“Se l’educazione è un investimento per il futuro, l’educazione alla cittadinanza è un investimento per il futuro democratico d’Europa. La democrazia non è qualcosa di scontato, né un concetto astratto. Esige investimento e azioni responsabili dei cittadini nel quotidiano.
In un’epoca dove i giovani disertano gli uffici elettorali e la vita pubblica e politica, è urgente porsi la questione dell’educazione alla cittadinanza democratica – un investimento a lungo termine per la promozione dei diritti umani, della tolleranza e del pluralismo culturale”.
Queste sono alcune tra le significative frasi tratte dalla prefazione al Quaderno n.24 di Eurydice “L’educazione alla cittadinanza nelle scuole in Europa”, a cura del Ministero dell’Istruzione e dell’Indire il cui obiettivo è stato quello di divulgare nell’ “anno europeo della cittadinanza attraverso l’educazione” (25), i programmi di educazione alla cittadinanza del Consiglio d’Europa.
La cittadinanza responsabile
Nel definire il “concetto di cittadinanza responsabile”, la maggioranza degli stati europei riconobbe tre obiettivi chiave:
– lo sviluppo di una cultura politica: studio delle istituzioni sociali, politiche e civiche e dei diritti umani; studio delle condizioni in cui gli individui possono vivere in armonia; preparazione dei giovani all’esercizio di diritti e doveri definiti dalle costituzioni nazionali; promozione del riconoscimento dell’eredità culturale e storica; promozione del riconoscimento della diversità culturale e linguistica della società;
– lo sviluppo di un pensiero critico e di certe attitudini e valori: competenze necessarie per la partecipazione attiva alla vita pubblica come cittadino responsabile e critico; sviluppo del rispetto di sé e degli altri per una maggiore comprensione reciproca; acquisizione della responsabilità sociale e morale (fiducia in sé e comportamento responsabile verso gli altri), consolidamento dello spirito di solidarietà; costruzione di valori che tengano conto della pluralità dei punti di vista dentro la società; imparare a ascoltare e risolvere pacificamente i conflitti; imparare a contribuire a un ambiente sicuro; sviluppo di strategie efficaci per lottare contro razzismo e xenofobia;
– la partecipazione attiva degli alunni, che può essere incoraggiata in questi modi: permettendo loro di essere coinvolti maggiormente nella comunità in senso lato (a livello internazionale, nazionale, locale e scolastico); offrendo loro un’esperienza pratica di democrazia a scuola; sviluppando la capacità individuale a impegnarsi gli uni verso gli altri; incoraggiando gli alunni a sviluppare iniziative congiunte con istituzioni e progetti che implichino altre comunità.
Il 25 fu anche l’anno dedicato a “learning and living democracy” destinato principalmente alla promozione della partecipazione attiva dei giovani alla vita pubblica della propria città per contribuire al benessere della società nella quale vivono come cittadini responsabili attraverso l’acquisizione delle competenze civiche e sociali.
Le competenze sociali e civiche
Nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18.12.26, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (con allegato “Quadro di riferimento europeo”), le competenze sociali e civiche, previste tra le otto competenze chiave, vengono definite come “competenze personali, interpersonali e interculturali, e riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate”. “La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita civile, grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica”. Si afferma ancora che la competenza civica “si basa sulla conoscenza dei concetti di democrazia giustizia, uguaglianza, cittadinanza e diritti civili […] Essa comprende la conoscenza delle vicende contemporanee nonché dei principali eventi e tendenze della storia nazionale, europea e mondiale”.
Le raccomandazioni del Consiglio di Europa (22) sull’Educazione alla cittadinanza democratica indicavano chiaramente che tutti i livelli del sistema di istruzione dovevano contribuire all’implementazione di tale concetto nei curricula, o attraverso una materia scolastica specifica
o come tematica trasversale. Queste stesse raccomandazioni suggerivano l’adozione di approcci multidisciplinari per facilitare l’acquisizione del sapere, delle attitudini e delle competenze necessarie agli individui per vivere insieme in armonia in una società democratica e multiculturale.
