ambientali. In questa prospettiva, educare allo sviluppo sostenibile significa educare alla cittadinanza attiva, nel riconoscimento del fatto che nessun progetto avrà mai una possibilità di successo se non riesce a stimolare “buone prassi” non solo da parte delle istituzioni, ma anche dei cittadini.