La legge n. 169/28
Dopo l’emanazione della Legge n.169 (3 ottobre 28) che ha introdotto in tutti gli ordini e gradi di scuola l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, nel nostro paese si è focalizzata l’attenzione su come insegnare la “neo-nata materia”. Con il Documento di indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” (4 marzo 29) sono stati elencati per ogni grado di scuola, a partire dalla scuola dell’Infanzia, Obiettivi di apprendimento e Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali, queste ultime riferite ai quattro ambiti distinti (dignità umana, identità e appartenenza, alterità e relazione, partecipazione). Il documento induce alla costruzione di chiari “percorsi educativi finalizzati alla trasmissione e all’acquisizione di contenuti e competenze attinenti al concetto di cittadinanza attiva” attraverso l’utilizzo di metodologie didattiche attive che permettano una progettazione didattica centrata sulla promozione delle competenze personali e diano agli allievi la possibilità di “sperimentare in prima persona le implicazioni connesse a ciascun argomento trattato”.
Ciò, quindi, implica la necessità di prassi educative in grado di proporre spazi concreti agli allievi in cui poter osservare le loro effettive capacità di utilizzare conoscenze e abilità acquisite tramite situazioni di compito mirate. Dagli obiettivi di apprendimento, rappresentati dalle conoscenze e abilità specifiche dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, si passa alle situazioni di compito da interpretarsi come fase conclusiva del percorso di apprendimento mirato allo sviluppo delle competenze personali in cui gli allievi possono manifestare il loro agire competente secondo il proprio stile di apprendimento e cammino di maturità personale. Infatti tali competenze “indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale” .
La complessità di tali temi è tale da dover richiedere risposte articolate non solo dagli ambiti disciplinari, dove il docente dell’area storico-geografica o sociale è responsabile per ciò che gli compete, ma soprattutto trasversali in cui deve intervenire la corresponsabilità del consiglio di classe per le trasversalità e le competenze di cittadinanza, e gli altri organi collegiali che devono mirare a scelte pedagogiche e didattiche affinché la classe “sia ambiente di apprendimento democratico e in cui la partecipazione degli studenti e la pratica di cittadinanza siano realmente garantite” .
La corresponsabilità educativa
Altrettanto importante il piano della corresponsabilità educativa che dovrebbe mettere in relazione il patto tra scuola e famiglia (D.P.R. n. 235/27) e quello tra scuola e territorio tramite le istituzioni locali, le agenzie educative, gli enti, le associazioni di volontariato, culturali, sportive e partenariato con scuole e enti sopranazionali. Il Patto di corresponsabilità educativa, voluto dal Ministro Fioroni, confermato anche dal Ministro Gelmini , dovrebbe promuovere nella scuola esperienze di cittadinanza attiva , come indicato nell’articolo 1 della legge n. 169 che prevede, oltre ad una sperimentazione nazionale, anche azioni finalizzate all’acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative a Cittadinanza e Costituzione. La scuola ha il dovere di trasmettere regole sociali, promuovendo e sostenendo l’acquisizione di modelli valoriali e comportamentali anche attraverso un insieme di metodi e strumenti formativi che si ispirano a nuovi modelli educativi co-gestiti dalla scuola, dalla famiglia e dal territorio.
Come sostiene Gregorio Arena, professore ordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Trento, “per insegnare ai giovani ad essere cittadini attivi, bisogna innanzitutto spiegare cos’è la sussidiarietà e come si applica, poi bisogna usare l’ora settimanale del nuovo insegnamento come una sorta di catalizzatore di iniziative da svolgere fuori dalla scuola, nel quartiere o nel paese. Nel territorio in cui è inserita la scuola vi sono dei beni comuni, materiali ed immateriali, che necessitano di cura e manutenzione ma per i quali non vi sono o sono troppo scarse le risorse disponibili. L’edificio scolastico stesso, gli spazi di verde pubblico, un’aula, una piazza, etc. Lo stesso vale per beni comuni immateriali come la legalità, l’integrazione, la fiducia nei rapporti sociali, il riconoscimento del talento e altri simili a questi”.
Gli orientamenti educativi
Per evitare la frattura tra l’educazione e la società, tra scuola e cittadinanza occorre seguire alcuni orientamenti fondamentali deducibili da un’attenta analisi della società moderna:
– è necessario collaborare con gli allievi nella difficile arte di imparare ad essere persone, non solo ad essere spiriti capaci di giudicare con libertà e inserirsi nella società con responsabilità;
– occorre imparare a vivere con un immenso margine di non-sapere (visti i vari settori delle scienze sempre più riservate a esperti specializzati) rafforzando la finalità umanistica ed etica del sapere che si impartisce;
– è necessario considerare che nessun progetto educativo può avere successo senza la partecipazione delle famiglie, degli insegnanti e di tutte le forze di un ambiente educativo;
– è indispensabile l’educazione alla responsabilità sociale, in senso civico e politico, volto a moltiplicare i costruttori della città;
– è altrettanto indispensabile, in una cultura che cambia rapidamente, la capacità di analisi sociale e culturale per evitare l’indeterminazione etica e la perdita di identità. “Oggi educare significa insegnare alla persona ad autoeducarsi senza sosta in un ambiente culturale fluido e in una società in costante evoluzione. Di qui la necessità dell’educazione permanente” .
Infine una politica educativa rispettosa del pluralismo culturale dovrebbe riservare un “luogo legittimo all’insegnamento religioso e alla formazione morale. E’ questa una delle concretizzazioni più perfette della “libertà di educazione”.
Formazione civica e umana
A ben riflettere, politica e educazione hanno costituito sin dal mondo antico un binomio pressocchè inscindibile. E’ ben noto quanto lo Stato fosse al centro della vita sociale e individuale nella Grecia e Roma antiche: gli uomini antichi (ovviamente quelli liberi) erano innanzitutto cittadini. Formazione civica e formazione umana sono state sempre tra loro intrecciate. L’idea di educazione si è basata su concetti portanti, quelli di paideia e humanitas che, in gran misura, si sono rapportati alla riflessione etico-politica. L’immagine di uomo era quella di individuo la cui esistenza aveva senso solo all’interno della comunità e la cui attività era essenzialmente politica. La polis era un sostegno solido e guida alla vita, lo stesso Platone nella Repubblica (IX, 591) parla di “città interiore che ogni uomo porta in se stesso”, destinata ad evolvere e a trascendere se stessa . Oggi, però “su scala planetaria, sta avvenendo quanto , nel IV secolo a.C., avveniva in Grecia dove, in pieno clima ellenistico, si perdono i contatti con la paideia filosofica per affidarsi alle discipline particolari (…) sono venute meno le tradizionali mappe di orientamento esterne (tradizioni, religioni, ideologie, istituzioni) che sostenevano l’individuo nel suo cammino di uomo e di cittadino (…). Ecco allora l’urgenza di un ritorno all’educativo. L’educazione, per sua natura richiama l’etica, la norma, la legge (…). La scuola non può imporre motivi ideologici o religiosi che coinvolgono l’uomo nelle sue profonde scelte esistenziali e meta-esistenziali che, quindi, debbono rimanere opzioni e scelte personali, ma è un suo preciso dovere che essa insegni la Carta Costituzionale italiana e europea fino a farne un’introiezione della “città interiore”, la “bussola valoriale” .
Cittadini anche attraverso l’azione
La consapevolezza di essere cittadini, come si è più volte ribadito, non si acquisisce soltanto con lo studio teorico, ma si costruisce anche tramite pratiche concrete e esperienze in cui gli allievi possano condividere valori comuni esperiti non solo in attività extracurricolari, ma tramite percorsi pensati e programmati come parte integrante dei Pof d’Istituto. Occorre passare da un’impostazione formale e teorica a realizzazione di progetti basati su azioni civiche che sviluppino la responsabilità civica attiva. L’educazione alla cittadinanza attiva, oltre che essere inteso come spazio conoscitivo, diventa così anche spazio per trasmettere valori e rendersi consapevoli della problematicità del reale, è esercizio di quell’abitudine mentale che rende i soggetti capaci di giudizi riflessivi, non omologati ma impegnati a formulare soluzioni possibili e risposte plurali in questa nostra complessa postmodernità.
Parafrasando le parole di Francois Audigier , è opportuno ricordare che la riflessione sull’educazione alla cittadinanza è una dimensione stessa dell’azione; l’una e l’altra si danno senso reciprocamente: pensiero e azione non possono essere né in un rapporto gerarchico né in un rapporto di esecuzione, né in due sfere indipendenti.